IL RICATTO DI AL SARRAJ ALL’ITALIA: “LIBERIAMO TUTTI I PROFUGHI”
ALL’AMICONE DI CONTE E SALVINI NON BASTANO I MILIONI CHE L’ITALIA GLI REGALA PER FARE IL LAVORO SPORCO, ORA VUOLE ANCHE LE ARMI … SEIMILA PROFUGHI PRONTI A SCAPPARE DALLE BOMBE
È l’ultima arma di ricatto verso l’Europa e, vista la vicinanza, soprattutto verso l’Italia. Il Governo di Accordo Nazionale (GNA) libico del premier Fayez al- Sarraj sta valutando l’ipotesi di rilasciare “tutti i migranti nei centri di detenzione” dopo il massacro di Tajoura “perchè la loro sicurezza non può più essere garantita”.
È quanto ha dichiarato il ministro dell’Interno Fathi Bashagha, come riferisce The Libya Observer. “Il governo di accordo nazionale al momento sta considerando la chiusura dei centri e il rilascio dei migranti illegali per tutelare le loro vite e la loro sicurezza”, si legge anche in un post sulla pagina Facebook del ministero libico che riferisce di un incontro avuto dal ministro dell’Interno con il coordinatore umanitario dell’Onu in Libia, Maria Ribeiro.
Bashagha “ha confermato che il Governo di accordo nazionale è tenuto a proteggere tutti i civili, ma il fatto che vengano presi di mira i centri di accoglienza da aerei F16 e la mancanza di una protezione aerea per i migranti clandestini” nei centri stessi, sono tutte cose “al di fuori della capacità del governo”, continua il post.
Dovrebbe riguardare 6-7000 persone, di cui 3.000 a Tripoli, l’eventuale chiusura dei centri di detenzione: è quanto emerge da fonti informate e da una recente stima fornita dall’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. “Normalmente ci sono sei-settemila persone nei centri», ha detto all’Ansa una fonte informata a Tripoli riferendosi ai numeri che, “comunemente, vengono forniti per tutta la Libia”.
Inclusi i poco più di 600 fino a ieri rinchiusi Tajoura,, prima della strage, sono “circa 3.000 i migranti e rifugiati detenuti arbitrariamente dentro e intorno a Tripoli” aveva segnalato ieri un comunicato dell’Oim affermando che “questi centri devono essere chiusi”.
La cifra globale e relativamente aggiornata fornita dalla fonte è in linea con i “4.900 rifugiati e migranti» che erano «rinchiusi in centri di detenzione in Libia” segnalata nel dicembre scorso da un comunicato dell’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati.
“Come Unhcr auspichiamo da tempo il rilascio dalla detenzione dei migranti nei centri in Libia. A queste misure va affiancata una presa di responsabilità dei Paesi europei, affinchè supportino dei piani di evacuazione dei rifugiati che si trovano in Libia.
Ma di “umanitario” nelle parole del ministro di Tripoli c’è poco o nulla.
Perchè in quel “stiamo valutando” c’è un messaggio che sa di ultimatum. Rivolto soprattutto a Roma: la vostra solidarietà politica non basta a sconfiggere l’autoproclamato esercito nazionale libico (LNA) del generale Khalifa Haftar — che può contare sul sostegno militare di Egitto ed Emirati Arabi Uniti — quello che ci serve sono armi .
È la richiesta che lo stesso Sarraj ha riproposto l’altro ieri al vice premier e ministro degli Interni, Matteo Salvini, nell’incontro avuto a Milano. “Al vice premier italiano abbiamo fatto presente una situazione di estrema gravità che non può non avere ricadute anche sul problema dei migranti e la sua gestione”, spiega ad HuffPost una fonte governativa di Tripoli.
L’annuncio del governo di Tripoli arriva all’indomani della strage di migranti nel campo di detenzione di Tajoura, a sud est di Tripoli, in cui sono morte almeno 53 persone, di cui 6 erano bambini, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari. I feriti sono 130.
Sempre secondo l’Onu, dopo che il centro di detenzione migranti è stato colpito per la prima volta, le persone hanno tentato di fuggire: ma le guardie, fedeli al governo di Tripoli del presidente Sarraj, hanno sparato contro di loro.
L’agenzia sottolinea anche che il centro era già stato colpito in precedenza, a causa della vicinanza con una base militare: “Nonostante ciò – scrive – le autorità hanno continuato a trasferire migranti e rifugiati nel centro”, e “circa 600, tra cui donne e bambini, erano trattenuti contro la loro volontà al momento dell’attacco”.
Questo è accaduto nonostante il chiaro fatto che, come il segretario generale dell’Onu Guterres ha sottolineato in una dichiarazione il 4 aprile 2019, ‘Nessuno può affermare che la Libia sia un porto di sbarco sicuro a questo punto”.
Amnesty International ha chiesto al Tribunale penale internazionale di aprire un’indagine urgente sull’orribile attacco contro il centro di detenzione per migranti di Tajoura.
Amnesty International è riuscita a parlare con tre rifugiati eritrei detenuti nel centro di Tajoura. Secondo le testimonianze, un primo colpo ha centrato un hangar adiacente, il successivo cinque minuti dopo ha raggiunto la zona centrale dov’erano detenuti gli uomini. Circa 300 migranti e rifugiati, diversi dei quali erano stati riportati in Libia dopo essere stati intercettati in mare, sono ora nelle strade di Tajoura, impauriti e in attesa di assistenza.
Amnesty International ha anche analizzato video e fotografie pubblicate dopo l’attacco. Una fotografia mostra un cratere largo sette metri, un danno compatibile con l’uso di una bomba aerea
Amnesty International è stata in grado di accertare che alcuni detenuti del centro di Tajoura sono stati costretti a lavorare in un sito militare nelle vicinanze, anche in questo caso un’evidente violazione del diritto internazionale.
(da “Huffingtonpost”)
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