IL SOGNO IRREALIZZABILE DEL REDDITO DI CITTADINANZA VERSIONE CINQUESTELLE
INUTILE PROMETTERE, LE COPERTURE NON CI SONO
Il Governo ha recentemente approvato il Reddito di Inclusione (Rei), un sostegno monetario destinato alle famiglie in condizione di povertà .
Una misura che arriva in parziale ritardo, fronteggiando un livello di povertà tra i più alti d’Europa, come evidenziato nel grafico sottostante.
Il Movimento 5 Stelle ha bollato questo provvedimento come “ipocrita” (Luigi Di Maio) o addirittura “come il pecorino cinese, che si chiama così ma è fatto con il latte di mucca” (Giorgio Sorial).
Secondo i pentastellati, il Rei sarebbe quindi volto a far dimenticare quella che fino ad oggi è la più famosa proposta in ambito economico del Movimento: il “Reddito di Cittadinanza”.
Come abbiamo spiegato in questo articolo per Business Insider, la misura approvata dal governo e la proposta dei Cinque Stelle hanno differenze profonde.
Se la prima verrà ora messa alla prova dei fatti, con il governo che ha stanziato circa 2 mld di euro l’anno, sulla proposta M5S grava ancora un’incognita: quanto è realizzabile? Mettiamo in fila alcuni dati
I costi e le coperture finanziarie
L’investimento per il Reddito di Cittadinanza sarebbe cospicuo, le stime variano dai 16,9 miliardi dell’ISTAT ai 30 miliardi dell’INPS.
Il Movimento 5 Stelle ha presentato le coperture per la sua proposta:: più di 20 miliardi, raggiunti anche grazie ai fondi per il Rei (1,5 mld) la cui destinazione diverrebbe il Reddito di Cittadinanza. Ad ogni voce abbiamo assegnato un grado di affidabilità e probabilità di essere realmente attuata, dal minimo di 1 al massimo di 5.
Le tasse
Tra le maggiori imposte, la parte del leone la fanno i tagli alle detrazioni e deduzioni, previsti per 5,3 miliardi di euro in particolare per i redditi superiori ai 90mila euro, quindi la fascia medio-alta.
Un obiettivo ambizioso, che andrebbe a scalfire le circa 300 misure di tax expenditure, ossia la giungla di esenzioni fiscali che produce ogni anno un mancato gettito per lo Stato attorno a 150 miliardi di euro, e allo stesso tempo aumenterebbe la progressività dell’Irpef.
Il precedente tentativo del Governo Letta di ridurre questa perdita di gettito, però, portò a un risparmio per le casse pubbliche di poco meno di 2 miliardi in tre anni.
Si tratta infatti di un intervento con alti costi politici: sarebbe sostanzialmente un aumento di tasse che, per quanto possa impattare solo sui redditi più alti, comporterebbe un aumento della pressione fiscale di un terzo di punto percentuale.
Il blog di Grillo ha attaccato il Governo per molto meno.
La seconda voce per importanza aggrega — in modo poco chiaro — il divieto di cumulo pensionistico tra redditi autonomi e redditi da lavoro dipendente, la riduzione dei costi degli organi costituzionali ed il taglio ai dividendi di Banca d’Italia.
La prima misura appare, oltre che di dubbia legittimità legale, poco applicabile. In Italia — secondo INPS — esistono circa 1,5 pensioni per pensionato, e ciò comporta che il cumulo pensionistico sia decisamente diffuso: impedirlo significherebbe determinare un taglio sostanziale alle pensioni di alcune categorie.
Negli ultimi anni è stato peraltro reso gratuito, e il divieto rappresenterebbe un’inversione di tendenza difficilmente comprensibile. Inoltre colpirebbe maggiormente la fascia più giovane, caratterizzata da una discontinuità di carriera e da una forte incidenza delle partite IVA.
In realtà , contattati direttamente, i deputati Cinque Stelle spiegano che il divieto di cumulo varrebbe solo per chi riceve una pensione per aver ricoperto una carica elettiva; per tutti gli altri si concretizzerà nella semplice unificazione dei vari assegni pensionistici percepiti, a parità di importo, che garantirebbe risparmi di gestione per l’INPS.
Sugli organi costituzionali (che godono dell’autodichia) esistono margini per tagliare gli sprechi, ma difficilmente si arriverebbe a superare il miliardo di euro.
Da Banca d’Italia c’è invece ben poco da tagliare: via Nazionale ha distribuito nel 2016 2,5 miliardi di dividendi, dei quali il 90 per cento destinato al Tesoro. Tagliarli significherebbe provocare un buco di bilancio di pari misura.
A seguire il Movimento prevede di tagliare 2 miliardi e mezzo dalla spesa per l’acquisto di beni e servizi, centralizzando gli acquisti e aumentando l’efficienza. Resta da capire quante sacche di inefficienza rimangano aggredibili, dal momento che i governi Renzi e Gentiloni si sono posti obiettivi altrettanto ambiziosi.
Il commissario alla spending review ha certificato nella sua ultima relazione che grazie al rafforzamento del ruolo di Consip come centrale unica di acquisto ed ai passi in avanti sui costi standard, i risparmi ottenuti nel 2016 ammontano a 3,5 miliardi di euro.
Ad ogni modo, vista la vastità della spesa in oggetto (139 miliardi), il taglio può essere considerato concretizzabile seppur siano da definire le modalità e l’impatto sui servizi pubblici.
Altra voce pesante è l’aumento della tassazione sulle banche e le assicurazioni grazie alla riduzione della deducibilità sugli interessi passivi, per 2 miliardi di euro.
Una misura che tuttavia rischia di arrivare al momento sbagliato: come hanno fatto notare Capone e Stagnaro su Il Foglio, il carico fiscale potrebbe mettere in ancora maggiore difficoltà — in un periodo già difficile per il settore — gli enti più piccoli e meno patrimonializzati. Per di più, senza garanzie che l’onere dell’imposta non venga trasferito ai cittadini, che potrebbero essere i veri soggetti incisi.
A scendere, una voce molto popolare tra l’elettorato grillino è l’aumento delle royalties per le attività di ricerca di gas e petrolio delle multinazionali.
Il gettito stimato da questo intervento arriva 1,5 mld.
Come è facile osservare dal sito del Ministero per lo Sviluppo Economico, l’anno scorso il gettito prodotto dai canoni sugli idrocarburi ammonta a 223 milioni.
La stima del Movimento comporterebbe dunque un aumento spropositato dell’aliquota: +575 per cento. Decisamente troppo.
Il Movimento 5 Stelle precisa tuttavia che il gettito aggiuntivo deriverebbe dalle sanzioni, che verrebbero maggiorate, e dalle imposte per iniziare l’attività di ricerca; il cui gettito attuale non è pubblicato dal Mise assieme ai canoni per le piattaforme.
Previsto, inoltre, il sempreverde aumento della tassazione sul gioco d’azzardo per un miliardo di euro (appena ritoccata al rialzo con la “manovrina” dal Governo Gentiloni, +202 milioni nel 2017) che risulterebbe un aumento importante rispetto all’attuale gettito generato dalle attività legate al gioco, circa 13 miliardi, ma comunque sostenibile.
Certo è che si tratterebbe dell’ennesimo aumento in pochi anni di una tra le imposte più regressive, poichè va a tassare in particolare le fasce con redditi più bassi.
I tagli
A seguito di queste coperture importanti, sono previsti tagli per lo più simbolici.
La riduzione per il 50 per cento delle indennità parlamentari per 60 milioni di euro, stima che appare corretta. Ulteriori 400 milioni dovrebbero provenire dal taglio delle auto blu, in particolare quelle in dotazione alle aziende sanitarie regionali.
Tuttavia, secondo l’ ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, le auto in dotazione alle Asl nel 2013 erano circa 700: troppe poche per arrivare alla cifra stabilita. Trovano posto anche altri tagli, dall’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e all’editoria, alla riduzione delle pensioni d’oro, verosimili ma comunque di scarso importo, dal momento che assieme non raggiungono i 750 milioni di euro
Una visione d’insieme
In conclusione, le coperture del Reddito di Cittadinanza appaiono credibili solo in maniera parziale.
Da un lato, le misure più simboliche sono probabilmente realizzabili, ma rappresentano una parte poco significativa dei 20 miliardi necessari.
Dall’altro le voci più consistenti appaiono spesso sovrastimate, e non tengono conto dell’impatto economico generale che potrebbero determinare.
Bisogna infatti notare che osservando i valori aggregati sarebbero 13 miliardi di maggiore tassazione e 7 miliardi di tagli, per un aumento della pressione fiscale di quasi un punto percentuale tra imposte dirette e indirette, seppur i parlamentari Cinque Stelle assicurino che non si tratterebbe di maggiore tassazione sulle persone fisiche, ma sui settori che non sono coerenti con le politiche del Movimento (un’affermazione irrealistica: le minori deduzioni e detrazioni andranno a colpire persone fisiche tramite l’Irpef).
Non bisogna però pensare che un reddito minimo di portata simile alla proposta Cinque Stelle sia impossibile. 20 miliardi su 850 di spesa pubblica e 400 di spesa sociale possono trovare un finanziamento: negli anni scorsi le misure dei governi Renzi e Gentiloni hanno movimentato una forza finanziaria ben maggiore.
Per di più, destinare ulteriori 18,5 miliardi al contrasto della povertà e della disoccupazione è meritevole, in particolare in Italia.
Creare una società più equa è un dovere della politica, ma per riuscirci serve pensare a misure realmente efficaci, concentrate sui bisogni dei cittadini, e non slogan elettorali difficilmente realizzabili.
(da “NextQuotidiano”)
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