IMPAZZA IL TOTOMINISTRI, MA MOLTO DIPENDE DAI VICEPREMIER
PD: FRANCESCHINI O ORLANDO VICE, IN ASCESA DE MICHELI E GUALTIERI… IPOTESI GABRIELLI AL VIMINALE, TRIA POTREBBE ANDARE AL TESORO… M5S: SALGONO LE QUOTAZIONI DI MORRA E FIOROMONTI
L’unica cosa certa è che Giuseppe Conte sarà ancora presidente del Consiglio.
E questa volta del primo esecutivo giallorosso della storia della Repubblica italiana, dove si troveranno attorno allo stesso tavolone di palazzo Chigi quelli del “mai con il partito di Bibbiano” e quelli del “mai con Matteo Renzi”.
Risolta la questione premier, la partita più avvincente riguarda i vice.
Uno o due? È questo il nodo da sciogliere in questa lunghissima nottata di spifferi, riunioni, trattative ad oltranza, dove ogni singola compagine cerca di alzare il prezzo per ottenere più poltrone. Il principale scontro ruota attorno al numero dei vicepremier.
Il Pd chiede che ci sia una sola casella di vicepremier in segno di discontinuità dalla stagione gialloverde e che appunto questa casella sia destinata ai democratici.
Anche perchè, è il mantra che filtra dal Nazareno, “Conte non è un garante, ma è un premier ascrivibile ai 5 stelle”.
Ma dalle parti del Nazareno si sta consumando un’accesa discussione interna, con in lizza due dirigenti di peso come Dario Franceschini e Andrea Orlando. C’è chi sostiene che per dirimere la contesa l’ex diccì Franceschini, in virtù della sua esperienza parlamentare e governativa, potrebbe diventare sottosegretario alla presidenza del Consiglio . Un ruolo chiave, un po’ come è stato per Giancarlo Giorgetti nei 14 mesi di esecutivo gialloverde.
Il resto è tutta una girandola di nomi, da una parte e dall’altra, in questa fase preliminare assolutamente variabili. Il Viminale resta una casella ambita.
Scartata l’ipotesi di Luigi Di Maio, indigeribile allo stato maggiore di Zingaretti, il dicastero dovrebbe essere destinato al Pd. In caso di soluzione tecnica il nome forte è quello del Capo della Polizia, Franco Gabrielli.
Ma c’è pure una soluzione politica che riporta ai profili dell’ex ministro Marco Minniti, o ancora una volta a Dario Franceschini.
L’altra patata bollente è poi il Ministero dell’Economia. Anche perchè i margini di manovra della legge di bilancio, che si dovrà scrivere approvare in autunno, sono strettissimi.
E allora restano alte le quotazioni di Giovanni Tria, ministro uscente, assai stimato dal Colle e dai 5 stelle. Girano poi i nomi dell’economista Lucrezia Reichlin, di Mariana Mazzucato e di Carlo Cottarelli.
Anche se non si esclude da più parti la soluzione politica che riporta al’ex inquilino di via XX Settembre, Pier Carlo Padoan, o all’eurodeputato Roberto Gualtieri. Quest’ultimo è un nome che i democrat potrebbe spendere per il ministero delle Politiche comunitarie. Assieme a quello di Lia Quartapelle, assai vicina a Gentiloni, e che già nel 2014 era uno dei nomi per la successione di Federica Mogherini.
Spetterebbe in questo schema al Pd anche la Farnesina, dove il favorito è Paolo Gentiloni, che è già stato al ministero degli Esteri ai tempi dell’esecutivo presieduto da Matteo Renzi.
Tuttavia l’ex premier Gentiloni sarebbe in ballo per un incarico da commissario Ue. Un ruolo prestigioso sul quale se la starebbe giocando anche Graziano Delrio.
Insomma, tutto dipenderà dall’incastro della caselle, da come si svilupperà la trattativa fra i gialli e i rossi.
Fatto sta che il Pd rivendica il ministero dello Sviluppo Economico per la numero due del Nazareno, Paola De Micheli. In queste ore dal Nazareno filtrano anche altri profili che potrebbero spuntarla nel totoministri.
Fra questi saranno quasi certamente valorizzati Ettore Rosato (Difesa), che, sussurrano dal Pd, “libererebbe una poltrona da vicepresidente della Camera”, Maurizio Martina (Affari Regionali), Gianni Cuperlo (Cultura), Andrea Martella (Sport), l’ex presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia, un profilo “adatto e autorevole” per un dicastero come quello riservato al Sud.
E in ambienti Pd salgono anche le quotazioni di Anna Ascani, che nel grande gioco degli incastri potrebbe essere favorita in quota rosa.
Eppure la partita è lunga, lunghissima.
I 5 stelle, invece, dovrebbero confermare Sergio Costa all’Ambiente e i due fedelissimi di Di Maio: Riccardo Fraccaro ai Rapporti con il Parlamento e quasi certamente Alfonso Bonafede alla Giustizia, dove i democratici, invece, vorrebbero piazzare l’ex presidente del Senato, Pietro Grasso in quota LeU.
Quest’ultimo partito diventa importante per la maggioranza a Palazzo Madama. Un’altra ipotesi che starebbe prendendo in ambiente grillini è che Bonafede traslochi al ministero dell’Interno.
Ma è tutto in evoluzione in queste ore. D’altro canto, non è certo un caso se le quotazioni di Nicola Morra, oggi presidente della Commissione Antimafia e appartenente all’ala più ortodossa del Movimento, siano in forte ascesa.
Morra infatti potrebbe rivestire o il ruolo di vicepremier, al posto di Di Maio, oppure gli sarebbe riservato un portafoglio di peso (Giustizia, Istruzione).
Lorenzo Fioramonti, già vice ministro, è in lizza per il ministero del Lavoro. In ascesa la quotazione di Laura Castelli.
I volti nuovi della delegazione ministeriale a cinquestelle potrebbero essere Stefano Patuanelli (Infrastrutture), che libererebbe la casella di presidente dei senatori dove dovrebbe finire Danilo Toninelli, e Francesco D’Uva, oggi capogruppo a Montecitorio, in lizza per l’Istruzione.
Fino all’ultimo tutto è possibile, ogni casella ballerà . Il totoministri è un po’ come il conclave: si può entrare Papa, vale a dire ministro, per uscirne cardinale.
(da “Huffingtonpost”)
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