IMU E IVA: LA STRATEGIA DEL GOVERNO CON LA SPONDA DI UE E FMI
LA SOLA IPOTESI PERCORRIBILE E’ RINVIARE L’IVA A FINE ANNO E L’ESENZIONE IMU SOLO PER I MENO ABBIENTI CON IL MECCANISMO ISEE
Due settimane di tempo. Quattordici giorni per provare a far quadrare i conti sull’Imue sull’Iva.
Dopo il vertice di maggioranza di questa mattina, Enrico Letta ha preso ancora tempo. Ma il cerino, quello vero, è nelle mani del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni.
La verità è che il titolare del Tesoro, fino ad oggi, non si è mosso di un centimetro.
Su Imu e Iva, nei limiti del possibile, qualche cosa si farà .
Ma non ci sarà l’abolizione completa della tassa sulla prima casa e anche la manovra sull’Iva sarà più articolata di quello che si pensa.
Tra ieri e oggi, del resto, su questi punti Saccomanni ha incassato due importanti sponde, quella dell’Unione Europea e quella del Fondo Monetario internazionale. Bruxelles ha ricordato la sua “quinta” raccomandazione per far uscire l’Italia dalla procedura d’infrazione.
E questo quinto comandamento prevede che la tassazione sia spostata dalle persone alle cose, ossia dall’Irpef all’Iva, aumentando le aliquote più basse, quella al 4% e al 10%.
Il Fondo Monetario, che ha appena finito la sua missione annuale a Roma, ha consegnato una ricetta altrettanto amara.
L’Imu, ha detto l’Fmi, non andrebbe toccata. Non c’è nessun paese che non tassi la prima casa.
Semmai, ha suggerito Washington, il governo dovrebbe rivedere i valori catastali degli immobili per rendere il prelievo più equo.
Saccomanni ha detto che terrà conto delle raccomandazioni del Fondo.
Il punto è che a via XX settembre, sede del ministero, sono settimane che lavorano al doppio dossier Imu-Iva.
I cinque-sei miliardi necessari per rispettare al 100% gli impegni presi da Letta con i partiti, non ci sono.
Se ne possono tirare fuori, al massimo, tre.
Il passaggio fondamentale sarà la delega fiscale già in discussione alla Camera.
Dalla revisione delle tax expenditures, le agevolazioni fiscali che “erodono” la base imponibile, si possono ricavare 1-1,5 miliardi.
Altrettanti dall’introduzione dei costi standard.
Il Pdl, tramite il sottosegretario all’Economia Luigi Casero, ha fatto sapere di puntare maggiormente su questa seconda voce, visto che la prima comunque è un aumento delle tasse.
Difficile, invece, che in tempi brevi si possano trovare soldi nelle dismissioni immobiliari pure indicate da Saccomanni durante la conferenza con il Fondo Mometario.
Anche sul pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, meglio non fare nuove puntate.
Dopo il vertice di maggioranza di questa mattina, in molti, soprattutto nel Pdl, hanno avuto l’impressione che Letta e Saccomanni avessero aperto ad un’accelerazione dei pagamenti. Insomma, pagare 40 miliardi nel 2013 invece di 20 miliardi.
Non è esattamente così. Il meccanismo di pagamento dei debiti è molto complesso.
Le Regioni devono fornire l’elenco delle fatture che intendono saldare.
Solo al quel punto il Tesoro, dopo una verifica, trasferirà i soldi.
Molto, insomma, dipende dai tempi con cui le amministrazioni forniscono questi elenchi.
Pagare 20 miliardi entro la fine dell’anno sarebbe già un successo.
Dunque la disponibilità di Letta e Saccomanni ad accelerare i pagamenti è solo un’indicazione di intenti, ma è difficile che sia poi effettivamente possibile farlo.
Dove si andrà a parare, insomma?
L’ipotesi più probabile è che il governo vari una manovra che possa far dire a tutti, dal Pd al Pdl, che gli impegni sono stati rispettati.
Sull’Iva si punta a trovare le risorse per rimandarla almeno fino a fine anno.
Sull’Imu l’ipotesi è una manovra che non costi più di 2-2,5 miliardi.
Ad essere esentate sarebbero solo le abitazioni dei cittadini meno abbienti, utilizzando il meccanismo dell’Isee, l’indicatore della situazione economico patrimoniale.
Quello usato per iscrivere i figli agli asili comunali.
Una tagliola non da poco.
Andrea Bassi
(da “L’Huffington Post“)
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