IN BIELORUSSIA UN CORO UNANIME CONTRO LUKASHENKO: “VATTENE”
SI FERMANO ANCHE LE INDUSTRIE, SCIOPERI OVUNQUE E I PATRIOTI CIRCONDANO I PALAZZI DEL POTERE CON UNA PROTESTA PER ORA PACIFICA
Sempre più solo, sempre più accerchiato. È l’immagine di Alexander Lukashenko, a otto giorni dalle elezioni con le quali è stato – tra le numerose accuse di brogli – confermato per la sesta volta presidente della Bielorussia. A otto giorni, soprattutto, dall’inizio delle manifestazioni contro un regime, il suo, che dura da 26 anni. Ai cortei iniziali, repressi con la violenza, si sono aggiunti gli scioperi. Dalla televisione alle acciaierie, la rabbia e il desiderio di mandare a casa il presidente si espandono a macchia d’olio.
Sciopera la tv di Stato e manda in onda per diversi secondi un divano vuoto mentre varie multinazionali ritirano gli spot.
Si incrociano le braccia gli operai e si assembrano davanti alle fabbriche. In un’acciaieria si fermano tutte le fornaci. Un calciatore, Ilya Shkurin, ha rifiutato la maglia della nazionale. Non la indosserà più, fin quando Lukashenko resterà al potere. L’insofferenza cresce, si manifesta in maniera sempre più plateale. E a fermarla non basta la repressione violenta.
La richiesta, nella capitale Minsk così come in altre città , è la stessa: nuove elezioni – libere, seguite da osservatori internazionali, e il rilascio di tutti i prigionieri politici.
Il presidente dal canto suo continua a fare la voce grossa: “Nuove elezioni sono fuori discussione”, dice davanti agli operai di una fabbrica. Salvo poi fare una parziale marcia indietro: “Dobbiamo approvare la nuova costituzione”, ha detto – scrive Interfax – nel corso di un incontro con i lavoratori trasmesso dalle tv di Stato.
“Bisogna approvarla con il referendum e dopo, con la nuova costituzione, tenere nuove elezioni parlamentari e presidenziali, se proprio ci tenete” è il messaggio che manda agli oppositori, poche ore dopo il rilascio di molti manifestanti arrestati durante le le proteste. Segni, questi ultimi, di un leader che sente che il popolo di sta voltando le spalle: “La proposta di modificare la Costituzione è più che altro una mossa tattica. La gente non vuole questo, vuole che Lukashenko se ne vada. Una riforma del genere non placherebbe certamente la sete di cambiamento che serpeggia nella società bielorussa. Il fatto che siano stati rilasciati i manifestanti è, invece, un segnale di apertura importante. Evidentemente il presidente sente che non ha più il controllo del Paese”, spiega ad HuffPost Aldo Ferrari, docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore del Programma di Ricerca su Russia, Caucaso e Asia Centrale dell’Ispi.
Non è la prima volta che il malumore in Bielorussia si fa sentire. Era già successo, anche se con toni molto meno accesi, alle due precedenti elezioni. Ma il dissenso non era mai stato così trasversale, nè così esteso. Cosa sta succedendo, allora, in Bielorussia? “La sensazione – dice il professore – è che per la prima volta la caduta di Lukashenko sia possibile. Ed è un fattore inaspettato, che nessuno, neanche gli osservatori internazionali, poteva immaginare, nemmeno poche settimane fa, appena prima delle elezioni. Lui stesso deve esserne sorpreso”. Parte importante della protesta sono i giovani, ma è la stragrande maggioranza della società civile che sembra averne abbastanza del regime. Che chiede una scossa, la fine di un’epoca.
L’opposizione, che in questi ultimi giorni ha il volto di Svetlana Tikhanovskaya, è un elemento nuovo dalle parti di Minsk: “Non è mai stata rilevante – racconta Ferrari – il presidente non ne ha mai consentito lo sviluppo. Basti pensare che anche la stessa Tikhanovskaya (che oggi si è detta pronta a guidare il Paese, ndr) fino a poche settimane fa era una sconosciuta. ha ammesso di non avere un programma ben definito”.
E, infatti, quello che conta nella Bielorussia di oggi non è tanto chi sarà il successore di Lukashenko, ma che quest’ultimo se ne vada. Lasciando spazio ad elezioni pienamente democratiche.
Il leader bielorusso vuole restare al potere e, per quanto il consenso gli stia completamente sfuggendo dalle mani, ha ancora due cartucce da sparare: l’esercito, che resta dalla sua parte, e Putin, che ha già dichiarato che lo appoggerà – anche con le forze armate – in caso di necessità .
Ma l’aiuto non sarebbe gratis: “Accettando il supporto della Russia – continua Ferrari – il Paese diventerebbe totalmente asservito a Mosca. Per quanto i due Stati siano molto legati, Lukashenko è sempre riuscito a mantenere una certa autonomia” che, a questo punto, verrebbe meno.
L’Occidente guarda con attenzione quello che succede a Minks. E, mentre Trump sostiene che “la situazione in Bielorussia è terribile”, la Germania ha minacciato di estendere le sanzioni già stabilite contro i funzionari bielorussi dopo le violenze contro i manifestanti. “Studiamo anche la possibilità di estendere le sanzioni ad altri funzionari” del paese, ha dichiarato alla stampa il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seifert. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha convocato per mercoledì un Vertice Ue straordinario sulla crisi: “I bielorussi hanno il diritto di decidere del loro futuro ed eleggere liberamente il loro leader. Le violenze contro i manifestanti sono inaccettabili e non possono essere autorizzate”, ha scritto su Twitter.
Ma quanto contano per Lukashenko le esternazioni di Bruxelles? Se si guarda al passato, verrebbe da rispondere “poco”. “Il presidente non ha mai tenuto in considerazione i messaggi dell’Ue. Ha sempre respinto ogni pressione, ogni richiesta di modificare l’agenda politica”, spiega Ferrari. Ma non è da escludere che le cose cambino, almeno in parte: “Può essere che, data la situazione complicata, questa volta decida di prestare un po’ più di attenzione alle richieste che gli verranno fatte”.
Quale sarà l’epilogo di questa vicenda è al momento imprevedibile. C’è, però, il rischio che la repressione riparta, che la violenza continui. “C’è da augurarsi – conclude Ferrari – che si scelga la strada del dialogo. Se Lukashenko sceglierà altre vie, accettando l’offerta di Putin, che si è detto pronto ad aiutarlo con l’esercito, l’evoluzione degli eventi potrebbe essere tragica per il Paese”.
(da agenzie)
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