IN SEI MESI 4 ASSUNZIONI SU DIECI CON CONTRATTI STABILI? NON SONO STABILI E SONO FINANZIATI DAGLI SGRAVI FISCALI
I DATI NON CORRISPONDONO AD ALTRETTANTI LAVORATORI, VISTO CHE LA STESSA PERSONA PUO’ ESSERE TITOLARE DI PIU’ CONTRATTI
Nei primi sei mesi dell’anno il saldo tra nuovi contratti di lavoro firmati e rapporti chiusi è stato di 638.240 unità , contro le 393.658 dello stesso periodo del 2014.
E il numero di quelli a tempo indeterminato è salito di 252.177 unità , con il risultato che la quota di assunzioni stabili sul totale è passta dal 33,6 al 40,8%.
A rilevarlo è l’Inps nell’osservatorio mensile sul precariato, che prende in considerazioni solo i dipendenti del settore privato.
Secondo il premier Matteo Renzi i dati “dicono che siamo sulla strada giusta contro il precariato e che il Jobs Act è un’occasione da non perdere, soprattutto per la nostra generazione”.
Peccato che non c’entri nulla: in primo luogo l’economia è in ripresa in tutta Europa ed è normale che anche in Italia si risenta del cambio di vento.
Ma se siamo il finalino di coda della ripresa tra i Paesi europei qualcosa vuol dire.
Le assunzioni a tempo indeterminato poi non sono tali, visto che il lavoratore può essere lasciato a casa in qualsiasi momento con le nuove norme.
In terzo luogo questo genere di assunzione è aumentato solo perche le aziende per tre anni non pagano i contributi, quindi sono diventati piu’ convenienti di quelli precari.
E consentono di licenziare il dipendente più di prima.
Va chiarito infine che questi numeri non corrispondono ad altrettanti lavoratori: soprattutto nel caso dei rapporti a termine, la stessa persona può essere stata titolare di più contratti di lavoro che in questa rilevazione vengono contati singolarmente.
E’ così che si spiega perchè, a fronte di cifre apparentemente positive, la disoccupazione continua ad aumentare.
Pochi giorni fa, intervistato da Il Fatto Quotidiano, il presidente dell’Istat Giorgio Alleva ha stigmatizzato il “caos poco edificante” sui dati sottolineando come quelli forniti dal ministero e dall’Inps siano “dati di fonte amministrativa, non statistiche”.
E anticipando che è allo studio un’integrazione delle informazioni disponibili che dovrebbe sfociare nella diffusione trimestrale di “un’informazione congiunta sul lavoro” e in un rapporto annuale congiunto.
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