INCIUCIO ITALICUM, SPARISCE IL CONFLITTO D’INTERESSI
AMMACCATA IN PARTENZA, LA LEGGE ELETTORALE SFIDA INSODDIFAZIONI BIPARTISAN
L’Italicum è già in viaggio per il Senato, passato a Montecitorio con 365 sì, 156 no e 40 astenuti. Ma dentro mancano un sacco di cose.
E alcune, a giudicare dai voti che hanno permesso questo impianto finale, non possono che suscitare scandalo.
Infatti, a sentire l’altro giorno in aula Davide Ermini del Pd, si aveva l’impressione di sognare. Perchè l’esponente renziano, nel momento di votare l’emendamento presentato dal popolare Pino Pisicchio sul conflitto d’interessi nella legge elettorale, motivava in questo modo il rifiuto dem di dare il via libera a una proposta di assoluto buon senso: “Il Pd è da sempre a favore del principio del conflitto di interessi, ma non siamo convinti dalle soluzioni proposte dagli emendamenti; e poi, ci par di capire, c’è qualcuno che confonde il tema del conflitto d’interessi con l’ineleggibilità ”.
No, Pino Pisicchio non aveva fatto alcuna confusione nello scrivere un emendamento, peraltro sottoscritto anche da Pippo Civati, che prevedeva l’ineleggibilità per i titolari legali di aziende concessionarie pubbliche e anche per il proprietario che controlla direttamente o indirettamente l’azienda.
“Mi ero limitato a voler aggiornare una legge del febbraio del ’53, la numero 60, che prevedeva un’incompatibilità e un’ineleggibilità parametrata, appunto, al mondo degli anni 50, ma il Pd non ci ha proprio sentito; si sono comportati, insomma, un po’ come nelle elezioni del ’48, quando i democristiani erano terrorizzati dall’idea che Dio li vedesse votare Pci nel segreto dell’urna”. L’emendamento Pisicchio, insomma, è finito al macero e nessuno ripresenterà il problema al Senato.
“Ma figurarsi — commenta Civati — io non ho proprio votato, visto come stavano andando le cose e la questione del conflitto d’interessi mi pare un’enormità , così come mi pare folle che non venga riproposta al Senato, ma non lo faranno. Io non potevo votare una legge elettorale di cui non condivido quasi nulla. A tutto c’è un limite. E c’è l’articolo 67 della Costituzione che, tra l’altro, consente ai singoli parlamentari di non accettare una decisione soprattutto quando fa quello che non aveva dichiarato di fare (o addirittura aveva dichiarato di non fare) in campagna elettorale. Per me conta ancora qualcosa, anche se ormai è chiaro che si farà fatica, in questo Paese, anche ad andare a votare”.
In effetti, gli emendamenti sul conflitto d’interessi erano più d’uno, non solo quello firmato da Pisicchio e Civati. Ce n’erano altri tre, uno firmato da Gennaro Migliore di Sel, un altro dell’M5S a firma Fraccaro-Toninelli, e addirittura uno a firma del Pd Valiante che — ovviamente — è finito dritto nel cestino come i precedenti. La questione, da parte di Sel, però non è finita qui.
Al Senato gli uomini di Vendola hanno intenzione di rimettere mano alla legge, “o, almeno — dice Migliore — si tenterà di farlo”.
Perchè, “in questa legge — prosegue— manca troppa roba. È una legge senza milioni di cittadini, perchè c’è una croce e i chiodi li ha messi Verdini, e sono le liste bloccate e le soglie di sbarramento all’8% che così alte ci sono solo in Russia al 7 e in Turchia al 10 e ciò significa escludere milioni di cittadini; senza la certezza del voto, perchè voti la Lega al nord ed eleggi un leghista con lo 0,1% in Molise, come si fa a concepire un tale flipper?”.
Già , come si fa?
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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