INSULTI RAZZISTI SUL WEB, 21 CONDANNATI A GENOVA PER ISTIGAZIONE RAZZIALE
DOPO LA NOTIZIA BUFALA DEL TENTATO RAPIMENTO DI UN BAMBINO DA PARTE DI UNA GIOVANE ROM SUL WEB C’ERA STATO CHI AVEVA INCITATO A USARE IL NAPALM… IDENTIFICATI DALLA POLIZIA POSTALE, MULTE FINO 6.000 EURO E RISCHIO CONDANNA A UN ANNO E MEZZO DI CARCERE
L’era della “post-verità ”, parola che si candida ufficialmente a diventare il neologismo più citato dell’anno a venire, si accompagna al commento libero e spesso anonimo sulle vicende più varie proposte dall’attualità .
E al “bar” del web, come è noto, non si bada molto alla forma (di sovente nemmeno alla sostanza), i toni si accendono facilmente fino a tramutarsi in odio.
Ma, quando questo succede, l’anonimato non è più un diritto, come dimostra un’inchiesta della Procura di Genova, che ha portato all’identificazione e alla condanna di 21 persone per aver insultato i rom nella sezione commenti alla notizia del tentato rapimento di un bimbo da parte di una nomade, rivelatasi poi una mezza bufala.
L’accusa, per tutti, è di istigazione all’odio razziale.
La notizia “bufala”
Gli investigatori della polizia postale, coordinati dal pubblico ministero Massimo Terrile, hanno rintracciato commentatori da tutta Italia. D
alla casalinga che voleva «rimandarli tutti a casa» all’impiegato che ricordava come «gli zingari non mi sono mai piaciuti», da chi li invitava «a tornare nel loro luridume» a chi li apostrofava poco elegantemente come «zingari di m…» e «tribù maledetta», fino ad arrivare a un giovane genovese che invocava utilizzo del «napalm».
Per lui la vicenda ha avuto conseguenze inaspettate: oltre a scoprire, con sorpresa, di essere stato smascherato e indagato, ha dovuto rinunciare a un lavoro in Canada, Paese in cui le questioni razziali vengono prese parecchio sul serio, e che di fronte a vicende giudiziarie di questo tipo chiude le porte in faccia a chi richiede un visto.
A volerla davvero raccontare dall’inizio, questa storia, bisognerebbe partire da una notizia che, a monte, viene raccontata in due modi alternativi.
La questura di Roma parla di una sorta di lite familiare, tra persone conosciute.
Alcuni siti internet accreditano la versione di una delle donne coinvolte, che riferisce invece di un tentativo di rapimento da parte di una sconosciuta di etnia rom.
A prescindere dalla veridicità e dall’accuratezza con cui vengono riportati i fatti, la notizia del rapimento di un bimbo risveglia il più classico degli stereotipi, e dà il via a un acceso dibattito su Facebook.
Discussioni simili sono molto diffuse in rete. Ma in questo caso la Procura, a seguito di segnalazione, va a fondo alla vicenda, ed emette nei confronti di tutti un decreto penale di condanna: la pena, che potrebbe arrivare fino a un anno e mezzo di carcere, viene convertita in multe tra i 3 e 6mila euro.
«Frasi discriminatorie»
Fra i condannati ci sono anche un utente di Sanremo e uno studente genovese, autore di uno dei commenti incriminati: «Ma se li mettessimo tutti su un’isola e poi li cospargessimo di napalm? Futurama insegna, pensateci…».
Davanti agli inquirenti ha raccontato di essersi lasciato prendere la mano. Il suo avvocato Francesco Del Deo ha già annunciato ricorso.
«Con la pubblicazione di quel commento – scrive il giudice Claudio Siclari – l’imputato ha propagandato idee fondate sull’odio etnico ni confronti del popolo rom, e in genere degli zingari, tutti indistintamente ritenuti inclini alla commissione di delitti di “furto”, in particolare ai danni dei bambini, e quindi meritevoli di soppressione, mediante il napalm (notoriamente utilizzato per la costruzione di bombe incendiarie dagli effetti devastanti). La propaganda di idee consiste nella divulgazione di opinioni finalizzata all’odio razziale e etnico. L’offesa pertanto non è di “particolare tenuità ”».
(da “il Secolo XIX”)
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