INTERVISTA A CARLO COTTARELLI: “LA TASSA SULLE BANCHE SERVE AL GOVERNO PER DISTRARRE I CITTADINI”
“UNA MISURA POPULISTA, SE METTI UNA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI DEVI ESTENDERLA A TUTTI I SETTORI”… “EPPURE MELONI HA A DISPOSIZIONE 16 MILIARDI DI CUI SI PARLA POCO”
Professore, partiamo dal duello Musk-Zuckerberg. Cosa ne pensa?
Come cittadino sono allibito che il governo possa anche solo prendere in considerazione l’idea di permettere uno spettacolo del genere. Ci sono cose che non si vendono. Non puoi vendere le nostre memorie storiche per due cretini che vogliono fare il duello di arti marziali. Ma che se ne vadano a Las Vegas. È incredibile come il governo italiano stia lì a scodinzolare di fronte a questi due. L’atteggiamento del ministro Sangiuliano nei confronti di Elon Musk è umiliante per lo Stato italiano di fronte a chi ha miliardi e miliardi da buttare via e niente di meglio da fare a quanto pare.
A questo punto ha ragione il senatore forzista Maurizio Gasparri? “Paghino le tasse” ha sbottato…
Le tasse le devono pagare comunque. Non c’è dubbio che vadano fatte pagare. Ma ci sono comunque cose che non si possono vendere. Pensi se uno di questi miliardari offrisse all’Italia dieci miliardi di euro per mettere il loro brand sul tricolore italiano, a mo’ di sponsor. Che facciamo? Accettiamo perché sono dieci miliardi?
Ne approfitto, dato che ha iniziato a parlare di miliardi, per cambiare argomento. Siamo sulla via della Nadef, la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, che dovrà essere presentata entro la fine di settembre. Lo scorso dicembre la maggioranza garantiva: “La nostra prima vera manovra è quella per il 2024”. Si erano appena insediati, il ragionamento ci stava. Ecco, come sarà la prima vera manovra di Giorgia Meloni?
Stretta. Nonostante il governo abbia avuto un colpo di fortuna inaspettato che ha liberato 16 miliardi di euro per il 2024 e di cui si parla poco. Spazi di bilancio disponibili che sono conseguenza della decisione di Eurostat di riclassificare i crediti d’imposta dei bonus edilizi, in primis il Superbonus, all’interno dei deficit di 2021 e 2022. Mentre i deficit di 2023 e 2024 sono stati sgonfiati. Per il 2024 sono 16 miliardi. Senza questi, nel 2024, invece del tesoretto di 4 miliardi indicati nel Def di aprile ci troveremmo già ora un buco di 12 miliardi.
La Lega vuole abolire la riforma Fornero, Forza Italia aumentare le pensioni minime e Fratelli d’Italia ridurre l’Irpef… Ci sarà spazio per piazzare le bandierine elettorali dei partiti di maggioranza o sarà una carneficina?
Fare tutto non è possibile. A livello di entrate la situazione è complicata. Servono dieci miliardi solo per confermare i tagli delle tasse in busta paga già in vigore adesso. Altri tre-quattro miliardi servono a rifinanziare le politiche invariate, per confermare interventi che vengono rinnovati di anno in anno e che sono difficili da tagliare, come le missioni internazionali. Ci sono anche i miliardi richiesti per l’adeguamento all’inflazione degli stipendi pubblici. La strada è molto stretta. E non è un caso che abbiano introdotto, la scorsa settimana, la tassazione straordinaria sulle banche. Perché si sono resi conto di non avere spazi in vista della manovra. Normalmente sa cosa succede ad agosto? La Ragioneria Generale dello Stato tira fuori un po’ di denari. È come se dicesse: “Guardate, abbiamo rilevato spese inferiori impreviste in alcuni capitoli del bilancio” oppure “entrate maggiori non previste”. Alla Ragioneria sono bravissimi a scovare queste riserve e a metterle a disposizione dell’esecutivo di turno. La scelta di Meloni e Salvini di andare a raschiare qualche miliardo dalle parti delle banche mi suggerisce che quest’anno le riserve siano assottigliate all’osso.
L’anno prossimo entrerà in vigore il nuovo patto di Stabilità. In primavera la Commissione europea aveva pubblicato alcune simulazioni. All’Italia, in base alle regole della proposta di nuovo Patto della Commissione, servirebbero manovre correttive da 14-15 miliardi l’anno per stare in carreggiata. Mi corregga subito se ho capito male: questo significa che questa prima vera manovra del governo Meloni, in realtà, sarà paradossalmente anche l’ultima dove la maggioranza potrà permettersi qualche libertà in più?
Il vincolo principale viene dal fatto che l’anno prossimo, dovrebbe tornare operativo il tetto del 3% da rapporto deficit/Pil. Nel Def abbiamo messo il 3,7%. Il che vuol dire 14 miliardi in più. Il calcolo del governo è però ragionevole: è probabile che la Commissione chiuda un occhio, in un modo o nell’altro. Un pregio/difetto della bozza del nuovo Patto di Stabilità è che ci sarà maggiore flessibilità sulle regole e meno puntualità rispetto al Patto pre-pandemia. Teniamo inoltre conto del fatto che il prossimo è l’anno delle elezioni europee: la Commissione deve essere rinnovata. Mi sembra improbabile che puntino i piedi con un Paese come l’Italia in questo frangente.
Torniamo alle banche. La tassa sugli extra profitti è stata annunciata una sera di agosto non dal ministro dell’Economia ma dal ministro delle Infrastrutture. Le borse il giorno dopo hanno bruciato quasi 10 miliardi. Il ministro dell’Economia ha corretto il tiro limitandone il perimetro. E poi dalla maggioranza si sono levate voci di forte dissenso a partire da Forza Italia, nel silenzio generale delle banche… Che figura ci fa l’Italia?
Siamo di fronte a una misura molto populista. Quello che dovrebbe fare questo governo – di cui fanno parte partiti che si dicono liberali – è prendere misure che non siano distorsive dell’attività economica. Che non siano punitive nei confronti di uno specifico settore. Se si è convinti che nell’economia si siano sviluppate situazioni dove, per cause macroeconomiche, i profitti sono particolarmente alti, allora il governo doveva casomai mettere una tassa straordinaria sugli extra profitti. Ecco, a parte la difficoltà di definire cosa sia un extra profitto, se lo fai lo devi fare per tutti i settori. Non c’è alcun motivo economico per dire che lo fai solo per le banche. Mettiamoci inoltre il fatto che le banche, per anni, hanno avuto profitti ridotti dall’attività di intermediazione proprio perché i tassi di interesse erano zero. O quasi zero. I tassi sui Bot, sui quali le banche dovevano investire per avere una certa liquidità, avevano rendimenti negativi. Insomma, non è che ora, tutto ad un tratto, puoi annunciare una misura che, tra l’altro, a giugno era stata accantonata dal ministro dell’Economia in persona. E lo dico io che, per storia personale, non sono mai stato tenero con le banche. Quando ero al Fondo Monetario Internazionale avevamo raccomandato l’introduzione, a livello globale, di una tassa sulle banche per compensare il fatto che sui servizi bancari non è prevista l’Iva. Ma quella sarebbe stata una misura strutturale e razionale. Non improvvisata come quella del governo Meloni.
È vero quello che hanno detto alcuni media e osservatori, soprattutto internazionali, sul fatto che, nell’ultimo anno Meloni ha lavorato duro su conti in ordine e credibilità internazionale, ma che tra ritardi sul Pnrr, attacchi continui alla Bce e tasse “bolsceviche” alle banche si è giocata quel “tesoretto” di credibilità?
Che si sia ridotta, in parte, la credibilità del governo non c’è dubbio. Ma Meloni ha un merito: quello di intrattenere ottime relazioni internazionali con Stati Uniti e Unione Europea, che sono i due punti di riferimento fondamentali per la nostra economia e credibilità.
Salario minimo. Che idea si è fatto non delle proposte in campo, che ormai conosciamo bene, ma di come si sta sviluppando il dibattito tra governo e opposizioni? Saranno capaci di trovare una soluzione condivisa da qui a qualche mese?
Condivisa non credo proprio. Credo però che il governo debba trovare comunque qualcosa da mettere sul piatto, perché il tema del salario minimo mi sembra abbastanza sentito da buona parte della popolazione. Averlo posticipato di due mesi tramite la mossa del Cnel, permette al governo di arrivare in dirittura di arrivo con la legge di bilancio per capire che spazi hanno in termini di risorse da mettere in campo.
Professore lei è noto per aver evitato sensazionalismi di ogni genere sul Pnrr. Ad oggi, in piena fase di rimodulazione, lei è ottimista o pessimista sugli obiettivi che si pone il governo?
Per quanto riguarda la rimodulazione della spesa va detta una cosa che in pochi hanno fatto notare. Si tratta di un intervento abbastanza parziale. Circa l’8% del totale. Quindi il 92% del Pnrr resterà tale e quale a quello fissato dal governo Draghi. Ora però c’è un fatto politico nuovo: da qui in avanti il governo non ha più scuse e il Pnrr diventa a tutti gli effetti “suo”. La parte che mi preoccupa di più sono le riforme: la condizionalità per cui io ti do i soldi se tu fai qualcosa funziona bene se tu fai cose facilmente misurabili in termini quantitativi (ad esempio il numero di posti per asili nido o alloggi universitari). Tutt’altra storia è la qualità delle riforme. Se fai una riforma della giustizia, per capire se questa è valida bisognerà aspettare anni, magari rischiamo di perdere solo l’ultima rata nel 2026 se non centriamo l’obiettivo della riduzione del 40% della durata dei processi civili. Ma così non va bene: è interesse dell’Italia assicurarsi fin da subito che la riforma cambi il volto della nostra giustizia civile. Ed è qui che non sono molto ottimista. Lo dimostra il rinvio a fine anno dei decreti attuativi previsti dalla riforma Cartabia. E adesso hanno anche richiesto di eliminare l’obiettivo di riduzione del 15% dell’evasione fiscale entro il 2024, in pratica gettando la spugna. Mosse che mi preoccupano.
(da Huffpost)
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