INTERVISTA A FLICK: “LA PRONUNCIA UE CONTRO L’ERGASTOLO E’ CORRETTA, I GIUDICI VALUTERANNO CASO PER CASO”
L’EX PRESIDENTE DELLA CONSULTA: “NON E VERO CHE I BOSS USCIRANNO TUTTI DAL CARCERE”
“Non è vero che ci ritroveremo con i boss fuori dal carcere”. Giovanni Maria Flick, costituzionalista e presidente emerito della Corte costituzionale, tiene a metterlo subito in chiaro: la dichiarazione di inammissibilità del ricorso dell’Italia alla Grand Chambre della Cedu non renderà più semplice l’uscita dal carcere degli ergastolani che hanno commesso reati di mafia o di terrorismo.
Piuttosto, con la decisione emessa il 13 giugno sull’ergastolo ostativo, che a questo punto diventa definitiva, la Corte ha dichiarato “non compatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo quella norma (inserita nell’articolo 4 bis della legge sull’ordinamento penitenziario, ndr) che stabiliva un automatismo secondo il quale gli ergastolani che non collaborano con la giustizia non possano chiedere al giudice di sorveglianza misure alternative alla detenzione”, spiega il professore ad HuffPost.
La decisione di oggi ha suscitato molte polemiche in Italia. Ma cosa ha stabilito, esattamente, la Corte europea dei diritti dell’uomo?
“La Corte chiede che si elimini l’automatismo secondo cui il giudice di sorveglianza non può valutare in concreto se dopo un lungo periodo di detenzione la persona, già condannata all’ergastolo, possa rientrare in qualche modo nell’ambito della società perchè si è ravveduta, ha iniziato un percorso di rieducazione. La norma sull’ergastolo ostativo viene, insomma, dichiarata contraria alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. La possibilità di chiedere permessi premio o misure alternative alla detenzione in passato in Italia era garantita per tutte le ipotesi di ergastolo. Dopo le stragi mafiose dei primi anni 90, però, è stata posta una condizione di tassativo divieto quando la persona condannata al carcere a vita non collabori con la giustizia. E proprio questa riduzione del potere di valutazione del giudice sulla condotta del detenuto è stata dichiarata contraria alle norme della Cedu.
L’articolo posto al vaglio della Corte non riguarda, però, solo l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Quali altre fattispecie sono comprese?
Inizialmente l’ergastolo ostativo era stato introdotto solo per i reati di mafia, nell’ambito di un’eccezionale legislazione di emergenza che ha rappresentato una grossa deroga ai principi fondamentali dell’ordinamento penale. La disposizione rimasta in vigore perchè la criminalità organizzata ha continuato ad affliggere questo Paese. Poi, però, sono state inserite in quell’articolo altre fattispecie: prima i reati relativi al terrorismo e poi, in maniera irragionevole, una serie di altri delitti. Si pensi a quelli inseriti nel decreto Spazzacorrotti – che in questo caso era più una legge Spazzadiritti. Per la corruzione non è previsto l’ergastolo, ma ai condannati sono comunque preclusi alcuni benefici nel corso dell’esecuzione della pena, se non collaborano.
Perchè sostiene che questa estensione della normativa ad altri reati sia stata irragionevole?
Perchè preclude al giudice il potere e dovere di essere lui a valutare, caso per caso, se il detenuto può essere messo alla prova attraverso la liberazione condizionale. Introdurre un discorso del tipo “chi non collabora non potrà ottenere l’accesso alle misure alternative” è un modo per privare il magistrato del suo compito di vagliare il comportamento della singola persona nello specifico caso concreto.
Privando il giudice della possibilità di concedere misure alternative alla detenzione si impedisce anche al detenuto che non collabora con la giustizia di avere la possibilità di essere reinserito nella società , non è così?
Un soggetto a cui non viene consentito di uscire dal carcere difficilmente potrà essere rieducato. Perchè la rieducazione presuppone la reintegrazione nella società , sia pure con particolare gradualità e con una valutazione significativa, che solo il giudice deve poter fare. Non può essere affidata a una clausola legislativa.
Molti si sono dichiarati in disaccordo con l’approccio della Corte europea dei diritti dell’Uomo. Cosa pensa di queste reazioni?
In tanti ritengono che l’unico modo per dimostrare che una persona è sulla strada del ravvedimento rispetto ai delitti commessi sia la collaborazione con l’autorità giudiziaria. A questa affermazione altri fanno un’obiezione seria e a mio avviso fondata.
Quale?
Vi possono essere molti casi in cui la persona non è più in grado di collaborare, perchè non ha più niente da dire, o perchè ha paura perchè metterebbe a repentaglio la vita dei familiari che vivono fuori dal carcere. Le situazioni sono molteplici, e non è il caso di ricondurle a un’etichetta unica, all’astrazione della legge. La valutazione, in concreto, sull’esecuzione della pena spetta al giudice, non può essere sancita solo in una norma.
Cosa dovrà fare adesso lo Stato italiano, alla luce della pronuncia della Cedu?
Modificare ed adeguare, sotto questo specifico profilo, la legislazione, tenendo conto dei rilievi della Corte. Vede, la prima valutazione da fare è che non è vero, come è stato sostenuto, che usciranno dal carcere tutti i boss. L’arrivo di questa pronuncia e quella odierna sull’ammissibilità del ricorso contro di essa è stato accolto con previsioni e conclusioni molto frettolose ed enfatizzate. Nel modo più assoluto, non ci sarà un’uscita in massa dei capimafia dal carcere. Non esiste niente di tutto ciò: esiste un caso specifico, il caso Viola. Il detenuto si è visto riconoscere dalla Cedu il diritto a che sia il giudice di sorveglianza a valutare se ha fatto o no un percorso che gli consenta di avere un permesso per uscire dal carcere. Per casi come questo potrà entrare in gioco la Corte costituzionale, che peraltro dovrà già pronunciarsi su una questione connessa il 22 ottobre.
In che modo potrà ora intervenire la Consulta?
I detenuti che stanno scontando l’ergastolo potranno rivolgersi al magistrato di sorveglianza chiedendogli, in sostanza, di valutare se possono usufruire dei benefici nonostante la mancata collaborazione. Quest’ultimo potrà adire la Corte costituzionale e chiedere al collegio di valutare se – alla luce della decisione della Cedu – la normativa sull’ergastolo ostativo è da ritenersi incostituzionale perchè vìola l’articolo della Carta che stabilisce che l’Italia si uniforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute ed in particolare alla convenzione Cedu. C’è una differenza importante tra le decisioni della Cedu e quelle dalla Consulta: quest’ultima, laddove dovesse decidere di dichiarare incostituzionale una norma, la deve cancellare immediatamente dal nostro ordinamento. Ed è ciò che potrebbe accadere per l’articolo 4 bis.
Come giudica, in conclusione, la decisione della Cedu?
La dignità umana è il fondamento della Costituzione (piaccia o non piaccia) e quindi anche del sistema penitenziario, quest’ultimo impone la possibilità di una rieducazione (e quindi il riesame della sua condizione dopo un certo periodo di tempo), che non può essere esclusa in via presuntiva dalla mancanza di collaborazione del condannato con l’autorità giudiziaria. La Cedu osserva che lo Stato ha un ampio margine di valutazione per decidere se la pena già sconta abbia condotto o meno alla soglia della rieducazione, e respingere nel secondo caso la domanda di accedere alle misure alternative. Non può però costringere il condannato a una scelta “fittizia”, senza alternative, tra il carcere a vita e la collaborazione.
(da “Huffingtonpost”)
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