INTERVISTA A GINO STRADA: “PENSINO PIUTTOSTO A SALVARE VITE UMANE”
“SI CONTINUA A LUCRARE SULLA PAURA PER RAGIONI ELETTORALI”
“Che significa affondare i barconi? Cerchino piuttosto delle soluzioni per far cessare questa strage infinita”.
Gino Strada, fondatore e presidente di Emergency, è tornato da pochi giorni in Italia dopo i sei mesi spesi a combattere Ebola in Sierra Leone e ha ritrovato un Paese alle prese con l’ennesima conta dei morti nel Mediterraneo.
Sembra che l’Ue voglia accogliere la linea dura italiana: affondare i barconi. È una soluzione?
Affondiamo i barconi, ma dove? Per quanto ne so io, i barconi o sono ormeggiati o si trovano in viaggio, ma con delle persone a bordo perchè non sono droni. Va benissimo fermare il traffico umano, prendersela con le barche, ma prima facciamo sbarcare chi fugge. E poi non dimentichiamoci che spesso vengono utilizzate imbarcazioni già destinate a essere rottamate: fanno l’ultimo viaggio nel Mediterraneo e lì vanno in picco. E comunque non deve essere questa la prima preoccupazione.
Quale allora?
Quando osservo queste stragi io non penso a come arrestare gli scafisti o ad affondare le barche, ma alle centinaia di morti, molti dei quali stavano scappando dalle guerre. Invece la strage continua, e non affondano nell’Oceano Pacifico, ma in un tratto di mare di pochi chilometri. Eppure continuiamo a inventarci soluzioni improvvisate che poi si rivelano delle non-soluzioni.
Che cosa bisognerebbe fare, quindi?
Non sappiamo solo che sbarcano in Italia, ma anche da dove salpano. Emergency in Libia sta facendo una missione esplorativa per capire se possiamo fare un intervento umanitario, ma è molto difficile per le forze volatili che si affrontano: ci sono due governi e centinaia di gruppi armati. Come in Iraq, le città passano da una milizia all’altra ogni quindici giorni. Già quando quattro anni fa andammo a Misurata anni fu una missione assai impegnativa, ma ora la situazione è davvero esplosa.
“Invasione, blocco navale, stato di guerra”: il linguaggio sul tema immigrazione sembra accomuni quasi tutto l’arco parlamentare. Che effetto le fa?
C’è questo clima, “passare all’azione”, che poi significa azione militare. Poco tempo fa ho letto una dichiarazione del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, “Siamo pronti a combattere”: è la solita sparata dei politici. Siamo di fronte a un problema enorme: come salvare migliaia di persone, e invece si parla di difendere i confini, di respingere l’invasione. Si continua a lucrare sulla paura per ragioni elettorali.
In Italia è opinione diffusa che la colpa sia soprattutto di Bruxelles, che lascia l’Italia sola a gestire il problema.
Questo è vero, ma se abbiamo un peso politico facciamolo sentire. Il passo indietro rispetto a Mare Nostrum è stato enorme: noi già oggi sappiamo che entro fine mese ci saranno altri morti, ma non siamo in grado di impedirlo. È incredibile, è come se sapessimo che questa settimana sull’Autosole ci saranno 100 morti e l’unica soluzione è chiudere l’autostrada, o magari bombardarla. Ci vogliono soldi e risorse, ma l’unica cosa che manca è la volontà politica. Non parlo solo dell’Europa, anche l’Onu è chiuso in un silenzio imbarazzante.
È appena rientrato dalla Sierra Leone. Che Paese ha lasciato?
L’epidemia di Ebola è durata più di anno e ancora non è finita. Ora tutto è bloccato: gli ospedali, le scuole, gli aeroporti. Per ripartire occorrono cifre enormi, a cui si aggiunge il fardello della corruzione che in alcuni Paesi africani è peggio che in Italia. Beh, per la verità di questo non sono sicuro (ride).
Come ha reagito l’Occidente?
La risposta è stata molto tardiva. Circolano delle mail interne alle grandi organizzazioni internazionali, a partire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità , dove si invitava alla cautela nel dichiarare l’epidemia per non compromettere gli interessi economici. Questo ha ingigantito il dramma: per la prima volta un’epidemia di Ebola si è espansa in un’intera area del globo, l’Africa occidentale.
Cosa farà ora?
Abbiamo tanti progetti, non solo all’estero. La nostra assistenza in Italia non è più rivolta solo ai migranti, ma anche a tutti quei cittadini che non riescono più a curarsi degnamente. Anche questo, così vicino a noi, è uno scandalo insopportabile.
Alessio Schiesari
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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