INTERVISTA A VINCENZO SPADAFORA: “O SI CAMBIA O IL M5S FINISCE QUI”
“LA SCISSIONE E’ DIETRO L’ANGOLO”… “CONTE? BASTA RINVII, SUBITO UN’ASSEMBLEA DEGLI ELETTI O NON SE NE ESCE”
Vincenzo Spadafora, che succede con la sentenza del tribunale di Cagliari che dà ragione a Casaleggio? Non potete più votare Conte come capo politico, tecnicamente. Tra l’altro Casaleggio non vi cede l’elenco degli iscritti. Dunque né si può votare e non avete l’elenco.
Ci siamo infilati da soli in un caos inestricabile sul piano amministrativo: siamo arrivati al punto che ora è un tribunale a dover prendere decisioni, e sappiamo per certo che i tempi di queste decisioni saranno lunghi, perché da un lato non abbiamo nessun rappresentante eletto dagli attivisti, dall’altro non possiamo eleggere un rappresentante perché non abbiamo le liste degli iscritti a Rousseau.
Appunto, dunque?
Se il M5S non ha ora, subito, la capacità di fare uno scatto non se ne esce, e per farlo occorre la grande assente delle discussioni degli ultimi mesi: la politica. La mia proposta è semplice: autoconvocare un’assemblea degli eletti ad ogni livello, dai comuni al Parlamento, e cercare insieme, discutendo, il modo di tagliare questo nodo.
Bel casino, dice lei… È letteralmente finita a carte bollate.
Mi sembra evidente, e credo che chi ci ha portato fin qui debba assumersene tutta la responsabilità.
A chi si riferisce?
A chi non ha voluto e non vuole fare presto una riflessione seria sugli errori che ci hanno portato fin qui. Purtroppo il M5S non lo hai mai voluto fare. Non basta oggi chiedere le dimissioni di Crimi o di altri, servirebbe a poco.
Non pensa che questo ginepraio giuridico disvela l’equivoco di fondo? E cioè i partiti o sono democratici, o non sono. È entrato in crisi un modello para-proprietario.
La democrazia diretta resta una straordinaria intuizione che avrebbe garantito al Movimento una gestione democratica. Ma gli strumenti per attuarla non possono essere chiusi in un cassetto, altrimenti si finisce per litigare su chi ne tiene la chiave. La verità è che questa intuizione non è stata mai portata a compimento fino in fondo.
Lei dice: convochiamo un’assemblea, ma per fare cosa? Conte ha sempre insistito per una separazione consensuale con Casaleggio, ma c’è il problema dei soldi. Non fa prima a fondare un suo movimento ex novo?
Io mi rifiuto di pensare che la storia di un Movimento che ha comunque cambiato lo scenario politico da oltre dieci anni, contribuendo ad approvare numerose riforme per il Paese, debba concludersi qui. Nel M5S ci sono ancora energie ed intelligenze per far sopravvivere una esperienza politica. Conte dovrebbe rappresentare un valore aggiunto a questa storia senza doversene inventare una nuova.
Sì, ma lei vede margini per una separazione consensuale? E aggiungo: a che prezzo, visto che Casaleggio chiede 450mila euro?
A questo punto credo che sarà un Tribunale a contribuire a rispondere a questa domanda.
A me sembra che i parlamentari non siano disposti a pagare, sbaglio? Piuttosto si rischia la fuga di massa dal Movimento di quelli che non hanno certezza di rielezione.
La stragrande maggioranza dei parlamentari ha versato quanto stabilito, nonostante la confusione degli ultimi mesi. Oggi tra i miei colleghi c’è solo tanto smarrimento perché nessuno detta più una linea da quando Di Maio si è dimesso. Successivamente si sono prese decisioni che venivano di continuo cambiate secondo gli interessi del momento di qualcuno. Ora serve chiarezza per tenere il gruppo unito ma il rischio di scissione è ormai dietro l’angolo.
Scissione di chi?
Di una parte del gruppo parlamentare che potrebbe pensare a un nuovo progetto politico.
Prima però va sciolto qualche nodo politico di fondo. Lei, che è stato un protagonista del vecchio Movimento, è d’accordo con l’idea di “rifondazione” di cui ha parlato l’ex premier. Cosa va rifondato? È solo questione di statuto?
Al momento siamo tutti all’oscuro su questa idea di “rifondazione”, mentre dovremmo essere tutti protagonisti di un cambiamento che è necessario e deve essere radicale. La questione dello Statuto, che è importante, dovrebbe venire alla fine della riflessione: prima il progetto politico, poi le regole e il quadro giuridico che ci consenta di realizzarlo.
Insomma, sta dicendo, Conte ha avuto un approccio troppo leguleio.
Io non voglio discutere di norme e codici, io voglio contribuire a disegnare il progetto politico del futuro. In queste settimane abbiamo avuto a che fare solo con avvocati, notai e tribunali. Posso solo immaginare le difficoltà di un consigliere comunale o regionale in questi mesi nel confrontarsi con gli attivisti e gli elettori: quale è la linea? Chi decide? A chi può rivolgersi? Il rapporto col territorio era la chiave della diversità del Movimento, rischiamo di perderla del tutto.
Però scusi, non pensa che il tempo sia scaduto? Questa roba di Conte sembra aspettando Godot, è un rinvio costante come ai tempi di palazzo Chigi.
Certo, ma non è scaduto ora, è scaduto da mesi. Dopo le dimissioni di Di Maio, richieste a gran voce da molti protagonisti dell’attuale débâcle, si doveva aprire subito una fase di rifondazione che nel giro di pochi mesi avrebbe dovuto disegnare il Movimento dei prossimi anni, ragionare sulle prossime generazioni e come rendergli possibile disegnare il proprio futuro, i nuovi lavori, una idea di Paese. Si è visto come è finita.
Nel frattempo siete afoni sul governo, complice l’assenza di leadership. Avete ottenuto l’impegno dell’ecobonus, ma nel Recovery non avete spuntato le coperture, rimesse alla legge di stabilità. Per il resto non pervenuti.
Le trattative di governo sono state un completo insuccesso per il M5S con effetti estremamente negativi su tutta l’azione politica. In assenza di una leadership, durante il Conte due il Movimento ha espresso la sua linea politica attraverso l’azione portata avanti dalla delegazione di governo, proponendo misure e provvedimenti che i cittadini riconoscevano come bandiere del M5S.
E con Draghi siete scomparsi.
È vero che il governo Draghi per sua natura ha depotenziato la forza di tutti i partiti ma la nostra è sicuramente quella che ha pagato il prezzo più alto e quella di cui si è persa maggiormente voce e identità. Voglio sottolineare che questa mancanza di linea è ancor più grave in un momento in cui si può incidere nel più grande piano di riforme di sempre, col Pnrr, e scegliendo persone nei posti chiave delle prossime nomine che saranno centrali nell’attuazione del Recovery Plan.
Anche questa battaglia del ddl Zan, guidata dal Pd. Ma perché se è così cruciale non lo avete approvato quando governavate e pretendete di farlo con Salvini? Per provare a fare in modo che rompa con la maggioranza?
Nel M5S ci sono molti colleghi che sui temi dei diritti hanno posizioni nette, penso alla collega Maiorino che ha scritto buona parte del testo ora noto come DDL Zan, alla collega Spadoni e tanti altri.
Però?
Però va detto che una linea politica unitaria sul tema non c’è mai stata, durante il Conte 1 mi trovai contro Salvini che chiedeva le mie dimissioni da sottosegretario alle Pari Opportunità su questi temi. Torniamo al solito discorso: quando abbiamo avuto posizioni interne divisive non abbiamo affrontato un dibattito chiarificatore, abbiamo sempre preferito rimuovere in nome di una finta unità.
Dicevamo, i nodi politici di fondo. La prima questione è il rapporto con Grillo. Diciamocelo, il vero capo è ancora lui: è intervenuto sul doppio mandato, ha nominato Conte, ma non gli ha dato pieni poteri, ha preteso la solidarietà sulla vicenda del figlio.
Grillo insieme a Gianroberto Casaleggio ha fondato il M5S e lo ha imposto con grande forza e coraggio nello scenario politico nazionale, cambiando la storia politica dell’ultimo decennio. È evidente che voglia continuare a dire la sua ma credo che anche lui ormai si renda conto che così non andiamo da nessuna parte.
L’altra questione sono le alleanze. Che senso ha questa prudenza a definire il Pd un “alleato”?
Nessuna, anche perché né noi né il Pd possiamo avere alcuna speranza di vincere le prossime elezioni se non andremo uniti. E vincere le elezioni significa mantenere le promesse fatte ai cittadini. Alle precedenti elezioni gli elettori ci hanno votato soprattutto per punire le forze politiche tradizionali. Poi si aspettavano da noi risultati importanti nell’azione di governo che però sono arrivati pian piano perché ci siamo scontrati con la realtà dei fatti, con la difficoltà di governare, con lo spazio che divide una promessa elettorale dalla possibilità di attuarla. Ora la domanda è: perché alle prossime elezioni dovrebbero votarci ancora? O diamo una prospettiva seria e credibile ai cittadini o la storia finisce qui.
Anche lei considera destra e sinistra categorie superate?
Insomma… per certi aspetti posso anche essere d’accordo ma ci sono valori e principi che, per esempio, personalmente mi divideranno sempre dalla destra. Oggi si usa dire che l’importante è fare le cose per i cittadini ma senza una visione della società e dei principi a cui ispirarti il Paese non progredisce, al massimo si accontentano alcune categorie.
Però le alleanze non si costruiscono con le chiacchiere, ma con atti concreti. A Roma, ad esempio, è una bestemmia ipotizzare un passo indietro della Raggi?
Il problema è un altro: chi si sta occupando di queste amministrative?
Sempre lì torniamo.
Beh, se il Pd vuole confrontarsi con noi su Roma e le altre città quale numero di telefono compone? Qualcuno dovrà assumersi queste responsabilità e se Conte pensa di aspettare anche le elezioni comunali per scendere in campo rischia di non trovare più nulla.
(da Huffingtonpost)
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