INTERVISTA ALL’EX DIPLOMATICO USA IN MEDIO ORIENTE: “ISRAELE INDEBOLIRA’ HAMAS, MA POI?”
“SIAMO ALL’INIZIO DI UN TUNNEL LUNGO E BUIO”
Aaron David Miller è un analista americano. Tra il 1978 e il 2003, Miller ha prestato servizio presso il Dipartimento di Stato come storico, analista, negoziatore e consigliere dei segretari di stato repubblicani e democratici, dove ha contribuito a formulare la politica statunitense sul Medio Oriente e il processo di pace arabo-israeliano. È vicepresidente e direttore del programma per il Medio Oriente del think tank Woodrow Wilson International Center for Scholars. È anche un analista di affari globali per la CNN. Huffpost lo ha intervistato per fare un punto sul conflitto tra Israele e Hamas, in attesa della grande operazione su terra dell’esercito israeliano, prevista a breve. Secondo Miller, però, adesso, la questione della Striscia di Gaza diventa politica. Una volta che Israele eliminerà la leadership di Hamas, chi si occuperà della sicurezza nella Striscia?
Aaron David Miller, Israele vuole eliminare la leadership di Hamas a Gaza. Ma la questione, come scrive il Wall Street Journal, ora è politica: cosa potrebbe succedere, dopo, nella Striscia?
Alla fine Israele riuscirá a indebolire le forze di Hamas abbastanza da togliere la capacità all’organizzazione di comandare la Striscia, di averne il controllo. La forza di Hamas sarà così indebolita che emergerà una nuova realtà, che non so, però, al momento, quale possa essere. Perché guardiamo la situazione corrente: gli Stati arabi non possono agire come garanti della sicurezza. Le Nazioni Unite potrebbero esercitare il ruolo di garanti della sicurezza, ma solo nel tempo. L’Autorità Nazionale Palestinese è troppo debole per farlo e Israele non ha la minima intenzione di rioccupare Gaza. Quindi è una situazione molto incerta. Penso che nessuno in questo momento possa dire cosa succederà. Siamo all’inizio di un tunnel molto lungo e buio.
L’Iran ha minacciato di rispondere a Israele se i “crimini continuano”. Come pensa che si allargherà il conflitto nei prossimi giorni?
Penso che questa guerra abbia già iniziato a scatenare conflitti nei Paesi confinanti. Non penso però che Hezbollah entri nel conflitto: Hamas, in fin dei conti, sta già svolgendo il lavoro per lei. Non penso che Hezbollah voglia iniziare una guerra quando non è implicata in prima persona, quando non è costretta a iniziarla. Vale la stessa cosa con l’Iran. Non penso che l’Iran voglia un’escalation con Israele, che porterebbe poi all’intervento degli Usa.
Secondo lei gli Usa hanno sottovalutato ciò che stava succedendo in Israele? Negli ultimi mesi parlavano di un Medio Oriente come più tranquillo rispetto a quello che è stato negli ultimi due decenni…
Su questo tema si possono fare delle affermazioni generali. La Cisgiordania è sempre sull’orlo di un’esplosione. Gaza ha avuto almeno quattro conflitti negli ultimi tempi, nel 2008, 2009, 2011, 2013. Nessuno poteva prevedere che sarebbe successo ciò che è accaduto. Nessuno poteva anticipare l’attacco organizzato in più direzioni che Hamas ha compiuto contro Israele nel sud. Nessuno poteva anticipare il grado di ferocia, di brutalità di questo attacco. Hanno adottato le stesse modalità dell’Isis. Nessuno si è accorto di quello che stava succedendo. La CIA non se ne è accorta, l’Intelligence israeliana, che è letteralmente a fianco di ciò che stava accadendo, non se ne è accorta, gli europei non se ne sono minimamente accorti. Il punto è che c’è stata tante volte la minaccia da parte di Hamas: se non rispettate la causa palestinese ci sarà un’escalation, una guerra. E ci sono stati conflitti, ci sono stati attacchi, ma mai di una grandezza simile a quest’ultimo. Non si poteva sapere che un attacco del genere sarebbe davvero arrivato ora e con queste modalità.
No, non c’è nulla di totalmente finito. Cioè, mi spiego meglio. Per il momento l’accordo è assolutamente morto. La normalizzazione non ci sarà assolutamente in tempi più o meno vicini. Ma nel tempo l’accordo potrebbe risorgere, una volta che si stabilizza la situazione in Israele. C’è però un punto, che è da sottolineare. I sauditi finora non si sono sentiti di condannare Hamas e questa è un’azione che potrebbe rendere l’accordo molto più difficile da raggiungere in futuro, anche se i colloqui dovessero ricominciare.
Come influirà questa guerra sulla possibile rielezione di Joe Biden alla presidenza Usa?
Non penso che avrà alcun impatto, perché i cittadini Usa non sono focalizzati su questo. A meno che gli Usa non decidano di aprire un confitto più su larga scala con l’Iran, cosa che penso poco probabile.
Che cosa pensa dei colloqui per la de-escalation tra il segretario di Stato Usa Antony Blinken e l’omologo cinese Wang Yi?
Non sono assolutamente utili. Anzi sono in gran parte solo una performance, un atto di forma, ma non di contenuto.
Chi sono, secondo lei, i mediatori che hanno più possibilità in questo momento nel conflitto?
Per il momento solo la Turchia è riuscita a mettere in campo una piccola, ma importante mediazione. L’Egitto sta discutendo con gli Usa di corridoi umanitari, ma non penso possa fare molto sul lato della mediazione. È necessario dire che finché non ci sarà un’evoluzione del conflitto, nessuna mediazione significativa che possa prevenire il conflitto è possibile. Siamo tutti in balia della guerra tra Israele e Hamas, che sarà incredibilmente ampia e lunga.
(da agenzie)
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