L’AMBASCIATORE DI FERRAGOSTO LETTA (ZIO) SALE AL COLLE
ALLA VIGILIA DEL 15, L’INCONTRO CON NAPOLITANO: “VISITA DI CORTESIA” MA È L’ULTIMA CARTA PER IL PDL PER TENTARE LA STRADA DEL SALVACONDOTTO
L’ultimo ambasciatore, di sicuro quello più importante, arriverà alla vigilia di Ferragosto.
Di fatto, ancora un incontro informale, “una visita di cortesia in amicizia”. Gianni Letta sarà probabilmente ricevuto da Giorgio Napolitano il 14 agosto, con la “casta” politica in vacanza e solo Angelino Alfano, in qualità di ministro dell’Interno, a presidiare la tenuta della strana maggioranza direttamente dall’ufficio del Viminale, come vuole la tradizione.
La missione di Letta è già stata ribattezzata dai falchi del Pdl come la missione non “impossibile”, ma “inutile”.
D’altra parte, nei giorni scorsi, ben tre “ambasciatori” di Berlusconi, sempre per vie assolutamente informali, hanno tastato il polso del Quirinale sulle varie ipotesi in campo (dalla grazia al salvacondotto), traendone tutti il medesimo, nefasto presagio (per l’ex Cavaliere). Ossia: Giorgio Napolitano non muoverà un muscolo per salvaguardare l’agibilità politica di Silvio Berlusconi.
E comunque non ora, non adesso. Specie dopo le polemiche che si sono levate a seguito dell’intervista del giudice Esposito e il modo “sguaiato” con cui i giornali del Cavaliere, ma anche i suoi falchi, si sono subito scagliati sulla preda nella speranza di trarne l’ennesimo motivo di pressione per far tornare il nastro al giorno prima del 31 luglio, quando ancora Berlusconi non era “un delinquente”.
Ecco, la canea di chi invoca ora la revisione del giudizio della Cassazione e quella caccia alla bobina dell’intervista del giudice per farne l’ennesima bandiera contro la magistratura, stanno irritando pesantemente il Capo dello Stato.
Che è sempre meno disposto a sentire le tante sirene che un giorno si e l’altro pure, arrivano a sollecitarlo a trovare una soluzione “politica” per il pregiudicato Berlusconi.
L’ultima carta da giocare è dunque quella di Gianni Letta.
La visita al Quirinale del gran visir del centrodestra ha anche lo scopo di tenere a bada i falchi pidiellini, in special modo quel Denis Verdini che da quando l’ex Cavaliere è stato condannato non gli dà pace e continua a intimargli “che se non stacchiamo la spina noi subito, poi saremo travolti e non ne resterà uno di noi, non solo saremo senza leader ma anche senza partito”. Dall’altra parte le colombe, soprattutto Maria Stella Gelmini ma anche lo stesso Alfano e Maurizio Lupi, a dire che, invece , anche quell’intemerata sull’Imu, di chiaro stampo elettorale, proprio non ci voleva.
E, soprattutto, non è servita a nulla: questo governo è l’ultima chance, “se lo facciamo cadere, saremo travolti e resteremo all’opposizione per un tempo lunghissimo, immemorabile”.
Sul te,a ieri si è espresso il presidente del Senato, Pietro Grasso, che ha rotto per la prima volta il silenzio in cui era precipitato dopo la condanna del senatore Berlusconi: “Non è possibile pensare di tornare al caos e all’assenza di governo con le elezioni, bloccando quello che si sta cercando di fare. Non c’è alternativa, bisogna andare avanti”.
La carta Letta, quindi.
L’unico che il Quirinale ascolta, di quell’area politica, senza provare fastidio.
Ma è probabile che anche allo stesso ex sottosegretario, Napolitano dica con maggior chiarezza quello che ha fatto trapelare già da giorni attraverso altri, “anonimi” messaggeri.
Che di grazia non ne vuol sentir parlare e che un caso Sallusti bis non è nel novero del possibile. Ma che, soprattutto, se proprio ci si aspetta un segnale, questo non riguarderà in alcun modo la persona di Silvio Berlusconi, ma casomai una delle sue battaglie, quella sulla riforma della giustizia: un’idea già espressa da Napolitano, a caldo, dopo la sentenza, che potrebbe essere ribadita con maggior forza.
Ad un patto, però: che Berlusconi accetti senza provocare terremoti, sia l’eventuale espulsione dal Parlamento che i possibili domiciliari.
E che, se di grazia di vuole comunque parlare, che sia lui stesso a chiederla senza far agire elementi terzi (i figli, per esempio) che non sortirebbero nessun tipo di risultato, ma creerebbero solo imbarazzo.
Al Colle, prima che alla famiglia
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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