LA COLPA E’ NOSTRA SE VENIAMO STUPRATE?
LO SCANDALO DELLA SENTENZA DI TORINO
Stamattina sono andata al mercatino domenicale. Mi sono accorta solo quando ero già fuori d’avere sbagliato una serie di cose, accidenti a me. Anzitutto ho messo i jeans celesti, quelli molto attillati. Li ho scelti perché sono leggeri, e mi piacciono, e non ho pensato al pericolo. Che stupida. Sono davvero senza cervello, come dicono che siamo noi donne. Stavo attenta a muovermi, tra le bancarelle, per non attirare sguardi. A un certo punto ho controllato la tenuta della cerniera, non si sa mai. Con jeans attillato e cerniera rotta non avrei avuto scampo, chiunque si sarebbe sentito, come avevano detto quei giudici nella sentenza di Torino? Ah già,“invitato a osare”. Perché si sa, lo diceva pure mia nonna, “l’uomo è cacciatore”, e si ti fai selvaggina la colpa è solo tua.
Così, quando sono entrata nel bar e ho preso il caffè sono stata molto attenta, mi sono messa in un angolino in disparte: metti che entrava un maschio e vedeva i miei jeans, poverino, non avrebbe avuto scampo. Si sa, i maschi sono sempre col testosterone agli occhi, sono creature impetuose, sta a noi non provocarli, no? Poi ho chiesto dove fosse il bagno, e due, tre teste si sono voltate. E si capisce, il bagno è un luogo simbolico. Sono sgattaiolata in fondo al locale, la porta non si chiudeva bene, e lì ho avuto davvero paura. Metti che passava qualcuno e s’accorgeva della porta chiusa male: era un evidente invito a entrare, no? Se poi fosse stato uno che conoscevo, uno con cui magari in passato c’era stato qualcosa – che noi femmine siamo fatue e poco serie, certe volte – allora sarebbe stato matematico. I jeans, la cerniera, il bagno, la porta: ma che dovrebbe fare un maschio per trattenersi, in certe condizioni?
Ormai lo sappiamo, lo sapevamo da prima – ce n’erano state altre sentenze, a segnalarci tutto quello che non dobbiamo fare, se vogliamo stare al sicuro: la minigonna, l’atteggiamento, il troppo alcool, una vita sessuale libera, anzi una vita sessuale – ma in qualche modo quella di Torino è stata rivelatoria e definitiva: la colpa è nostra se veniamo stuprate, punto. Dopotutto, se lasci la borsa aperta e sparisce il portafoglio puoi seriamente sostenere che la colpa è di chi te lo ha rubato? No, la colpa è tua che non hai chiuso la borsa. Anzi che ce l’avevi, la borsa, e sei persino uscita, a esibire il tuo portafogli malcustodito. Stando a casa non ti sarebbe capitato. Si chiama TLSC: te la sei cercata.
Certo, nei tribunali non è facile trovare derubati accusati di induzione al furto, truffati accusati di arrendevolezza alla truffa, malmenati accusati di provocazione. Invece di stuprate accusate di stupro indotto – a mezzo jeans attillato, porta socchiusa, minigonna o “rifiuto poco deciso”, qualunque cosa sia – ce ne sono un sacco. E’ che siamo donne, non impariamo mai. Meno male che gli uomini ce le spiegano, le cose.
E ora scusate, ordino online un burka. Le sorelle che lo portano, dopotutto, lo fanno per una buona causa: non provocare gli istinti maschili. Ecco.
(da Huffingtonpost)
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