LA CORTE COSTITUZIONALE ALBANESE HA DATO IL VIA LIBERA AL PATTO CON L’ITALIA CON 5 VOTI FAVOREVOLI E 4 CONTRARI
PER IL PAESE BALCANICO È UNA MANNA DAL CIELO: IL PROTOCOLLO VALE UN PACCO DI SOLDI E INVESTIMENTI. TIRANA SI PRENDERÀ SUBITO 16,5 MILIONI, NEL 2024 NE ARRIVERANNO ALTRI 89. E POI, PER I SUCCESSIVI QUATTRO ANNI, VIA CON ALTRI 480 MILIONI. POI C’È IL COSTO DELLA COSTRUZIONE DEI CPR. IL TUTTO PER L’OSPITALITÀ A UNA MANCIATA DI MIGRANTI
Il protocollo Italia-Albania è in linea con la Costituzione albanese. Così l’Alta corte di Tirana ieri ha dato il via libera all’intesa per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, firmato lo scorso 6 novembre, dal primo ministro Edi Rama e dalla premier Giorgia Meloni.
La decisione è arrivata in anticipo rispetto al 6 marzo, data limite che la Corte aveva per giudicare la costituzionalità dell’accordo, che prevede la realizzazione di due centri per migranti sul territorio albanese, dove portare le persone salvate in acque internazionali dalle imbarcazioni delle autorità italiane.
Cinque giudici su nove hanno considerato l’intesa legittima, respingendo il ricorso dei 29 deputati dell’opposizione albanese che nutrivano dubbi sul rispetto della Costituzione e delle convenzioni internazionali.
I giudici costituzionali hanno precisato che «il protocollo non stabilisce i confini territoriali né altera l’integrità territoriale della repubblica d’Albania», non producendo quindi effetti sul territorio in senso fisico. Inoltre, hanno aggiunto, insieme al diritto italiano si applicherà il diritto albanese. Al contrario di quanto si legge sul testo presentato alla Camera secondo cui si applicherà solo la legge italiana.
L’intesa, continua la corte, «non crea nuovi diritti e libertà costituzionali e non impone restrizioni aggiuntive ai diritti e alle libertà umane esistenti, al di là di quanto previsto dall’ordinamento giuridico albanese».
Con la decisione della Corte la ratifica dell’accordo torna ora all’esame del parlamento albanese. Ma, secondo l’Albanian Post, non dovrebbero esserci ostacoli
Sembra quindi avvicinarsi l’operatività dell’accordo quinquennale, rinnovabile per altri cinque anni, considerando che, come aveva rivelato Domani, una delegazione dell’esercito è già volata a Tirana, il 19 gennaio, per i primi sopralluoghi nelle aree interessate. Ma i dubbi sulla legittimità dell’intesa non sono ancora stati risolti.
In base al contenuto del protocollo, l’Albania concede all’Italia a titolo gratuito il diritto di utilizzo di determinate aree sul suo territorio su cui realizzare le due strutture, dove inviare massimo 3mila persone al mese salvate in acque internazionali.
Un primo centro sarà realizzato nei pressi del porto di Shëngjin, sulla costa settentrionale del paese, per le procedure di ingresso. La seconda struttura è invece prevista a una ventina di chilometri nell’entroterra, a Gjadër, e valuterà le richieste di protezione internazionale e gli eventuali casi di rimpatrio.
Due strutture che, secondo quanto risulta a Domani, dovrebbero essere entrambe di nuova realizzazione, i cui costi rimangono però un mistero. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, lo scorso dicembre, ha assicurato che non si supereranno i 200 milioni.
Secondo il protocollo, tutti i costi verranno coperti dall’Italia, così come rimane di competenza italiana la gestione dei centri e la giurisdizione. Rimane invece esclusa la sicurezza esterna delle strutture: spetterà alle autorità albanesi, si legge nel testo, «il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica nel perimetro esterno alle aree e durante i trasferimenti via terra, da e per le aree».
Restano però molti punti da chiarire e molti dubbi sulla garanzia dei diritti delle persone migranti. A partire dal fatto che le navi battenti bandiera italiana, come quelle che dovrebbero portare i migranti in Albania, sono da considerarsi, secondo la normativa, territorio dello stato di appartenenza. Le persone si troveranno già sul territorio di uno stato membro dell’Ue e «viene pertanto meno l’oggetto stesso del protocollo, che è di accertare il diritto all’ingresso», sottolinea un’analisi dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione.
Non è poi chiaro come considerare l’Albania il luogo sicuro di approdo più vicino, come richiede il diritto internazionale, né come verrà assicurato il diritto di difesa ai migranti.
(da Editoriale Domani)
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