LA CORTE D’APPELLO DI MILANO SMENTISCE IL GOVERNO SUL CASO DELLA FUGA DI ARTEM USS
SECONDO LA RELAZIONE DEI GIUDICI INVIATA AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, IL GUARDASIGILLI, CARLO NORDIO, NON AVREBBE INVIATO LA NOTA DEL GOVERNO USA CHE CHIEDEVA DI FAR TORNARE IN CARCERE LA SPIA RUSSA… IL 9 DICEMBRE NORDIO SI SAREBBE LIMITATO A GIRARE LA RISPOSTA CHE LUI STESSO AVEVA DATO A QUELLA NOTA 3 GIORNI PRIMA, IN CUI SPIEGAVA CHE LA COMPETENZA A DECIDERE SUL CARCERE È DELL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA… IL GIALLO DEL MANCATO SEQUESTRO DI CELLULARI E COMPUTER
Il ministro Carlo Nordio non inviò alla Corte d’appello di Milano la nota del Dipartimento Usa della Giustizia che chiedeva di far tornare in carcere Artem Uss, a cui erano stati concessi i domiciliari.
Ai giudici il Guardasigilli si limitò a girare il 9 dicembre la risposta che lui stesso aveva dato a quella nota 3 giorni prima con cui spiegava che la competenza a decidere sul carcere è dell’autorità giudiziaria e che la misura degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, è equiparabile alla custodia in carcere. E’ quanto emerge dalla relazione inviata dalla Corte al ministero.
«Questo ministero rappresenta che nell’ordinamento giuridico italiano la misura cautelare degli arresti domiciliari, che nel caso di Artem Uss è resa più sicura dall’applicazione del braccialetto elettronico, è in tutto equiparata alla misura della custodia in carcere».
La risposta, che attraverso «accertamenti ispettivi» sui giudici milanesi il ministero della Giustizia va cercando sul perché il 40enne uomo d’affari russo (accusato dagli americani di contrabbandare petrolio e tecnologie) fosse rimasto nella sua villa di Basiglio agli arresti domiciliari concessigli dalla Corte d’Appello di Milano il 25 novembre 2022, dopo quasi 40 giorni nel carcere di Busto Arsizio dal 17 ottobre, sta in un documento che il ministero della Giustizia è immaginabile conosca bene perché ne fu l’autore: la lettera di risposta il 6 dicembre 2022 alle doglianze con le quali il 29 novembre il dipartimento di Giustizia statunitense aveva «esortato le autorità italiane a prendere tutte le misure possibili» per evitare «l’altissimo rischio di fuga di Uss»: poi davvero evaso dai domiciliari il 22 marzo all’indomani del primo via libera in Appello all’estradizione, banalmente staccando dalla piattaforma wi-fi il braccialetto elettronico e portandoselo via nella fuga organizzatagli dai favoreggiatori in auto verso Slovenia e Serbia, e da qui in Russia.
La rassicurazione fu data dal ministero anche se gli americani nella loro lettera avevano elencato «negli ultimi tre anni sei casi di latitanti fuggiti dall’Italia mentre era in corso una richiesta di estradizione negli Stati Uniti».
Del resto, mentre per legge la Corte d’Appello avrebbe potuto autonomamente ripristinare il carcere solo in caso di violazioni da parte di Uss, a chiederle di rimetterlo in carcere avrebbero potuto essere sia la Procura generale, sia il ministero, che aveva chiesto il carcere all’inizio il 19 ottobre quando Uss già vi si trovava, e al quale l’articolo 714 del codice di procedura conferisce questa facoltà «in ogni tempo» del procedimento: ma neanche il ministero ritenne di chiedere ai giudici di far tornare Uss dai domiciliari al carcere.
E se è intanto evidente che in generale andrà meglio tarato l’utilizzo dei braccialetti elettronici, da capire resta anche la ragione per cui cellulari e computer di Uss, di cui gli americani sin da ottobre 2022 chiedevano all’Italia il sequestro insieme al suo arresto a Malpensa, non siano stati sequestrati dalla polizia operante all’aeroporto, ma solo il 13 marzo 2023 dalla Procura della Repubblica di Milano, alla quale ora chiede lumi la Procura generale.
(da agenzie)
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