LA CRISI DI CONDOTTE METTE A RISCHIO DECINE DI OPERE PUBBLICHE
DALLA STAZIONE TAV DI FIRENZE ALLA CITTA’ DELLA SALUTE DI SESTO S GIOVANNI
In molti non conoscono il nome della società , ma di certo hanno utilizzato una delle tante infrastrutture realizzate in lungo e in largo per l’Italia e nel mondo.
Si tratta della Società italiana per Condotte d’Acqua (in breve Condotte) il colosso romano delle costruzioni che sta tenendo migliaia di dipendenti col fiato sospeso e molti cantieri aperti appesi ad un filo sottile.
La situazione economica — a cui di recente si è aggiunto lo scandalo giudiziario per corruzione che ha portato all’arresto presidente del consiglio di gestione Duccio Astaldi — mettono seriamente a rischio la prosecuzione di lavori strategici come il nodo dell’alta velocità di Firenze (l’opera commissionata da Rfi e che vale circa 800 milioni), il lotto Rosolini-Modica della superstrada Siracusa-Gela (215 milioni per l’opera commissionata dal Consorzio per le autostrade siciliane), la Città della Salute a Sesto San Giovanni (900 milioni), e il nuovo Policlinico di Caserta (121 milioni).
Ma i problemi potrebbero arrivare anche per le opere da realizzare tramite un consorzio con altre aziende, che rischiano di dover trovare un nuovo partner che sostituisca il colosso romano: tra queste c’è la tratta dall’alta velocità Brescia-Verona (Condotte ha il 12%) e quella Verona-Vicenza (Condotte ha l’11%), il lotto austriaco del Brennero (Condotte ha il 35%) e il Mose di Venezia per il quale fa parte, insieme ad altre nove società , del Consorzio Venezia Nuova.
I problemi di Condotte — a capo del terzo gruppo di costruttori in Italia con 1,3 miliardi di fatturato consolidato e 5-6mila dipendenti — si sono palesati all’improvviso l’8 gennaio scorso quando i vertici hanno presentato al Tribunale di Roma la richiesta di concordato in bianco per far fronte, spiegava una nota, “al corposo portafoglio ordini (arricchito nel corso del 2017 da nuovi lavori che lo hanno portato a circa sei miliardi di euro) e all’oggettiva difficoltà di incasso degli ingenti crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni”.
La mossa a sorpresa è servita a bloccare le azioni esecutive e le istanze di fallimento dei creditori di Condotte: in primis le banche, verso le quali è esposta per 767 milioni di euro (secondo il bilancio 2016) e i fornitori ai quali deve oltre un miliardo.
Ora l’azienda ha tempo fino al 18 maggio (scadenza indicata dal Tribunale) per presentare un piano di concordato o soluzioni alternative in grado di rilanciare l’attività .
Nelle intenzioni di Condotte tale mossa dovrebbe servire a portare al tavolo delle trattative gli istituti di credito e arrivare alla ristrutturazione del debito bancario, magari allungando le scadenze attuali.
L’obiettivo è creare una Newco che inglobi la parte sana dell’azienda e il portafoglio ordini da 6 miliardi e lasciare i debiti all’interno di una bad company su cui accordarsi con le banche oppure proseguire sulla strada del concordato che comunque porterebbe ad un rimborso parziale dei debiti.
Nonostante la crisi del comparto edile sia da anni sotto gli occhi di tutti, la richiesta di concordato da parte di Condotte stride con la storia di un’azienda che ha sempre navigato in buone acque grazie ad un portafoglio commesse sempre più pesante in Italia e all’estero.
La società infatti fa sapere che non si tratta di una crisi industriale o di una carenza di lavoro, ma piuttosto di una crisi di liquidità causata soprattutto dai mancati pagamenti da parte dello Stato.
Guardando il bilancio 2016 di Condotte salta all’occhio l’indebitamento di circa due miliardi a fronte di un patrimonio della società di 214 milioni e il calo, nel giro di un anno, da 231 a 149 milioni delle disponibilità liquide.
Del totale dei debiti, i crediti vantati nei confronti della Pubblica amministrazione ammontano a 867 milioni di euro, un buco che nel 2017 ha continuato a crescere fino a sfiorare il miliardo.
Tra i responsabili del deterioramento dei conti di Condotte ci sono i grandi mali del comparto edile italiano: i tempi lunghi di cantierizzazione, la progettazione carente che comporta varianti in corso d’opera, i cantieri bloccati per motivi di varia natura, lo Stato avanzamento lavori (Sal) non pagato, i contenziosi aperti con le stazioni appaltanti e le Amministrazioni, i tempi biblici per i pagamenti.
L’esempio più calzante di questo quadro arriva da Firenze dove Condotte guida Nodavia, il consorzio che nel 2007 vinse l’appalto per la realizzazione della stazione sotterranea Foster, per il nodo dall’Alta velocità .
I lavori sono stati bloccati nel 2013 da un’inchiesta della procura di Firenze che ipotizzava il traffico illecito di rifiuti e che portò al sequestro della “talpa” Monnalisa. La questione dello smaltimento delle terre da scavo è ad oggi ancora irrisolta. Secondo Rfi dovrebbe arrivare a breve il via libera definitivo del Ministero dell’Ambiente al Piano di utilizzo delle terre (Put) bocciato a aggiornato dal consorzio Nodavia per ben due volte negli ultimi due anni. Intanto Rfi nel maggio 2017 ha deciso di riprogettare la stazione Foster; mossa che ha aperto una causa con Condotte per presunti extracosti per un valore di 130 milioni di euro.
Ad oggi, fanno sapere da Condotte, i lavori per la Tav fiorentina sono costati circa 100 milioni di euro, anticipati dall’azienda per pagare la fresa (trenta milioni) più un milione circa al mese di stipendi e manutenzione per tenere aperto un cantiere fermo da anni.
Solo per i lavori di Firenze, l’azienda sostiene di avere un contenzioso aperto con Rfi per quasi 500 milioni di euro.
E l’Odissea della Tav fiorentina non è ancora finita: nei giorni scorsi anche il Consorzio Nodavia ha presentato un’istanza di prenotazione per il concordato al tribunale di Reggio Emilia (dove ha sede) perchè, spiega il consorzio, “per le oggettive difficoltà di incasso dei crediti relativi agli extracosti maturati, Nodavia deve intraprendere un percorso di ristrutturazione dei propri debiti”.
Altro esempio è la nuvola di Fuksas a Roma (il nuovo centro congressi della Capitale) per la quale Condotte ha vinto una causa contro la Eus Spa che deve ancora versare al colosso romano 190 milioni.
A questo si aggiungono i rallentamenti dei cantieri del Terzo Valico a causa dell’inchiesta su Cociv; ma anche problemi di extracorsti non riconosciuti nell’autostrada in Algeria, e i contenziosi giudiziari in corso a Panama per impianti sportivi e un ospedale.
E il quadro italiano, costituito dalla crisi, dal concordato e dalle inchieste giudiziarie, pesa anche sugli appalti all’estero, da cui proviene circa metà del fatturato.
L’azienda senza liquidità e coinvolta in presunti casi di corruzione infatti inizia a trovare porte chiuse anche al di là delle Alpi. Altro elemento che di certo non aiuta.
(da “Business Insider”)
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