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LA DURA VITA DELL’AMBASCIATORE AI TEMPI DEL GOVERNO M5S-LEGA

IN TUNISIA E LIBIA I NOSTRI DIPLOMATICI COSTRETTI A SPIEGARE AI GOVERNI I DELIRI DEI NOSTRI MINISTRI, A PARTIRE DA SALVINI

Hai voglia correggere, precisare, smentire, edulcorare, rabbonire.
La dura vita di un diplomatico ai tempi del Governo gialloverde, nel quale le invasioni di un ministro, e vice premier, iper attivo, specie sui social, nel “capo” che spetterebbe a un collega che per indole e interpretazione del ruolo, è portato a non alzare i toni per rubare la scena mediatica.
E’ dura la vita di un ambasciatore, Lorenzo Fanara che, dando prova di una pazienza zen, deve spiegare alle autorità  tunisine che non è vero che Roma consideri la Tunisia “una esportatrice di galeotti”.
Ed è altrettanto, e forse anche più dura, la giornata di un ambasciatore, Gianpaolo Contini, rispedito al Cairo per difendere i nostri interessi petroliferi senza per far dimenticare alle autorità  egiziane che per l’Italia il caso Regeni non è passato nel dimenticatoio, come vorrebbe, al di là  delle dichiarazioni intrise di provocatoria ipocrisia, il presidente-generale Abdel Fattah al-Sisi.
Per non parlare poi della Libia, dove un attivissimo ambasciatore, Giuseppe Perrone, al quale era stato demandato il compito di difendere sul campo e nel caos (armato) libico quella che sino a poche settimane fa sembrava essere la posizione dell’Italia, e cioè sostenere fino in fondo il governo di (dis)Accordo nazionale libico guidato da un premier, Fayez al Sarraj, che ormai non controlla più neanche il quartiere di Tripoli dove vive, accerchiato da milizie ostili o da “alleati” che battono cassa per una diversa spartizione dei proventi petroliferi.
Per aver sostenuto che in un Paese dove esistono due governi, due parlamenti, oltre 250 milizie armate, tribù che dettano legge sui territori che controllano, in un Paese siffatto (la Libia oggi) parlare di elezioni entro l’anno, è un po’ azzardato, l’ambasciatore Perrone è stato dichiarato “persona non grata” dall’uomo forte della Cirenaica, il feldmaresciallo Khalifa Haftar, e con ogni probabilità  a Tripoli non rimetterà  più piede.
Sconcerto, disorientamento, imbarazzo, irritazione: sono gli stati d’animo che primeggiano parlando con diplomatici di lungo e meno lungo corso, che fanno fatica a ricordare momenti come questi, nei quali “non si fa in tempo a ricucire rapporti che subito arriva un altro strappo”.
Ogni giorno ha la sua grana. E quella odierna si chiama “Africa”. Un continente delle opportunità , un investimento per il futuro. Un futuro di cooperazione, aveva sostenuto con forza la vice ministra degli Esteri con delega alla Cooperazione internazionale, Emanuela Del Re, nell’intervista concessa ieri ad HuffPost.
Intervista molto apprezzata dal corpo diplomatico dei Paesi africani a Roma, sottolineano alla Farnesina, se non che, neanche ventiquattr’ore dopo, ecco abbattersi il “ciclone Salvini”.
L’Africa pretende le scuse del vicepremier e ministro dell’Interno. Le parole di Salvini sono motivo di “costernazione”, per l’Unione africana (Ua), che non ha gradito, per usare un eufemismo, l’accostamento dei richiedenti asilo agli schiavi, fatto dal leader della Lega al vertice di Vienna della scorsa settimana nello scontro, immortalato da un “video pirata” con il ministro del Lussemburgo L’Ua, di cui fanno parte tutti i 55 Stati africani, chiede conto al leader leghista.
“Nell’interesse di un impegno costruttivo sul dibattito sulla migrazione fra i due l’Unione africana chiede al vice primo ministro italiano di ritirare la sua dichiarazione sprezzante sui migranti africani. E’ opinione dell’Unione africana che gli insulti non risolveranno le sfide della migrazione che Africa ed Europa affrontano”, si legge nella nota ufficiale.
Dal canto suo, Salvini ha replicato: “Mi limiterò a rimandare il comunicato di tre giorni fa, in cui ho smentito qualsiasi equiparazione tra immigrati e schiavi.Mi resta il dubbio che a questo organismo sia arrivata una traduzione in francese non corretta”.
Ma non c’è bisogno di traduzione per ciò che è avvenuto ieri in commissione Affari europei della Camera.
Vietato l’Erasmus nei Paesi del Nord Mediterraneo. Il titolo dell’agenzia Dire sintetizza perfettamente l’accaduto. “Cortocircuito in maggioranza sull’estensione dell’Erasmus”, spiega l’agenzia.
Il punto è in discussione in XIV commissione affari europei della Camera, con la relazione della deputata Pd Marina Berlinghieri. Il M5s aveva proposto tra le modifiche al testo anche un riferimento a “iniziative per estendere, in futuro, il programma di scambio Erasmus anche ai Paesi che non sono membri dell’Unione europea, come quelli appartenenti al Nord del Mediterraneo, al fine di favorire un processo di integrazione non circoscritto ai confini comunitari”.
Peraltro è la linea indicata dal presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, che – durante il discorso sullo stato dell’Unione – ha promosso l’idea di una nuova alleanza tra Europa e continente africano. Ma nella bozza di parere depositata per la seduta di ieri mattina, l’apertura del M5s al Nord Africa è sparita.
La ragione? “A quanto apprende la Dire da fonti parlamentari, decisivo è stato il confronto tra M5s e Lega. Gli uomini di Salvini hanno ottenuto la cancellazione dei Paesi nord africani come possibili sedi Erasmus, pur mantenendo la possibilità  di svolgere il periodo di formazione oltre i confini dell’Unione”.
L’ultimo caso, in ordine di tempo, aperto da Salvini con un Paese africano, riguarda la Tunisia.
Nei giorni scorsi, le autorità  tunisine hanno risposto ‘”no” alla proposta del titolare del Viminale di rimpatriare i migranti sbarcati a Lampedusa con voli charter straordinari. A riportare la notizia è stato il Corriere della Sera, riferendosi ai 184 migranti sbarcati tra la sera di giovedì e la mattina di venerdì scorsi a Lampedusa a bordo di alcune piccole imbarcazioni. “Andranno via subito”, aveva assicurato Salvini parlando del caso. E l’ipotesi allo studio del Viminale era proprio quella di rimpatriare immediatamente i tunisini con i voli charter, basandosi su accordi già  esistenti con Tunisi.
Il ministro dell’Interno aveva anche avuto un colloquio con il suo collega tunisino a Vienna, dove si è tenuta la Conferenza sulle migrazioni. Ma evidentemente non ha dato i risultati sperati per Salvini.
Si dovrà  ora seguire la procedura ordinaria: il trasferimento sarà  quindi rallentato e sarà  possibile rimpatriare non più di 80 migranti a settimana con due voli. Uno previsto per il lunedì e l’altro per il giovedì.
L’accordo con la Tunisia prevede procedure semplificate – e dunque il rimpatrio con i voli charter – esclusivamente per quei tunisini che sbarcano sulle coste siciliane: i migranti vengono intervistati dal console di Tunisi a Palermo o da suoi rappresentanti e, una volta verificata la loro identità , vengono rimpatriati.
Sui charter possono essere imbarcati non più di 40 migranti, perchè ognuno deve essere scortato da due agenti di Polizia. Per tutti gli altri tunisini intercettati sul territorio italiano valgono invece le procedure ordinarie: i migranti vengono trasferiti nei Cie in attesa dell’identificazione da parte della autorità  di Tunisi.
“Stiamo lavorando sul flusso in arrivo dalla Tunisia. Martedì (oggi, ndr) avrà  un incontro a Roma” aveva affermato il titolare del Viminale. Ma dell’annunciato incontro non si ha traccia.
“Evidentemente il ministro Salvini ha una visione parziale e non certo benevola della Tunisia, viste anche le sue precedenti scivolate…”, aveva commentato con HuffPost una fonte vicina agli ambienti governativi di Tunisi.
La scivolata a cui la fonte fa riferimento, e che portò ad un passo dalla crisi diplomatica, data 3 giugno 2018: da Pozzallo, dove è in visita, il neo titolare della Farnesina si lascia andare a questa non certo benevola considerazione: “La Tunisia è un Paese libero e democratico che non sta esportando gentiluomini ma spesso e volentieri esporta galeotti”, afferma Salvini interpellato sui casi di intemperanza, registrati nei centri di accoglienza, che avrebbero tra i protagonisti migranti tunisini.
Il messaggio che da Tunisi è partito per l’Italia, destinazione Palazzo Chigi, Farnesina e Viminale, può essere sintetizzato così: non chiediamo motovedette ma di un progetto a tutto campo che incida sulle cause strutturali, crisi economica in primis, che portano giovani tunisini senza futuro ad essere attratti dai salari offerti dai trafficanti di esseri umani che spesso agiscono in combutta con i miliziani dello Stato islamico
La volontà  della Tunisia è quella di non modificare gli accordi prima di una vera e propria trattativa formale sul rinnovo dell’intesa, anche per poter negoziare con il governo italiano alcune nuove istanze che verranno presentate durante i colloqui ufficiali.
Discutere a tutto campo, spiegano a Tunisi, significa anche rendersi conto, da parte italiana ed europea, che la Tunisia, come peraltro la Libia, da Paese di transito si sta trasformando anche in Paese d’origine per ciò che concerne il fenomeno migratorio. Investire in cooperazione con i Paesi africani è nell’interesse dell’Italia.
Il ministro degli Esteri Moavero Milanesi e la numero due della Farnesina, Emanuela Del Re (pentastellata) ne sono profondamente convinti. Ma vallo a spiegare a Matteo (Salvini).
Per lui, sintetizza una fonte diplomatica agli Esteri, l’Africa dovrebbe essere un unico, gigantesco “Continente- hotspot”.
Ma l’Africa è anche un universo nel quale chi pratica solidarietà  rischia la vita.
E’ il caso di padre Pierluigi Maccalli, il missionario della Società  delle missioni africane (Sma), rapito in Niger lunedì sera, presso la missione in cui operava, a 125 chilometri dalla capitale Niamey. Non ci sono state ancora ufficialmente richieste di riscatto, ma padre Maccalli, “è vivo e sta bene”, a quanto ha riferito al telefono uno dei suoi confratelli, padre Mauro Armanino, missionario italiano impegnato a Niamey. “Il ministro dell’Interno ha detto che sta bene e per questo immagino che ci siano contatti con i rapitori”, ha detto padre Armanino, da sette anni operativo a Niamey, dove si trova la casa regionale della congregazione.
Proprio nella capitale del Niger, a quanto riferito dal religioso, sono rientrati tutti i missionari bianchi per questione di sicurezza e per fare una valutazione sul da farsi sia con le autorità  locali, che con i responsabili della Sma.
Diplomazia, in Africa come in Medio Oriente, vuol dire agire sul campo per salvare la vita dei nostri connazionali.
Sarebbe bene non dimenticarlo mai.

(da “Huffingtonpost“)

This entry was posted on mercoledì, Settembre 19th, 2018 at 21:17 and is filed under Esteri. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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