ABBIAMO DUE GOVERNI (SI FA PER DIRE)
SU MANOVRA, REDDITO DI CITTADINANZA, CONDONO FISCALE, OLIMPIADI E GENOVA, LEGA E M5S VIAGGIANO SU DUE PIANI DIVERSI
È la dinamica di due governi, quella che si materializza attorno alla grande frenata su Tria (e non solo).
Sentite Giancarlo Giorgetti, uno che va in tv solo quando il momento è cruciale. Ospite di Otto e Mezzo, risponde così, sul punto di maggiore tensione del governo: “Si può anche arrivare allo sforamento del due per cento, ma non con provvedimenti di tipo demagogico per acquisire consenso”. Entrando nel merito del reddito di cittadinanza, spiega che ci sarà , ma, per un governo che ha l’ambizione di durare cinque anni, non tutto e subito, “l’importante è che si cominci il sentiero”.
Non che si obbedisca a una pretesa.
E adesso sentite lo spin o, se preferite, l’umore di giornata che fonti M5s, le più esperte in materia di comunicazione, affidano ai giornalisti, a voce e in chat, con l’obiettivo — ormai funziona così — di condizionare un titolo ad affetto.
Le parole annunciano ora tremenda vendetta non contro Tria, tornato ad essere persona “seria”, ma contro i perfidi tecnici del Tesoro: “Se non trovano i soldi del reddito, il 2019 sarà dedicato a farli fuori, una marea di gente al ministero dell’Economia perchè sono loro che proteggono un sistema che non vuole cambiare e non ci fanno capire i conti”.
Insomma, ieri veniva pretesa la testa di Tria, oggi si annuncia la decapitazione non più del ministro, ma dei suoi di capi di gabinetto, tecnici, capi di dipartimento di via XX settembre, la cui nomina (e non è un dettaglio) e dunque il cui scalpo dipende solo dal ministro, non dal vicepremier.
Ma questo è un altro discorso. Domani chissà . Circola già un’altra idea e un altro proclama bellico, anch’esso velleitario. Ovvero “cambiare la manovra in Parlamento sul deficit, se Tria non cede sull’1,6%”.
Di qui a quando accadrà qualcuno avrà appreso che non è possibile cambiare lo scostamento di deficit e i saldi. Puoi semmai bocciare la manovra, ma è evidente che a quel punto cade il governo, non solo il ministro dell’Economia.
Questi dettagli – neanche tanto originali per chi ricorda come lo stesso Renzi inseriva le stesse “burocrazie” tra i nemici del cambiamento – rivelano che, in verità , le pistole di Luigi Di Maio sono piuttosto scariche, perchè se salta Tria salta il governo.
E dunque questa eventualità va esclusa nell’ambito della trattativa sulla manovra. Come aveva suggerito Draghi le parole possono provocare danni. E quelle sul ministro del Tesoro non sono state a costo zero.
Il vulcanico professor Brunetta, uno che lo spread lo conosce bene, ha subito notato che “le furiose uscite di Di Maio contro il ministro Tria hanno scatenato di nuovo le vendite sui nostri Btp, con il rendimento sul decennale che si è riportato sulla soglia del 2,85 per cento annullando tutti i guadagni dell’ultima settimana”.
In attesa del prossimo comunicato o del prossimo spin, il dato politico è che Tria non è più in discussione.
Parliamoci chiaro: la Lega non ha alcun interesse a destabilizzare quadro adesso, prima delle europee, anche perchè non ha il problema del consenso, ampiamente monetizzato in materia di immigrazione, attorno all’agenda economica.
Il che non significa cedere tout court alla linea del Tesoro, ma certo portare nel negoziato una buona dose di realismo e di ragionevolezza. Realismo e ragionevolezza che la Lega si è potuta concedere, frenando proprio sui “suoi” provvedimenti.
Perchè il principio di Flat Tax sarà affidato a un artificio retorico attorno alle partita Iva e sulle pensioni è allo studio un un’ipotesi di “quota cento” che certo ammorbidisce la Fornero, ma in modo più blando.
Detta in modo un po’ tranchant: trovato un compromesso su questi dossier, il problema del reddito di cittadinanza, non è un problema comune, ma solo dei Cinque Stelle.
Perchè poi, in fondo, certo Salvini non si straccia le vesti se il suo cosiddetto alleato si trova in campagna elettorale per le europee senza la misura che gli ha regalato un plebiscito tra le masse di disoccupati.
Nazionalizzazioni, giustizia, opere pubbliche, commissario su Genova. A cui si aggiunge il pasticcio delle Olimpiadi, con Salvini che ha messo a verbale una dichiarazione opposta a quella di Di Maio, e la tensione attorno alla legittima difesa, col ministro Bonafede che rivendica come la competenza in materia non sia di Salvini, protagonista qualche giorno fa di una polemica con l’Anm.
È evidente la dinamica che rivela due logiche, due approcci, due metodi.
Parafrasando Gaber, due governi in un corpo solo. Qualche giorno fa proprio Giorgetti, in privato, si chiedeva quanto possa durare un sistema del genere.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply