LA FINANZIARIA SULLA FIDUCIA
VOTO DI NOTTE SULLA STABILITà€: I SENATORI APPROVANO UN TESTO SBAGLIATO, INCOMPLETO E CHE NON HANNO LETTO
Matteo Renzi ha vinto, per carità , e Matteo Renzi è uomo d’onore. Lui dice che così l’Italia riparte e non si può non credergli.
La sua legge di Stabilità — che volendo definirla frettolosamente fa appena un po’ meno schifo di quella di Enrico Letta — sarà legge martedì, al sì definitivo della Camera.
Però in democrazia, come in letteratura, la forma è la cosa. La sostanza, volendo. E la sostanza è che ieri i senatori della Repubblica — in 22 ore filate — hanno approvato una manovra che scrive il bilancio dello Stato senza sapere cosa stessero votando: cosa c’era nel testo e cosa no, quale parte del lavoro parlamentare era stata mantenuta e quale cassata, quale solo riformulata e quale modificata nella sostanza.
Ma Matteo Renzi è un uomo d’onore e quando dice che ha fatto tardi perchè stava “sventando l’assalto alla diligenza” non si può che credergli: poi magari uno scopre che in realtà a qualche “assalitore” è stato steso il tappeto rosso. Renzi è un uomo d’onore, ma qui non è questione d’onore: questo modo di legiferare è illegittimo e irregolare.
L’Italicum, le norme fantasma e le pagine perse nel buio
Breve riassunto di come la tattica politica s’è mangiata la legalità . Il ddl Stabilità doveva essere approvata in Senato entro oggi. Motivo: Renzi voleva la legge elettorale in Aula prima delle dimissioni di Giorgio Napolitano.
Il premier puntava a incardinare l’Italicum domani, s’è dovuto accontentare del 7 gennaio, ma gli va bene lo stesso. Questo è l’unico motivo per cui il Senato è stato umiliato.
Tutto comincia mercoledì. La commissione Bilancio, affogata di emendamenti, non riesce a concludere l’esame del testo. La palla passa al governo e al suo maxiemendamento da approvare con la fiducia: il testo, però, invece che mercoledì alle 20 come promesso, è arrivato a palazzo Madama venerdì sera.
La Bilancio ha potuto dargli una rapida occhiata, gli altri non l’hanno neanche visto.
Poco male: anche quelli che lo hanno avuto per le mani, governo compreso, ancora adesso ne hanno un’idea vaga.
Lo stesso viceministro dell’Economia Enrico Morando, in aula, ha dovuto a lungo esercitarsi nel genere della palinodia: “I numeri dei commi spesso mancano o sono errati…”; “sì, sarebbe meglio che i commi da 716 a 737 sul Fondo per interventi strutturali di politica economia fossero uno solo”; sui tagli al ministero della Difesa “c’è un errore materiale che va corretto”; “certo, elimineremo le norme scritte due volte”.
Nel testo votato, poi, erano sbagliati tanto i rimandi interni che quelli alle leggi.
A mezzanotte qualcuno s’è addirittura accorto che mancava qualche pagina e non si capiva se era una scelta o un errore materiale.
Domanda: su cosa ha posto la fiducia Maria Elena Boschi?
Al presidente Pietro Grasso, che come tutti sanno è uomo di serenità olimpica, la cosa non toglie il sonno: “Il governo si assume la responsabilità del testo”, ha spiegato ai colleghi.
Non si sa se il “facciamo a fidarci” sia categoria della politica, di sicuro non è una procedura legislativa.
Eppure Grasso è ginnicamente soddisfatto: “Una maratona così è un record”.
Fortuna che Matteo Renzi è un uomo d’onore e dunque non c’è da preoccuparsi se ha indetto il Consiglio dei ministri per approvare i decreti attuativi sul Jobs Act e l’ennesimo “salva-Ilva” il 24 dicembre: a Natale i giornali non escono.
Questo disinteresse per la procedura non è senza esiti.
Il testo per dire — nonostante Renzi si vanti di aver eliminato le “marchette” (ma le aveva messe l’esecutivo stesso con appositi emendamenti) — ne è ancora pieno.
La fregatura alle partite Iva e le “marchette” rimaste
C’è il caso dei 10 milioni al porto di Molfetta (vedi pagina 4), ma 10 milioni li ha avuti anche l’Invalsi, dodici Italia Lavoro e si potrebbe continuare.
Poi c’è il rincaro Iva (dal 10 al 22%) sul “pallet da riscaldamento”, quello delle stufe, che rende più conveniente il gas distribuito da colossi come Eni o Hera.
Al Cane a sei zampe poi viene data pure la procedura semplificata per il sito di stoccaggio petrolifero a Tempa Rossa, in Basilicata, e certe normette “libera-trivelle”.
Restano al loro posto pure il regalo a Sergio Chiamparino, che diventa commissario di se stesso, e lo sconto fiscale a Sisal, il via libera alle consulenze del ministero delle Infrastrutture e quella norma pazzesca che consente a Expo spa di fare appalti senza passare da Consip.
Poi c’è il caso più scandaloso: un salasso che ucciderà gran parte delle partite Iva che oggi usano il regime dei minimi.
Il governo ci ha messo le mani (l’apposita slide di Renzi diceva “Aiuti per le piccole partite Iva”), ma è una fregatura: il nuovo sistema è sconveniente non solo rispetto a quello vecchio, ma pure rispetto alla tassazione ordinaria.
Secondo un calcolo di Rpt (Rete delle professioni tecniche), un autonomo da 15mila euro l’anno se sceglie il regime renziano perde rispetto alla tassazione normale tra i 30 e i 500 euro al mese (e paga tre volte di più rispetto al regime in vigore fino a fine mese).
Il governo s’era impegnato in commissione a fare le modifiche necessarie, ma nel casino è rimasto più o meno uguale.
Matteo Renzi, però, è un uomo d’onore.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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