“LA GUERRA È PER NETANYAHU LEVA DI POTERE E STRUMENTO DI GOVERNO, NON UN’EMERGENZA DA RISOLVERE”: L’AMBASCIATORE ETTORE SEQUI SMASCHERA LA VERGOGNOSA STRATEGIA DEL PREMIER ISRAELIANO DIETRO IL MASSACRO DEI PALESTINESI
“NETANYAHU NON AGISCE D’IMPULSO, MA SFRUTTA OGNI CREPA DEL SISTEMA INTERNAZIONALE E ACCELERA L’OFFENSIVA A GAZA, PRIMA CHE LE PRESSIONI DI TRUMP PER UNA TREGUA DIVENTINO INSOSTENIBILI… SOTTO PROCESSO E ABBANDONATO DA ALCUNI ALLEATI, USA LA GUERRA PER PUNTELLARE LA SUA POSIZIONE”
Il prolungamento della guerra a Gaza e il bilancio quotidiano di vittime civili, in aperta sfida agli appelli di Papa Leone XIV,
alle risoluzioni Onu e alle pressioni internazionali su Netanyahu sorprende e preoccupa. Secondo Axios, cresce a Washington la frustrazione per la condotta «fuori controllo» del premier israeliano, accusato alla Casa Bianca di compromettere la strategia americana nella regione.
Dietro l’apparente disordine si cela una strategia deliberata. Netanyahu non agisce d’impulso, ma sfrutta ogni crepa del sistema internazionale e accelera l’offensiva a Gaza, prima che le pressioni americane per una tregua diventino insostenibili.
La disperazione crescente della popolazione palestinese è strumento di pressione per un esodo verso Stati confinanti che però rifiutano ogni accoglienza.
Le ragioni della strategia israeliana si articolano in quattro assi. Primo, sopravvivenza politica: sotto processo e abbandonato da alcuni alleati, Netanyahu usa la guerra per puntellare la sua posizione. Secondo, pressione ideologica: i suoi ministri, esponenti della destra messianica, Smotrich, Ben-Gvir e i coloni più radicali, vedono una tregua come resa inaccettabile e spingono per la «conquista totale» di Gaza e della Cisgiordania.
Terzo, calcolo negoziale: ogni giorno in più di guerra logora Hamas, disintegra infrastrutture civili e spinge la popolazione palestinese al collasso, rafforzando Israele nei negoziati e alimentando la disperazione a Gaza. Quarto, scudo geopolitico: Netanyahu sa che il veto Usa lo protegge dalle sanzioni e che Trump, pur irritato, non romperà l’asse strategico. Il sostegno della base evangelica americana, filo trumpiana, rafforza la sua impunità
In sintesi: la guerra è per Netanyahu leva di potere e strumento
di governo, non una emergenza da risolvere. L’offensiva nella Striscia non mira più solo a neutralizzare Hamas, ma a disarticolare definitivamente Gaza come entità politica, civile, infrastrutturale e demografica autonoma.
Colpire centri umanitari e strutture di culto, segmentare il territorio in zone evacuabili e bloccare gli aiuti rientra in una dottrina del logoramento. Israele ha trasformato fame e paura in strumenti deliberati: una vera e propria weaponizzazione della sofferenza, per piegare la resilienza della popolazione e forzare un esodo da Gaza.
Il messaggio è chiaro: nessuna entità palestinese controllerà Gaza senza l’approvazione israeliana. La guerra è diventata uno strumento di ingegneria geopolitica. La sofferenza civile, metodicamente inflitta, non è un effetto collaterale ma una scelta deliberata.
Questo scenario certifica il collasso della deterrenza etica: i vincoli che, formalmente, limitavano l’uso della forza da parte delle democrazie stanno venendo meno. Oggi la protezione dei civili è negoziabile. La guerra è gestione. L’etica è calcolo
Gaza potrebbe diventare incubatore di una nuova radicalizzazione jihadista. Una generazione stremata troverà nella violenza e nella vendetta l’unico linguaggio possibile. L’Occidente rischia una delegittimazione profonda, apparendo disattento, complice e selettivo.
La pressione su Giordania, Egitto e Libano, incapaci di assorbire nuovi rifugiati, rischia di rendere la crisi regionale permanente. L’insostenibile numero di vittime civili a Gaza non è, dunque, solo una tragedia umanitaria: è la prova che la violenza
sistemica ha sostituito ogni norma. La sofferenza è divenuta strumento strutturale. Il terrore è operazione strategica.
A Gaza siamo entrati nell’era dell’unpeace: della pace disfatta, non più regola ma eccezione. I conflitti si combattono con strumenti militari, economici, tecnologici, senza limiti né diritto. In questa fase, Gaza è l’epicentro, Netanyahu la cinica avanguardia, il silenzio globale ne è il sintomo più allarmante. Gaza rivela la crisi della legalità, dell’etica e della credibilità internazionale.
Ettore Sequi
per “la Stampa”
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