LA LEZIONE DEL PROFESSORE AI “PADRONI D’EUROPA”
MONTI HA PARLATO DI IMPEGNI ITALIANI, RICORDANDO ALTRI PERIODI DI CRISI: “NEL 2003 NON AVETE RISPETTATO IL PATTO DI STABILITA'”
Una scena inattesa. Un rovesciamento dei ruoli consumato davanti alle telecamere e ai giornalisti di tutta Europa.
Nella sala della Prefettura di Strasburgo, la Cancelliera di Germania e il presidente della Repubblica di Francia hanno già detto la loro e ora, entrambi con lo sguardo fisso all’orizzonte, ascoltano il professor Mario Monti, il “festeggiato”.
Il presidente del Consiglio italiano sta rispondendo ad una domanda sull’applicazione automatica delle sanzioni ai Paesi inadempienti, misura da sempre molto cara ai tedeschi: «Gran parte della perduta credibilità del Patto di stabilità è dovuta al fatto che, quando Germania e Francia nel 2003 stavano andando in conflitto col patto stesso, quei due governi, con la complicità del governo italiano, sono passati sopra quelle regole…». Proprio così: il capo di un governo, fino a poche settimane fa letteralmente deriso da Sarkozy e dalla Merkel, si toglie il lusso di ricordare ai “padroni” dell’Unione quella loro violazione delle regole comunitarie.
Uno strappo – si ricorda agli smemorati – consumato con la «complicità » di Giulio Tremonti e del governo Berlusconi.
Sembrerebbe finita lì e invece no, perchè il rovesciamento dei ruoli viene personalmente rivendicato da Monti, nel 2003 commissario europeo: «Dentro la Commissione mi battei perchè il Consiglio fosse denunciato davanti alla Corte di giustizia europea. Quindi sono pienamente d’accordo sulla necessità che le regole vengano applicate senza guardare in faccia ai Paesi grandi o piccoli e che le sanzioni abbiano la maggiore automaticità possibile».
E’ come se Monti avesse detto: cari tedeschi, io sono più tedesco di voi. Sottotesto: quando i problemi li avete avuti voi, ve la siete cavata con l’aiuto dei miei connazionali e dei francesi.
Naturalmente, non c’è iattanza nel tono del professore. Naturalmente Monti sa che 8 anni fa il cancelliere si chiamava Gerhard Schroeder e il presidente francese era Jacques Chirac e dunque nulla di personale verso i due colleghi che lo stanno ascoltando col fiato (almeno un po’) sospeso.
Alla fine l’essenza del messaggio è un’altra: l’Italia sarà rigorosa, tanto è vero che, parafrando la Merkel, Monti dice: «Faremo i compiti a casa».
Il vertice a tre di Strasburgo era stato pensato da Sarkozy – che lo ha ricordato – come segno di attenzione verso il nuovo governo italiano e verso la «terza economia europea» e anche – ma questo era implicito – come chiusura di una stagione diplomatica tra le più bizzarre e volgari del dopoguerra europeo, per effetto degli indimenticabili epiteti berlusconiani sulla Merkel (sia pure emersi da conversazioni private), ma anche delle risatine di scherno del presidente Sarkozy verso il presidente del Consiglio italiano.
Il ritorno dell’Italia nel club dei grandi ha preso corpo nelle parole di stima e incoraggiamento di Sarkozy e della Merkel («impressionanti le misure che l’Italia vuole prendere»), nelle immagini delle strette di mano e nell’invito di Monti (ovviamente accettato dagli altri) di un nuovo incontro a tre, stavolta in Italia.
Ma, paradossalmente, il ritorno dell’Italia nel club dei leader si è rivelato anche un fatto di stile, accentuato dai “numeri” nei quali si sono prodotti Cancelliera e Presidente.
La Merkel, rivolta ad un giornalista francese che gli aveva fatto una domanda non gradita, ha detto: «Ha capito? Sa, non sapevo se avesse o no la cuffietta per la traduzione…».
E Sarkozy ad un giornalista tedesco: «Mi chiede della tripla A? La prospettiva della Francia è stabile! Ma forse la traduzione non ha varcato il Reno».
Imperturbabile Monti, in piedi dietro al podietto, che essendo il terzo a destra, accentuava l’effetto “scaletta”, con l’italiano più alto degli altri due.
Durante il pranzo, Monti ha raccontato, a grandi linee le misure che ha in mente, assicurando che la prima manovra sarà discussa in Parlamento «tra il 29 novembre e il 9 dicembre», data del vertice europeo e ha suggerito l’ipotesi di scorporare per tutti i Paesi gli investimenti dal computo del pareggio di bilancio.
Fabio Martini
(da “La Stampa“)
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