LA MARE JONIO TORNA IN MISSIONE CON TUTE, MASCHERINE E CABINA DI ISOLAMENTO
LA NAVE DI “MEDITERRANEA” E’ SALPATA DA TRAPANI
La Mare Jonio è tornata in acqua. La nave di Mediterranea Saving Humans, la piattaforma civica italiana nata per il salvataggio dei migranti che tentano la traversata dalle coste nordafricane, ha lasciato il porto di Trapani e sta navigando verso la zona Sar (Search and rescue) libica.
È la prima missione da quando l’imbarcazione ha ottenuto, nel febbraio scorso, l’ordine di dissequestro del tribunale di Palermo. Ma, soprattutto, è la prima missione a prova di Covid-19.
L’equipaggio è ridotto per garantire, per quanto possibile, il social distancing. A bordo della Mare Jonio ci sono 11 persone, di cui 7 marittimi e solo 4 volontari di Mediterranea: il capomissione Luca Casarini, la dottoressa Vanessa Guidi, il paramedico Fabrizio Gatti (che Repubblica aveva intervistato all’inizio della pandemia, dopo la sua scelta di mettersi a disposizione del servizio ambulanze a Brescia) e l’esperto in rescue operations Jason Apostolopoulos.
Tutti indossano i dispositivi di protezione individuale donati a Mediterranea dall’Ospedale evangelico di Genova: tute ermetiche, occhiali, mascherine di tipo FFp3.
“Abbiamo adottato i protocolli più stringenti – spiega l’armatore Beppe Caccia – sia quello per il trasporto marittimo emesso dal governo italiano ad aprile, sia quelli internazionali dell’International Chamber of Shipping, la principale organianizzazione marittima mondiale”.
La Mare Jonio è stata sanificata prima della partenza, ed è stata dotata di igienizzatori di bordo. “Ogni ambiente viene pulito due volte al giorno, nelle cabine da quattro posti potranno stare non più di due persone, e abbiamo organizzato dei turni nella mensa per garantire il distanziamento sociale”.
Tute e mascherine anche per i migranti
In caso di salvataggio, anche i migranti naufraghi saranno sottoposti alle regole del protocollo anti-Covid. “Gli sarà fornito un kit con tute monouso in materiale Tnt – prosegue Caccia – faranno un primo triage e gli sarà misurata la temperatura con i due termoscanner che abbiamo a bordo. Poi doccia, cambio di vestiti e obbligo di indossare la mascherina”.
Gli eventuali sospetti contagiati saranno isolati nella cabina che era del direttore di macchina, perchè è la più distante dalle altre ed ha un bagno a disposizione.
“Torniamo in mare in uno scenario mediterraneo sempre più inquietante – dice Alessandra Sciurba, presidente di Mediterranea Saving Humans – in cui i governi europei rivendicano ormai la propria connivenza con le milizie di un paese in guerra come la Libia calpestando consapevolmente diritti fondamentali e vite umane. Essere in quel mare significa ancora una volta cercare di riaffermare dal basso che la vita di ogni persona conta. I can’t breath è l’ultimo sussulto anche di ogni persona lasciata annegare per scelte politiche criminali”.
(da agenzie)
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