LA MOSSA DELLA DISPERAZIONE DI URSULA PER NON AMMETTERE DI ESSERE STATA UMILIATA DA TRUMP
MA I MARGINI PER CORREGGERE LE CONCESSIONI POLITICHE SONO MINIMI
L’accordo non è giuridicamente vincolante». Almeno non per ora. Ma lo è politicamente. L’intesa sui dazi sta spaccando l’Unione europea e la Commissione corre ai ripari tentando di limitare la propaganda vittoriosa di Donald Trump. E lo fa sottolineando che molti aspetti vanno ancora concordati e che diversi annunci della Casa Bianca sono a dir poco imprecisi: dagli acquisti di armi a quelli di gas, dai farmaci agli alcolici.
Così ieri mattina Palazzo Berlaymont ha pubblicato una sorta di nota informativa che presenta diverse discrepanze rispetto a quella presentata da Washington. Ma si tratta di “contromosse” volte solo a non confermare pubblicamente la vittoria schiacciante di Trump e giocate su un’ambiguità: ossia l’assenza di un vincolo giuridico che occulta il vincolo politico. È evidente che la piattaforma euro-americana dovrà essere ratificata a Bruxelles come minimo in Consiglio, attraverso una proposta legislativa, ma nello stesso tempo nessuno immagina di poterla rimettere in discussione. Entro dopodomani ci sarà una dichiarazione formale congiunta che di fatto incardinerà
legalmente l’accordo e sarà lo strumento per bloccare le tariffe al 30% che sarebbero scattate dal primo agosto. E per molti settori andrà anche successivamente specificata la tariffa, compresi quelli senza dazi a partire dagli aerei e dall’alcol su cui è in corso il tentativo di iscrizione alla lista “zero”.
Ma quali sono i punti su cui sta emergendo una distanza formale tra le due sponde? Il primo è la “Web Tax”. Il presidente americano ha detto esplicitamente che non ci sarà. Nella nota europea questo impegno non è contemplato. «Non cambiamo le nostre regole e il nostro diritto di regolamentare autonomamente lo spazio digitale», è stata invece la risposta di un portavoce della Commissione. Una formula che non smentisce gli Usa ma con una “excusatio non petita” ribadisce la possibilità di adottare leggi.
Poi ci sono gli standard fitosanitari, quelli relativi a prodotti agricoli e alimentari (in primo luogo la carne). Da tempo Washington insiste per esportare in Ue anche cibo trattato con additivi chimici non legali nel Vecchio continente (antibiotici e non solo) e per gli States, appunto, le due parti «collaboreranno per affrontare le barriere non tariffarie che incidono sul commercio dei prodotti alimentari e agricoli, compresa la semplificazione dei requisiti relativi ai certificati sanitari per i prodotti lattiero-caseari e suini statunitensi». Bruxelles si riferisce invece solo alla «cooperazione in materia di norme automobilistiche e misure sanitarie e fitosanitarie» e di «facilitazione del riconoscimento reciproco delle valutazioni di
conformità in ulteriori settori industriali». «Non toccheremo le nostre regole sul digitale o gli standard fitosanitari – insiste la Commissione -, che hanno richiesto decenni per essere costruiti e di cui i nostri cittadini si fidano».
Secondo l’Unione, poi, sull’acciaio e l’alluminio verranno previste delle quote in base alle quali si potrà modulare e ridurre il dazio del 50%. Ipotesi non prevista in America. Altri due punti controversi riguardano i farmaci e i chip (fondamentali per i beni tecnologici). Per l’Ue, il tetto del 15% riguarderà anche questi settori. Ma per ora l’indicazione deve essere confermata da Trump.
Anche i due “vincoli”, fondamentali per il tycoon, si stanno giocando sull’ambiguità europea. Il leader statunitense ha annunciato che l’Europa comprerà 750 miliardi di dollari di energia americana e 600 miliardi di armi. Il problema è che in entrambi i casi la competenza è nazionale e non comunitaria. A parte il fatto che l’anno scorso l’Ue ha speso in totale per prodotti energetici poco più di 300 miliardi di euro e quindi arrivare a quella soglia – anche in un triennio – è complicatissimo, in ogni caso sono i singoli Paesi a doversi impegnare. Come per le armi. Ma come per tutto il resto, il vincolo politico è molto più forte del vincolo giuridico dietro il quale la Commissione si sta nascondendo.
(da repubblica.it)
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