LA POLITICA IN TV PERDE ASCOLTI
DOPO LE DIMISSIONI DI BERLUSCONI IN CRISI TELEGIORNALI E TALK SHOW
Il calmante Mario Monti funziona benissimo per la televisione generalista e maluccio per i mercati.
Il 14 novembre il Professore riceve l’incarico, il 16 i ministri giurano al Quirinale, e le telecamere si spengono, e i telespettatori si rilassano, e l’ascolto si sgonfia.
I telegiornali senza distinzione e i programmi d’informazione, prima travolti dal flusso continuo di notizie, s’arrendono a un effetto camomilla che depura le tensioni del governo Berlusconi
Il pubblico preferisce zio Michele di Avetrana (Matrix) oppure il commento di Porta a Porta a Fiorello, le due uniche trasmissioni (tg compresi) che reggono.
Nessuno si preoccupa di Monti e dei ministri, tutti sobri, riservati, taciturni, e ovviamente tecnici. Niente interviste, niente indiscrezioni.
Novembre diviso a metà , due settimane col Cavaliere e due settimane col Professore, si racconta così: parte a razzo, arriva in frenata.
I numeri Auditel spiegano il fenomeno.
Ballarò ha guidato l’informazione Rai, unico protagonista, nonostante le affannose rincorse di Vespa e il pessimo 15,5% di share in prima serata.
Toccate le vette con sei milioni di telespettatori (21,8%), Ballarò scende a 4,3 milioni (15,8).
Leggera flessione per Qui Radio Londra (-50 mila utenti, sotto il 17%), però il giochino è sbagliato: Giuliano Ferrara era già un disastro con l’amico-editore B. figuriamoci con l’odiato Monti.
Anche Gianluigi Paragone paga un bel conto, l’Ultima Parola cede 3 punti di share e s’allontana dal milione di italiani.
L’anestesia dei tecnici, addirittura, provoca vittime: chiude La versione di Banfi su Rete4, mentre Gianni Letta e Silvio Berlusconi lasciano Palazzo Chigi.
La volata di La7 s’interrompe, e colpisce ovunque.
Manca la spinta del telegiornale di Enrico Mentana, che segna -500 mila spettatori, e dunque soffrono Otto e Mezzo di Lilli Gruber, l’Infedele di Gad Lerner il lunedì e In onda di Porro-Telese sabato e domenica.
Non cambia il prodotto, cambia l’attenzione del pubblico, e soprattutto le notizie: a La7 cercano di spiegare la manovra economica di Monti, peraltro dispersa nelle nebbie, chiamando esperti come Piero Ichino e Tito Boeri che suscitano più interessi dei politici.
Ma l’argomento, seppur più importante, non vale la sensazione “liberazione da B.” dei primi giorni del mese.
E nemmeno Piazzapulita di Corrado Formigli evita la flessione, passando dal 6,4 (10 novembre) al 4,7 (24 novembre).
Su Alessio Vinci e Bruno Vespa cala l’immunità col trucco: Porta a Porta e Matrix confermano il pubblico di metà novembre, anzi a volte crescono, però evitano la politica.
Con spietata onestà , salutato il Cavaliere, Vespa disse al Fatto: “à‰ normale che la gente adesso sia stanca del governo, responsabili e voti di fiducia, credo che farò più cronaca”.
Promessa mantenuta.
Lunedì sera, sfruttando la scia di Fiorello, Vespa ha superato il 28% di share, e la sera successiva ha applaudito se stesso in studio.
Anche perchè si somigliano, stesso discorso per Vinci che trionfa con la saga di Avetrana e l’oracolo zio Michele.
Che il passaggio a vuoto, per una volta, accomuni Mediaset-Rai-La 7, lo dimostrano i telegiornali, tutti col segno meno.
Il Tg3 viaggiava con una media del 16,8 per cento di share, adesso torna al 15%. Un gruppo variegato ha perso un punto di share: Tg2, TgR, Studio Aperto. Senza Berlusconi, i telegiornali dei fedelissimi attutiscono il colpo: 145 mila per il Tg1 (-0,68%), 50 mila per il Tg4 (-0,2%), il Tg5 abbassa lo share (-0,07%) e cresce con il pubblico (+18 mila).
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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