LA PRESENZA DI D’ALEMA FA RIENTRARE EMILIANO
IL DIETROFRONT DOVUTO A MANCATE GARANZIE SULLA SUA LEADERSHIP E SUL RUOLO INVASIVO DEL LIDER MAXIMO
La scissione nella scissione si consuma a via Barberini, sede della regione Puglia.
Alla terza ora di colloquio, a tratti teso, Michele Emiliano dice a Roberto Speranza: “Proviamo così. Io combatto da dentro il Pd, tu da fuori, e poi ci ritroviamo dopo il congresso”.
Una riedizione del famoso marciare divisi, per colpire uniti. Risposta, lapidaria: “Non ci sono più le condizioni, arrivederci”.
Nel frattempo era arrivato anche il terzo candidato Enrico Rossi.
La micro-scissione di via Barberini, di Emiliano dalla sinistra: “Resto nel Pd e mi candido”. Qualche ora più tardi il governatore della Puglia dirà a qualche amico: “Ma io con D’Alema che ci stavo a fare…”.
Perchè è il lìder maximo il gigantesco non detto di questa storia.
Il timore di Emiliano, raccontano i suoi, il principale, è sempre stato quello di andare a fare il front-man di un’operazione la cui regia rimaneva nella sapienti mani dei “comunisti”, Bersani ma soprattutto D’Alema, con cui il governatore della Puglia ha un rapporto conflittuale dal minuto dopo che l’allora presidente dei ds lo impose come sindaco di Bari.
Qualche ora dopo, Roberto Speranza è in riunione con i suoi parlamentari.
È uno sfogatorio: “Questo è un inaffidabile”, “è davvero la settimana di carnevale”, “in una settimana prima ha incontrato Berlusconi, poi ha cantato Bandiera Rossa, ora torna con Renzi”.
Gelido, l’ex capogruppo del Pd: “Sembra un danno, ma in prospettiva vedrete, non sarà un danno”. Per la serie: meglio perderlo che trovarlo.
Dunque, avanti nella formazione di gruppi parlamentari, tra giovedì e venerdì. Poche ore dopo la fine della direzione, arriva anche un comunicato, durissimo, di Speranza: “Dalla direzione del Pd nessuna novità . Prendiamo atto della scelta assunta da Michele Emiliano di candidarsi nel Pdr, Partito di Renzi. Noi andiamo avanti sulla strada della costruzione di un nuovo soggetto del centrosinistra”.
Una dichiarazione che lascia intendere la vera analisi della mossa.
Al netto del carattere, esondante, un po’ umorale, caratterizzato da una teatralità che confonde eccessi di furbizia e principi di tradimento.
E l’analisi è quella un patto (di fatto) con Renzi. In questo senso: Emiliano sceglie di candidarsi quando trapela che Renzi ha bisogno di rivitalizzare le primarie, con gente vera che vada ai gazebo, e proprio quando inizia una trama attorno ad Orlando, con l’interesse di Cuperlo, Bettini, Zingaretti.
Insomma, la mossa di Emiliano rianima la consultazione e mette in difficoltà la sinistra: “Renzi — sussurrano — dovrebbe ringraziarlo ed essere felice”.
Veleni forse, malizie, dietrologie. “Hai visto che intervento ha fatto Michele?”, “hai visto quando è stato duro con Renzi” dicono i Transatlantico i suoi amici pugliesi. Nella sostanza nessuna delle sue richieste è stata accolta: nè sulla durata del governo, nè sui tempi del congresso.
Però la scena se l’è presa, eccome. Nelle ultime 24 ore, racconta chi è entrato e uscito dalla sua stanza, lo ha chiamato Fassino.
Addirittura parlano di telefonate di Veltroni. Ora Michele promette una campagna durissima, tutta proiettata sulle primarie. Chissà .
Perchè le piroette lasciano un segno. La sua pagina facebook è piena di gente che lo considerava un traditore quando lasciava il Pd. Ora è piena di quelli che lo considerato un traditore perchè non l’ha lasciato.
Raccontano di un travaglio sincero, di telefonate di gente comune, consiglieri regionali, di poche ore di sonno.
Nel confine tra emotività e razionalità c’è però un punto, un dettaglio da aggiungere. E cioè che mai nessuno gli ha detto “sarai tu il leader della nuova cosa”. Anzi, Enrico Rossi in tv ieri ha dichiarato “io mi occupo del centro, Michele del Sud”.
Speranza è andato al nord per agganciare Pisapia. Emiliano, come sa chi lo conosce, non è un secondo, ama la “comunità ” ma ama essere il numero 1 che la guida. Moderato quando nelle liste in Puglia imbarcò parecchi di destra, Testaccio, ora anti-Renzi. Il trait d’union è il centro della scena.
“Non gli hanno mai offerto la leadership del nuovo partito” dice un parlamentare. Il leader, il federatore, in prospettiva è Pisapia che in questi giorni ha avuto contatti con Bersani e non solo. Almeno questo è l’auspicio della Ditta.
L’idea del nuovo soggetto è questa: gruppi entro venerdì, poi la creazione di una costituente, la più larga possibile, col Movimento di Pisapia, gli ex ds, quelli di Sinistra Italia, Civati e chi ci sta a sinistra.
E c’è già chi immagina che il leader sarà incoronato con primarie, aperte, di qui a qualche mese.
(da ““Huffingtonpost”)
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