LA PROCURA DI ROMA VERSO IL RINVIO A GIUDIZIO DEL PREMIER PER CONCUSSIONE: “TENTO’ DI CANCELLARE ‘ANNO ZERO’ CON PRESSIONI E MINACCE”
CLAMOROSA SVOLTA A ROMA: “INDEBITE PRESSIONI SU AGCOM E MASI”… PER ARRIVARE AL DIBATTIMENTO SERVIRA’ PERO’ LA SOLITA AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE DELLE CAMERE PER L’INVIO DELLA PRATICA AL TRIBUNALE DEI MINISTRI…QUINDI SI SA GIA’ COME ANDRA’ A FINIRE, IN QUESTO STATO “LIBERALE”
La Procura di Roma è intenzionata a chiedere il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi per concussione e minacce per le pressioni esercitate su Giancarlo Innocenzi, ex commissario Agcom, e su Mauro Masi, direttore generale Rai, con l’obiettivo di far sospendere la trasmissione di Michele Santoro “Annozero”.
Il procuratore capo Giovanni Ferrara potrebbe spedire oggi le proprie motivazioni al Tribunale dei Ministri cui spetta di chiedere o meno alle Camere l’autorizzazione a procedere nei confronti del presidente del Consiglio.
La Procura di Roma vuole andare avanti.
Un iter lungo e difficile, dunque, sul quale i magistrati romani non hanno alcun dubbio: su quella vicenda Berlusconi deve essere processato.
Come hanno spiegato ai colleghi che si occupano dei reati degli esponenti del governo.
La questione va avanti da alcuni mesi.
Da quando gli atti sulle pressioni esercitate dal premier sono arrivati da Trani a Roma per competenza.
I pm pugliesi indagavano sull’uso illecito di alcune carte di credito e l’inchiesta aveva portato ad intercettare il premier.
Erano stati loro i primi ad iscriverlo per corruzione e minacce dopo aver ascoltato le sue conversazioni telefoniche con Innocenzi e tra quest’ultimo e Masi (entrambi sono parte offesa nell’inchiesta).
Imputazioni che sono rimaste invariate anche a Roma dove gli atti sono stati trasmessi prima dell’estate: è infatti nella capitale che si sarebbero consumati i reati.
I pm capitolini che se ne stanno occupando, già a luglio hanno chiesto al Tribunale dei Ministri ulteriori accertamenti: acquisizioni al Garante per le Comunicazioni e la trascrizione delle intercettazioni, ritenute essenziali per approfondire la posizione del premier.
È iniziata così una lunga trafila di botta e risposta che si è conclusa, il 9 marzo scorso, con il no del Tribunale dei Ministri ad utilizzare le conversazioni del presidente del Consiglio.
Decisione motivata legge alla mano: è l’articolo 270 del codice di procedura penale a vietare l’utilizzo delle intercettazioni disposte in un procedimento nell’ambito di una seconda inchiesta.
E quindi, concludono i magistrati che si occupano dei reati degli esponenti del governo, le intercettazioni che proverebbero la concussione e le minacce ad opera di Berlusconi non possono essere utilizzate a Roma perchè disposte nell’ambito dell’inchiesta di Trani.
Peccato che le cose non stiano così per i magistrati romani, l’aggiunto Alberto Caperna e i sostituti Roberto Felici e Caterina Caputo, titolari del fascicolo.
Che, insieme al procuratore della Repubblica, insisteranno sulla possibilità di utilizzare quei riscontri.
Forti di una decina di sentenze della Cassazione che derogano al principio dell’articolo 270 del codice di procedura, stabilendo che, in alcuni casi, è consentito l’uso di telefonate anche in un secondo processo.
E del fatto che le conversazioni con cui Silvio Berlusconi ha cercato di bloccare la messa in onda dello show di Santoro, non sono un mezzo di prova, ma sono esse stesse un reato.
Diverso da quello per cui si procedeva in Puglia.
E quindi possono essere oggetto di un’inchiesta che nulla ha a che vedere con quella sulle carte di credito da cui era nato il fascicolo di Trani.
Maria Elena Vincenzi
(da “La Repubblica“)
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