LA RUSSA ORA VUOLE CANDIDARE I MARO’ ALLE EUROPEE, MA SE GIRONE E LATORRE SONO PRIGIONIERI IN INDIA E’ PERCHE’ QUALCUNO VOLLE CHE SALISSERO A BORDO A PROTEZIONE DELLE NAVI MERCANTILI
L’IPOCRISIA DI CHI ORA CHIEDE DI USCIRE DALLE MISSIONI INTERNAZIONALI MENTRE DA MINISTRO NON VOLEVA PERDERSENE UNA
“Bisogna mettere in discussione i rapporti con l’India e uscire dalle missioni internazionali. Ma se anche questo risulterà inutile candideremo i due marò, ancora detenuti in India, alle elezioni europee”
Parola di Ignazio La Russa, durante una manifestazione davanti Montecitorio di Fratelli d’Italia in solidarietà per i due fucilieri di marina, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, accusati di aver ucciso due pescatori.
“Non vogliamo neanche pensare che possano rischiare la pena di morte — afferma Gianni Alemanno — se il governo non riuscirà a trovare una soluzione, il ministro Bonino farà bene a dimettersi”.
Il trionfo della demagogia, il rifiuto di assumersi le proprie responsabilità e di riconoscere i propri errori.
Allora rinfreschiamo a qualcuno la memoria e la cronaca alle origini del fatto.
Fino al 2010 Confitarma (l’associazione degli armatori) era contraria all’uso di armi a bordo delle navi commerciali.
“Nonostante la situazione sia ogni giorno più gravosa” così Paolo D’Amico, presidente Confitarma “confermo che al momento la posizione di Confitarma, conforme alle indicazioni delle principali associazioni internazionali (IMO, Intertanko, Intercargo e BIMCO) e d’intesa con la Marina Militare e la Guardia Costiera, è in linea di principio contraria all’uso delle armi e di personale armato a bordo delle navi mercantili di bandiera, fatte salve alcune fattispecie particolari, come viaggi in zone sensibili di unità da crociera, unità particolarmente vulnerabili o pescherecci d’altura”.
Poi, nel 2011, il cambio di fronte negli ambienti militari.
Il 12 luglio, con Berlusconi presidente del Consiglio, misure urgenti anti pirateria furono, infatti, incluse nel decreto legge 107 sulla “proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonchè delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia”.
L’articolo 5 del decreto apriva, a sorpresa, la strada alla possibilità di accordi fra il Ministero della Difesa e il mondo armatoriale per l’imbarco a bordo di navi italiane battenti solo bandiera italiana di personale militare, i cosiddetti Nuclei Militari di Protezione o NMP, provenienti dalla Marina Militare e altre Forze Armate.
Il decreto, rifacendosi a un regio decreto del 18 giugno 1931, apriva anche uno spiraglio, ma a determinate condizioni, ai team privati, ponendoli, tuttavia, sin da subito, in posizione subalterna, ciò che assegnava al Ministero della Difesa il ruolo di attore privilegiato.
Il decreto racchiudeva, cioè, un tentativo di monopolio mascherato, confermato il 2 agosto 2011 con la conversione in legge dell’impianto sostanziale del decreto, ciò che dava al Ministero della Difesa il via libera all’organizzazione di speciali nuclei anti pirateria, senza dover soffrire dell’eventuale concorrenza privata, che, non a caso, è ancora oggi su carta.
Il 1° settembre 2011, con un decreto, il ministro della Difesa Ignazio La Russa individuò gli spazi marittimi a rischio pirateria dove, in virtu del decreto legge 107/2011 e della legge 130/2011, era possibile imbarcare Nuclei Militari di Protezione, e quindi la porzione dell’Oceano Indiano delimitata a nord ovest dallo stretto di Bab el Mandeb, a nord dallo stretto di Ormuz, a sud dal parallelo 12° S e a est dal meridiano 78° E.
L’11 ottobre 2011, poco prima della caduta del governo Berlusconi, il Ministero della Difesa siglò con Confitarma un protocollo d’intesa che disciplinasse, a spese degli armatori, l’impiego dei Nuclei Militari di Protezione destinati al naviglio mercantile. Ancora oggi solo i team militari possono proteggere le navi.
Non così quelli privati, che devono invece essere autorizzati, così come previsto dal regio decreto del 18 giugno 1931, dal ministro dell’Interno e dal prefetto.
Riassumendo:
1) Gli armatori non erano propensi a chiedere alcuna scorta della Marina italiana
2) Logica commerciale vuole che, in caso di guerra o pericolosità di porti e aree marittime, si stili una black list degli stessi e si eviti la navigazione e gli scali in quelle zone a rischio.
3) Se nello specifico lo Stato indiano non è in grado nemmeno di garantire la sicurezza delle acque internazionali contigue alla sua costa, si eviti il commercio marittimo con l’India, in attesa che raggiunga gli standard internazionali dei paesi civili. Nessuno ci obbliga a scortare le navi mercantili predisposte al suicidio.
4) Il governo di allora, invece che gonfiare il petto, bene avrebbe fatto a consigliare agli armatori italiani di evitare certe zone soggette a pirateria e , in subordine, a evitare di mettere a rischio i nostri militari per proteggere traffici privati.
5) Il governo di allora avrebbe potuto, a rischio e pericolo degli armatori, consentire l’utilizzo di personale armato privato, invece di imporre addirittura un monopolio della nostra Marina.
Quanto sopra per denunciare chi oggi si erge a protettore dei nostri due marò, salvo dimenticare che la legge a causa della quale sono sotto processo in India è stata voluta da loro, contro ogni logica e contro gli stessi “desiderata” delle compagnie italiane di navigazione.
C’e’ un limite anche alla indecenza.
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