LA STRATEGIA UCRAINA A KURSK E LA LEZIONE DELLA MARCIA DI PRIGOZHIN: PICCOLE UNITA’ PER SFONDARE, BATTAGLIONI PROTETTE DA DRONI: “LA RUSSIA E’ UN COLABRODO”
LE FORZE UCRAINE HANNO STUDIATO LA MARCIA DI PRIGOZHIN VERSO MOSCA: “I SISTEMI DI SICUREZZA INTERNI SONO DEBOLI”
Piccole unità agili e veloci di veterani ben addestrati: a loro il compito di penetrare nel profondo il territorio russo, creare scompiglio, colpire e andare avanti il più possibile. E, appena dietro di loro, battaglioni più strutturati, ben protetti da sciami di droni, accompagnati dalle artiglierie, con l’obiettivo di creare una fascia di sicurezza a ridosso del confine internazionale e occupare aree che possano poi, al momento dei negoziati, funzionare come merce di scambio per ottenere indietro le regioni dell’Ucraina invasa. Ancora non abbiamo un quadro preciso dell’invasione ucraina della regione russa di Kursk. Le autorità di Kiev civili e militari rimangono abbottonate, non forniscono alcun dettaglio. E la propaganda di Mosca aiuta poco. Il loro continuo ripetere che «l’avanzata nemica è stata fermata e sconfitta» sembra comunque smentito dai fatti, almeno sino ad ora.
Ciò che sappiamo per certo ad oggi resta che martedì mattina all’alba il fior fiore dell’esercito ucraino ha attaccato le sguarnite posizioni russe sul confine internazionale a Nord di Sumy ed è entrato in più punti nella regione di Kursk.
Si tratta dell’operazione più importante mai compiuta nel territorio russo dal 24 febbraio 2022 e si caratterizza per il fatto che viene condotta da soldati regolari ucraini. Quelle precedenti erano invece state architettate e combattute da volontari russi nemici del regime di Putin fuggiti in Ucraina, sebbene in pieno coordinamento con lo Stato maggiore di Kiev.
La preparazione dell’attacco su Kursk parte da lontano. E precisamente nelle giornate concitate del 23 e 24 giugno 2023, quando migliaia di mercenari della milizia Wagner guidati dal loro capo, Yevgeny Prigozhin, si ribellarono al regime di Vladimir Putin e iniziarono una inaspettata quanto travolgente marcia verso Mosca lunga oltre 400 chilometri in poche ore.
«Abbiamo osservato con attenzione la dinamica della rivolta e abbiamo visto che i sistemi di sicurezza interni russi sono molto deboli, se non inesistenti. Superate le linee di difesa attorno al confine ucraino, poi muoversi nel Paese è relativamente facile. Mosca è un colabrodo. Persino la capitale appare indifesa», commentavano allora gli ufficiali legati al capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov.
Il golpe della Wagner venne fermato a un centinaio di chilometri da Mosca non dai soldati russi, ma dal negoziato diretto tra Putin e Prigozhin. Quest’ultimo fu poi assassinato dagli agenti del regime il 23 agosto.
Oggi gli ucraini sono abbastanza convinti di poter resistere relativamente a lungo. Le unità russe mandate a bloccarli paiono impreparate. La loro speranza è costringere lo Stato maggiore di Mosca a bloccare l’offensiva nel Donbass per ridispiegare il meglio del loro corpo di spedizione a Kursk. A quel punto, garantito il Donbass, contano di ritirarsi sulle posizioni trincerate a 10-15 chilometri dal confine e resistere a difesa delle zone occupate ai russi.
Tra le teste di cuoio ucraine, che adesso stanno avanzando in ordine sparso verso la centrale nucleare di Kursk, ci sono ufficiali e soldati che nel marzo 2022 con la stessa tattica del «mordi e fuggi» si rivelarono in grado di sbaragliare l’attacco russo verso Kiev. Allora le pesanti e lente colonne russe furono decimate dai blitz nemici ai fianchi: sparavano, tiravano missili, droni suicidi e si dileguavano per ripetere i raid a decine di chilometri di distanza.
Forza e debolezza
Lo «Institute for the Study of War» di Washington scrive nel suo rapporto quotidiano che «le forze ucraine sembrano in grado di usare piccoli gruppi armati per condurre assalti limitati e superare le linee di difesa russe». Si spiegano così anche i video e le immagini diffuse dai blogger militari russi, che addirittura riportano di avere monitorato scontri armati e spostamenti di truppe a quasi 50 chilometri dal confine.
Per gli ucraini il rischio resta di consumare le loro truppe migliori, che sono poche e in molti casi stanche da 30 mesi di guerra. Ma l’osservazione tra i comandi a Kiev resta che anche i russi sono stanchi e le loro riserve scarseggiano. Il blitz su Kursk rappresenta un’importante iniezione d’ottimismo in un Paese e nel suo esercito che senza dubbio sono oggi logorati e intimoriti dal proseguire di un conflitto che pare non avere fine.
(da Open)
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