LA TESTA DI DI MAIO SU ROUSSEAU, IDEA REFERENDUM SULLA PIATTAFORMA
AUMENTA LA FRONDA INTERNA CHE CHIEDE UN PASSO INDIETRO DEL CAPO POLITICO,NUOVO VERTICE SERALE, ANCHE PARAGONE LO ATTACCA… DIGNITA’ ZERO: UN QUALSIASI SEGRETARIO CHE FACESSE PERDERE IL 16% DI VOTI AL PARTITO IN UN SOLO ANNO SI SAREBBE GIA’ DIMESSO
La testa del capo politico. Nel magma che è il Movimento 5 stelle dopo il calcio in bocca elettorale, sono servite quarantotto ore perchè gli sguardi basiti della prima ora si iniziassero a tramutare in una vera e propria richiesta di dimissioni.
Quelle di Luigi Di Maio, nella fattispecie. E non dal Governo, la cui esperienza, è il parere dei più, deve continuare, ma da capo politico del Movimento 5 stelle.
“Qui da noi sono tutti stupiti, non si capacitano come a Luigi non sia venuta in mente da solo la necessità di rimettere il suo incarico”.
È un uomo della comunicazione che passeggia fuori dal Palazzo, il Pantheon a pochi metri, a squadernare una situazione vicina allo psicodramma. “Soprattutto quelli del Senato, ce ne saranno almeno una trentina sul piede di guerra”.
È presto per trarre conclusioni, la situazione è molto liquida.
Ma sono in molti a pretendere che nel ritorno alle origini e alle istanze qualificanti del Movimento sia compresa anche la consultazione della base sulle decisioni cruciali.
“Le dimissioni si danno, non si chiedono — mette le mani avanti con Huffpost il senatore Matteo Mantero — Detto questo i nostri attivisti hanno votato il capo politico, sarebbe giusto chiedere a loro se dopo questa sconfitta debba andare avanti”.
Un passaggio formale, da effettuarsi su Rousseau, un vero e proprio referendum sulle responsabilità della “scoppola” (copyright Alessandro Di Battista).
A Mantero fa eco Gianluigi Paragone, uno che ha accesso alla stanza dei bottoni 5 stelle. La generosità di Luigi di mettere insieme 3-4 incarichi in qualche modo deve essere rivista — dice alle telecamere del fattoquotidiano.it — “M5s per ripartire ha bisogno di una leadership politica non dico h24 ma non siamo lontani”.
Poi la stilettata: “La discontinuità è una decisione che è già stata presa dai nostri elettori”.
A Montecitorio frotte di peones sciamano tra il Transatlantico e il cortile spaesati. “Qui da noi ce ne sono almeno una ventina che pretendono le dimissioni di Luigi — spiega uno dei vertici parlamentari — Ma ce ne saranno almeno altrettanti che si potrebbero aggiungere”. –
Una fronda enorme, che investe il cuore della leadership. Perchè tra i punti in discussione ci sono anche i direttivi di Camera e Senato.
Perchè sono stati scelti dal capo politico, sono espressione di un uomo solo al comando ora messo pesantemente in discussione.
In tanti chiedono anche le loro dimissioni, e che si proceda adesso a un voto.
Così come, paradossalmente, la richiesta di rimpasto parte dall’interno: “Ma li hai visti tanti nostri vice o sottosegretari? Ci sono alcuni che ci fanno perdere voti ogni giorno”.
Una reazione così violenta forse nemmeno i vertici se l’aspettavano. È servito che le aule parlamentari e si misurasse con mano il violento ribollire per avere la misura del dissenso montante. Che potrebbe esplodere nell’assemblea congiunta prevista per domani.
Anche per questo Di Maio ha convocato per questa sera un altro supervertice. Con i fedelissimi. Che potrebbe portare a una soluzione improvvisa. O avvelenare ancora di più il clima.
(da “Huffingtonpost”)
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