L’AMICO DI DI MAIO PIAZZATO AL MINISTERO NON SI SCUSA PER I TWEET CONTRO DONNE E GAY E RACCONTA UNA STORIA ESILARANTE
“NON SONO OMOFOBO, I TWEET SONO DEL MIO ALTER EGO RADIOFONICO”… TUTTI GLI ELEMENTI CHE LO SMENTISCONO
Non è stato il primo e di certo non sarà l’ultimo. Enrico Esposito, vice capo legislativo del Ministero dello Sviluppo Economico, amico personale di Luigi Di Maio e da lui scelto per l’incarico da 65mila euro annui, sostiene di essere vittima “della macchina del fango”.
Ieri L’Espresso a veva rivelato ai suoi lettori alcuni tweet di Esposito contro donne e omosessuali . Un caso, subito rilanciato da altri mezzi di stampa, finito anche in Parlamento con le opposizioni che hanno chiesto al ministro Di Maio di intervenire, e in tribunale, visto che l’esponente di Forza Italia Micaela Biancofiore ha annunciato l’intenzione di querelare Esposito per un tweet in cui la definiva “mignotta”.
Eppure, nonostante il poverone sollevato, Esposito decide di attaccare L’Espresso accusandoci di aver creato una macchina del fango contro di lui. E si dichiara innocente.
Non sarebbe infatti omofobo perchè quei tweet sarebbero solo “black humor e satira” del suo “alter ego radiofonico”. Riportiamo qui sotto per completezza di informazione l’intera replica cheEsposito ha consegnato ai social networ
«Oggi ho provato sulla mia pelle cosa significa finire nel vortice della macchina del fango e pagarne il prezzo delle conseguenze. Chi mi conosce sa benissimo che nella mia vita ho sempre avuto la passione per la satira e per il black humor. Infatti, proprio nel periodo di quei tweet riportati dall’Espresso avevo creato un personaggio radiofonico, chiamato “Gianni il Riccone”, che impersonava il mio alter ego razzista, omofobo, sessista e addirittura antimeridionale (proprio io, che sono napoletano!). All’epoca, utilizzavamo twitter per promuovere il nostro programma radiofonico satirico, ma i giornalisti dell’Espresso si sono ben guardati dal riportare le foto di “Gianni Il Riccone”, che pure erano visibili in bacheca, e hanno subito lanciato una campagna diffamatoria nei miei confronti, decontestualizzando quelle frasi. La cosa che più mi ha fatto male è che quelle frasi siano state utilizzate contro di me per farmi sembrare un razzista, un sessista, un omofobo. Proprio io, che ai tempi delle lotte studentesche al liceo e all’università , mi sono sempre impegnato in prima persona, portando avanti battaglie sui diritti civili. Anni di manifestazioni, sit in, convegni e raccolte firme: tutto cancellato da 4 battute di cattivo gusto che non rappresentano affatto, e addirittura sono l’opposto, di quello che è il mio pensiero su queste tematiche».
Tutta colpa dell’Espresso quindi? I
n realtà le cose non stanno affatto così e ci sono una lunga serie di prove a dimostrarlo.
Esposito (anzi, il suo alter ego) sostiene di aver usato Twitter per rilanciare un programma radiofonico. Peccato che in nessuno dei tweet incriminati ci sia mai il link alla trasmissione, un retweet dalla radio, un hashtag particolare, oppure la firma di questo fantomatico “Gianni il Riccone”: come è possibile vedere dagli screen da noi pubblicati, tutti i tweet sono firmati proprio da Enrico Esposito.
Di più: ulteriore prova della fallacia di questa linea difensiva arriva dagli orari di pubblicazione dei tweet: alcuni sono di mattina, altri di pomeriggio o addirittura di notte.
Quello contro Melissa Satta con tanto di hashtag Tiki Taka è stato infatti pubblicato alle 23 e 46, cioè mentre il programma sportivo andava in onda. Impossibile che Esposito stesse registrando una trasmissione radio quindi.
Ultima prova: il tweet di cui sopra è addirittura geolocalizzato a Roma, mentre la sede della radio di cui parla Esposito è in Campania.
Una volta scagionato il buon “Gianni il Riccone”, passiamo al profilo Facebook di Esposito.
Come scoperto da Selvaggia Lucarelli, anche su quel social network Esposito non si è risparmiato pesanti commenti contro le donne.
Sotto la foto di due ragazze a una festa Esposito ha infatti scritto: “Perchè mettono sempre le loro foto e mai la loro tariffa oraria?”.
Lucarelli ha pubblicato altri screen che mettono in mostra il “black humor” di Esposito, ma pensiamo che quanto detto fino ad ora sia sufficiente.
Che il caso Esposito si sia rivelato un problema per Luigi Di Maio lo dimostra però la reazione che la propaganda 5 Stelle sta cercando di allestire.
La parola d’ordine è una: ribadire che dall’Espresso arrivano solo fake news. Su due siti vicini ai 5 Stelle sono comparsi infatti articoli con i seguenti titoli: “Di Maio ha un collaboratore omofobo? No, è l’ultima bufala dell’Espresso” e “M5S, caso Enrico Esposito: L’Espresso crea la bufala, il web piddino rilancia”.
Gli articoli in questioni non fanno altro che rilanciare acriticamente la replica (incredibilmente fallace) di Esposito.
Ma la cosa più interessante è capire chi c’è dietro questi siti.
Uno è registrato da Fabio Papurello, già aspirante candidato 5 Stelle con tanto di candidatura su Rousseau.
L’altro è invece diretto da Marcello Dettori, fratello di Pietro Dettori, responsabile della comunicazione social di Di Maio e pagato dalla presidenza del Consiglio 130mila euro annui.
Proprio Pietro Dettori , uno dei big della comunicazione pentastellata, in queste ore sta twittando questi articoli che gettano fango contro L’Espresso.
Pagato dalle casse statali.
(da “L’Espresso”)
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