L’ARTICOLO DEL FINANCIAL TIMES SU CONTE E MINCIONE
LA REPLICA DI CONTE
Un fondo di investimento sostenuto dal Vaticano al centro di un’indagine sulla corruzione finanziaria era alla base di un gruppo di investitori che assunse Giuseppe Conte per lavorare ad un accordo poco prima che diventasse presidente del Consiglio. Lo racconta il Financial Times in un articolo uscito ieri notte
Il collegamento, contenuto in alcuni documenti esaminati dal Ft, “probabilmente attirerà un ulteriore esame sull’attività finanziaria del Segretariato di Stato vaticano, la potente burocrazia centrale della Santa Sede, che è oggetto di un’indagine interna su transazioni finanziarie sospette”, si legge nell’articolo che chiama in causa i legami tra Conte e Raffaele Mincione: “Nel maggio 2018 — scrive il foglio della City — Conte è stato ingaggiato per una consulenza legale dal gruppo Fiber 4.0. il cui principale investitore è l’Athena Global Opportunities Fund, fondo sostenuto interamente per 200 milioni di dollari dal Segretariato di Stato vaticano e gestito da Raffaele Mincione“.
La storia era già stata raccontata da l’Espresso nel gennaio 2019 e si intreccia ancora una volta con Guido Alpa, mentore e socio dell’attuale premier.
L’articolo del FT arriva dopo che nei giorni scorsi si era parlato di un documento che avrebbe riportato altri dettagli sui legami tra Alpa e Conte. Il fondo in quel periodo, “era impegnato in una battaglia per il controllo della compagnia di telecomunicazioni italiana Retelit”, ricorda il Ft.
Il fondo, tuttavia, non ne ottenne il controllo perchè gli azionisti preferirono a Mincione due investitori stranieri: la tedesca Shareholder Value Management e la compagnia di telecomunicazioni libica.
E Conte, nel suo parere legale del 14 maggio, ottenuto dal Ft, scrisse che il “voto” degli azionisti “poteva essere annullato se Retelit fosse stata collocata sotto le regole del golden power, che permettono al governo italiano di stoppare il controllo straniero di compagnie considerati strategiche a a livello nazionale”, spiega il quotidiano britannico.
Il collegamento con l’attività forense di Conte, scrive il quotidiano finanziario britannico sulla base di alcuni documenti che afferma di aver visionato, potrebbe far avviare le indagini da parte del Segretariato di Stato del Vaticano, che è a sua volta “oggetto di un’indagine interna su transazioni finanziarie sospette”.
Il premier Giuseppe Conte, aggiunge il quotidiano britannico, “ebbe l’incarico di elaborare l’anno scorso un parere legale a favore della Fiber 4.0, un gruppo coinvolto nel controllo della Reselit, una compagnia di telecomunicazioni italiana. Il principale investitore della Fiber 4.0 era il Fondo Athena Global Opportunities, finanziato interamente dal segreteria di Stato vaticana”. Un fondo, a sua volta, “di proprietà di Raffaele Mincione, un finanziere italiano”.
Nel giugno 2018 il consiglio dei ministri ha deciso di esercitare la “golden power” — i nuovi poteri speciali sulle aziende strategiche — sulla società di telecomunicazioni Retelit.
La riunione si svolse sotto la direzione del vice premier Matteo Salvini, visto che il premier Giuseppe Conte era volato in Canada per il G7.
Ma l’assenza di Conte si può spiegare anche con un’altra e ben più prosaica motivazione: conflitto di interessi.
Come aveva scoperto a suo tempo Repubblica, infatti, il 14 maggio scorso Giuseppe Conte aveva firmato un parere pro veritate per un azionista dell’azienda Retelit, nella quale sta andando in scena una guerra per il controllo, indirizzato alla presidenza del Consiglio.
L’azionista era Raffaele Mincione e l’accusa, classica, di conflitto di interessi nasce da una vicenda intricata: Retelit, azienda quotata, ha cavi in fibra ottica per oltre 12.500 chilometri che collegano 9 grandi città italiane: il governo ha il golden power, uno degli azionisti (la Fiber 4.0 di Mincione) è in minoranza perchè gli altri tre (Bousval, Axxion e SVM) hanno firmato un patto parasociale per presentare la propria lista nel consiglio di amministrazione, ma non l’hanno comunicato a Palazzo Chigi. Conte aveva scritto un parere per avallare la tesi di Mincione.
La replica di Palazzo Chigi
Una nota della presidenza del Consiglio sull’articolo del Financial Times è uscita ieri notte dopo la pubblicazione dell’articolo sul Financial Times: “Quanto ai fatti riferiti dal Financial Times si precisa che Conte ha reso solo un parere legale e non era a conoscenza e non era tenuto a conoscere il fatto che alcuni investitori facessero riferimento ad un fondo di investimento sostenuto dal Vaticano e oggi al centro di un’indagine”.
“Nei primi giorni del maggio 2018 l’allora avvocato Conte ha ricevuto dalla società Fiber 4.0 l’incarico di scrivere un parere pro veritate circa il possibile esercizio, da parte del governo, dei poteri di golden Power nei confronti della società Retelit. In quel momento, ovviamente, nessuno poteva immaginare che, poche settimane dopo, un governo presieduto dallo stesso Conte sarebbe stato chiamato a pronunciarsi proprio sulla specifica questione oggetto del parere”, si legge nella nota della presidenza del Consiglio. “Per evitare ogni possibile conflitto di interesse, il presidente Conte si è astenuto anche formalmente da ogni decisione circa l’esercizio della golden Power.
In particolare non ha preso parte al Consiglio dei Ministri del 7 giugno 2018 (nel corso del quale è stato deliberato l’esercizio dei poteri di golden Power), astenendosi formalmente e sostanzialmente da qualunque valutazione.
Si fa presente che in quell’occasione il presidente Conte era impegnato in Canada per il G7. Pertanto non esiste nessun conflitto di interesse, rischio questo che peraltro era già stato paventato all’epoca da alcuni quotidiani.
La circostanza era stata già chiarita e, in particolare, era stato già chiarito che Conte non ha mai incontrato nè conosciuto il signor Mincione”, conclude la nota.
(da “NextQuotidiano”)
Leave a Reply