LE IMPRESE DI AUTO TEDESCHE TIRANO UN SOSPIRO DI SOLLIEVO. QUELLE AEROSPAZIALI FRANCESI ANCHE. E LE AZIENDE ITALIANE? SI BECCANO UN CETRIOLONE
L’ITALIA VOLEVA CERTEZZE SUL SETTORE FARMACEUTICO CHE VALE OLTRE DIECI MILIARDI E SOPRATTUTTO SU QUELLO ALIMENTARE: SUL PRIMO HA INCASSATO CHIAREZZA CON I FARMACI CHE SARANNO TASSATI “SOLO” AL 15%, MA SULL’AGROALIMENTARE RESTANO MOLTI INTERROGATIVI. VON DER LEYEN NON È STATA IN GRADO DI SPIEGARE SE IL VINO RIENTRERÀ TRA I BENI ESENTATI, COME INVECE POTREBBE SUCCEDERE AL COGNAC FRANCESE
La Commissione ha gestito la trattativa tenendo conto delle esigenze e degli interessi degli Stati membri, estremamente diversi tra di loro.
Ha seguito la linea della cautela promossa dal gruppo di Paesi più esposti, guidati da Germania e Italia, evitando di mettere in campo le contromisure come invece chiedevano i fautori della linea dura, capitanati da Francia e Spagna.
Il risultato è frutto del catenaccio italo-tedesco, ma nessuno è in grado di dire come sarebbe andata a finire se l’Ue avesse messo in campo il contropiede franco-tedesco. Trump avrebbe
abbassato le sue pretese oppure oggi saremmo nel bel mezzo di una guerra commerciale?
In questi mesi il governo di Berlino ha investito tutto il suo capitale politico per spingere la connazionale von der Leyen ad avere un occhio di riguardo per i settori industriali. E il risultato finale – tutto sommato – non dispiace affatto alla Germania, che potrà esportare le sue auto negli Stati Uniti a un dazio del 15%, dodici punti e mezzo in meno rispetto alla tariffa attualmente in vigore.
Secondo diverse fonti diplomatiche, la presidente ha dato “molto ascolto, forse pure troppo” al suo Paese. Ma non poteva essere diversamente. L’export tedesco verso gli Usa vale 161 miliardi di euro l’anno, vale a dire il 30% dell’intero export Ue: nessun altro Stato è coinvolto così direttamente. E nell’export tedesco la parte del leone la fa il settore dell’automotive, con 36,8 miliardi.
Nelle scorse settimane la Commissione, su spinta dei costruttori tedeschi, aveva iniziato a negoziare un accordo con gli americani che avrebbe premiato le case automobilistiche pronte a trasferire la produzione oltreoceano. Una soluzione che aveva provocato parecchi malumori soprattutto tra gli Stati membri dell’Est, timorosi di veder fuggire via le imprese della componentistica.
La Francia ha un export decisamente inferiore a quello tedesco (poco più di 43 miliardi di euro) e voleva innanzitutto mettere al sicuro l’export nel settore aerospaziale (la fetta più grande, che vale 9 miliardi): c’è riuscita, visto che gli aeromobili rientrano tra le esenzioni per le quali vale la regola “zero dazi”
Ma Emmanuel Macron dovrà sacrificare la tanto ambita autonomia strategica sull’altare della promessa di acquistare più armi dagli Stati Uniti
L’Italia voleva certezze sul settore farmaceutico che vale oltre dieci miliardi (per l’Irlanda addirittura cinque volte tanto) e soprattutto su quello alimentare, meno pesante economicamente, ma molto di più politicamente.
Sul primo ha incassato chiarezza con i farmaci che saranno tassati “solo” al 15%, ma sull’agroalimentare restano molti interrogativi. Von der Leyen non è stata in grado di spiegare se il vino rientrerà tra i beni esentati, come invece potrebbe succedere al cognac francese. Per Meloni, però, era importante evitare una frattura politica con Trump.
A conti fatti, mettendo sulla bilancia il dare-avere dei singoli leader Ue, ce n’è uno solo che esce vincitore: Donald Trump. […
(da agenzie)
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