LE ONG PRONTE A RIPARTIRE: “SIAMO IN MARE PERCHE’ I GOVERNI HANNO SMESSO DI SOCCORRERE”
NEI PROSSIMI GIORNI TORNERANNO TUTTE NEL MEDITERRANEO
Chi in Spagna, tra Barcellona e il porto di Burriana, chi in Francia, le navi umanitarie che fanno ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale in questi giorni sono tutte ferme, in porto. Non per l’attesa del decreto anti salvataggi annunciato dal governo Meloni e dal ministro Matteo Piantedosi, assicurano, ma per riorganizzarsi e ripartire.
Quasi tutte le imbarcazioni umanitarie più note, infatti, sono state coinvolte nel braccio di ferro col governo italiano delle ultime tre settimane e ora, dicono, hanno bisogno di recuperare forze, oltre a provviste, e di rinnovare gli equipaggi. «Tempo pochi giorni», assicurano, «e saremo di nuovo in mare».
E’ così per la Geo Barents, la nave di Medici senza frontiere, bloccata per diversi giorni a Catania, fino alla decisione delle autorità sanitarie di far sbarcare tutti i naufraghi salvati nei giorni precedenti.
L’imbarcazione si è spostata da Catania ad Augusta, sempre in Sicilia: «Stanno arrivando i nuovi membri dell’equipaggio – racconta il portavoce Riccardo Gatti a Open – faranno un ulteriore training a bordo, nel frattempo completeremo le provviste e i controlli e saremo pronti a partire. In genere le nostre soste durano un massimo di 15 giorni, con una media di dieci».
Nel mentre le leggi italiane potrebbero essere cambiate, con una ulteriore stretta per le organizzazioni umanitarie, ma al momento Gatti preferisce guardare avanti: «Certo il clima potrebbe essere più difficile, ma la verità è che sono anni che lavoriamo in una situazione poco serena nei nostri confronti e chiaramente il livello di stress è elevato».
Molta prudenza, per il momento, sulle annunciate nuove norme: «Abbiamo sempre operato nel rispetto della legalità, le leggi internazionali però riguardano prioritariamente i governi degli stati nazionali chiamati ad applicarle», dice Gatti. La situazione potrebbe complicarsi, certo, tanto più che quando per la prima volta fu imposto un regolamento alle ong (ministro era Marco Minniti del Pd), Msf fu l’unica tra le grandi organizzazioni umanitarie a non aderire: «Ma abbiamo sempre rispettato le leggi internazionali che sono chiarissime in tema di soccorsi in mare», conclude Gatti.
Il ruolo dell’Europa
In porto è anche la Open Arms 1, quasi omonima dell’organizzazione umanitaria spagnola che la gestisce. Nei prossimi giorni partirà da Barcellona, sempre alla volta del Mediterraneo centrale: «Guardiamo con preoccupazione anche al processo penale che ci vede protagonisti assieme all’attuale vicepremier Matteo Salvini, ci sarà una nuova udienza a giorni – dice Valentina Brinis Advocacy officier di Open Arms – Da tempo le organizzazioni umanitarie sono al centro di una campagna che nulla ha a che vedere con il loro effettivo ruolo nelle situazioni di emergenza, capiamo la necessità di coinvolgere l’Europa ma chiediamo di farlo a terra non mentre ci sono vite da salvare».
Sos Humanity, l’organizzazione tedesca che guida la Humanity 1, in porto a Burriana (Spagna), sottolinea che il problema con l’Europa c’è: «E’ chiaro che al ruolo degli stati costieri va affiancato quello degli stati interni per l’accoglienza e la protezione umanitaria, ma questo scontro, che contiene degli elementi veri, non può portare ad affermare che chi affaccia sul Mediterraneo ha il diritto di non soccorrere più – dice Wasil Schauseil di Sos Humanity – E’ stato detto che le ong agiscono nella illegalità, voglio solo ricordare che abbiamo organizzato le prime missioni umanitarie in mare quando, nel 2014, i governi hanno deciso di interrompere l’operazione Mare nostrum e di smettere di salvare chi si trova alla deriva nel Mediterraneo».
Partirà tra qualche tempo, infine, dopo alcune opere di “cantiere” a Marsiglia, la Ocean Viking di Sos Mediterranee, forse la principale protagonista della battaglia delle ultime settimane, visto che è a lei che la Francia ha accettato di aprire il porto di Tolone.
Il presidente di Sos Mediterranee italia, Alessandro Porro, lavora in pronto soccorso. Risponde al telefono mentre è in turno, spiegando che «se arriva un’emergenza devo attaccare», e promette che sarà a bordo della prossima missione: «Siamo preoccupati perché questa campagna può spingere i cittadini a smettere di sostenerci, specie quando i riflettori si spegneranno, ed è l’effetto che ci preoccupa di più, perché i sequestri in passato si sono spesso rivelati illegittimi. E siamo preoccupati perché, come è già accaduto nel 2018, questo genere di sceneggiate ha la diretta conseguenza di far aumentare i morti in mare. In ogni caso dopo le opere di cantierizzazione che avevamo in programma già da tempo, ripartiremo. Come sempre».
(da Open)
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