LE RIFORME? DIPENDONO DA RUBY
IL 18 LUGLIO POTREBBE ESSERCI LA SENTENZA DI APPELLO DEL PROCESSO E LA POSSIBILE CONFERMA DELLA CONDANNA A 7 ANNI… BERLUSCONI VUOLE LEGARE LE RIFORME ALLA SUA SALVEZZA GIUDIZIARIA
Denis Verdini glielo ripete come un mantra in questi giorni cupi: “Silvio stai tranquillo che Matteo manterrà i patti”.
Verdini è toscano, è senatore, è plurinquisito, è amicissimo del premier ed è la faccia impresentabile del patto del Nazareno.
Per un po’ di tempo è stato emarginato, anzi epurato dal cerchio magico, ma da quando si è staccato da Raffaele Fitto, l’anti-Toti con l’eterna faccia da bimbo che vuole le primarie, è ritornato con più frequenza alla corte di Silvio.
Il mantra di Verdini è una sorta di palliativo per l’umore nerissimo di Silvio Berlusconi. La svolta c’è stata la scorsa settimana dopo lo scontro in aula al processo napoletano a “Valterino” Lavitola, il faccendiere dei due mondi.
Il botta e risposta con il presidente del tribunale, culminato con quella frase che potrebbe costargli cara, “la magistratura è incontrollata, incontrollabile, irresponsabile e ha l’immunità piena” ha generato un’ossessione che sul lungo periodo potrebbe seriamente logorare il patto sottoscritto con Renzi sulle riforme: “Com’è possibile che un giorno faccio il condannato a Cesano Boscone e l’altro invece sono un padre della patria?”. Atroce dubbio che adesso si riverbera su un’altra scadenza fatidica: la sentenza d’Appello del processo Ruby, prevista per il 18 luglio e che potrebbe confermare la condanna a 7 anni di B. per concussione e prostituzione minorile.
L’ex Cavaliere non parla d’altro e fa riunioni su riunioni con il suo pool di avvocati: Franco Coppi e Filippo Dinacci e anche Niccolò Ghedini e Pietro Longo, che però non possono stare in aula per l’Appello essendo indagati nel cosiddetto Ruby ter per corruzione di testimoni.
L’obiettivo di Coppi, che nel suo prestigioso curriculum vanta esperienze e pubblicazioni nel campo dei reati sessuali, è arrivare all’assoluzione del suo assistito almeno per l’infamante reato di prostituzione minorile.
Ma Berlusconi, pur partecipando alla riunioni con flebilissimo ottimismo, alla fine è convinto che sarà condannato per la solita “persecuzione politica”.
Ed è qui che s’innesta il balletto sulle riforme, dall’Italicum al Senato.
Berlusconi vuol trasformare l’accordo del Nazareno (sempre che non l’abbia già fatto in quei famosi sette minuti segreti in cui rimase da solo con “Matteo”) in una polizza anti-Ruby, legando ancora una volta il suo destino giudiziario alla vicende politiche.
Per farlo è pronto a cavalcare i mal di pancia trasversali (compresi quelli di Forza Italia) sul Senato non elettivo.
Si ripeterebbe in pratica lo stesso schema che sia con la condanna per Mediaset sia con la successiva decadenza ha portato Forza Italia a lasciare l’allora governo Letta.
Questo nuovo processo di logoramento è di fatto iniziato e avrà un primo significativo test il 18 luglio (per la cronaca va aggiunto che prima ci sarà la sentenza Mediatrade su Pier Silvio B.) e a quel punto l’onere della prova su Berlusconi delinquente o padre della patria inizierà a essere scaricato sul premier e sul Quirinale.
Questo il percorso profetizzato nella corte berlusconiana: “Noi certamente il primo voto alle riforme da qui a una settimana lo daremo, poi dopo è tutto da vedere, il primo voto, da solo, non significa nulla”.
È il segnale che la partita delle riforme incrocerà l’ennesimo guaio giudiziario del Cavaliere. Senza dimenticare che un verdetto di colpevolezza in Appello potrebbe essere confermato dalla Cassazione entro la fine dell’anno.
E l’ossimoro del delinquente padre della patria potrebbe rimettere in pista il tormentone della grazia, stavolta per concussione e prostituzione minorile.
In questo scenario, poi, non è detto che al Quirinale ci sarà ancora Napolitano. L’eventuale tormentone sulla nuova grazia potrebbe essere gestito da lui ma anche da un altro capo dello Stato.
Chissà .
Fabrizio d’Esposito
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