LE TRE DONNE DI SCAJOLA E LE MANOVRE PER SALVARE IL TESORO DI MATACENA
IL RUOLO DI MARIA GRAZIA, ROBERTA E CHIARA
«Sto anticipando il mio rientro in Italia e sono in grado di chiarire tutto, è la sola cosa che voglio»: lo dice Chiara Rizzo, la moglie di Amedeo Matacena, colpita da provvedimento restrittivo nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Reggi Calabria che ha portato all’arresto dell’ex ministro Claudio Scajola.
«Sto tornando da un viaggio programmato – dice la moglie di Matacena – per mettermi a disposizione della giustizia e per chiarire la mia posizione. L’unica cosa che voglio e riabbracciare i miei figli e chiarire. Credo nella giustizia e ritengo che presto si farà chiarezza. Chiarirò tutto, anche le parole dette a Scajola e riportate dalle intercettazioni. Io ho appreso la notizia ieri, non avevo idea di tutto questo e, se lo avessi saputo, non sarei partita».
“Robertina”, Maria Grazia e Chiara. Tre donne legate da un rapporto, più che di amicizia, di affari.
Ma i “loro” affari sono in realtà solamente quelli di Claudio Scajola e Amedeo Matacena. E sono proibiti. Non che a loro importasse.
Maria Grazia Fiordelisi, segretaria di Matacena, e Roberta Sacco, “ombra” dell’ex ministro per l’intera sua carriera politica, sarebbero state pronte a tutto pur di aiutare i rispettivi “capi” a tessere la loro tela.
Anche a far girare su conti correnti a loro intestati fiumi di denaro, perchè ne venisse cancellata ogni traccia.
E a Maria Grazia e Roberta si rivolgeva per ogni sua esigenza Chiara Rizzo, moglie di Matacena, l’unica delle tre ancora in libertà , malgrado l’ordine di arresto inviato a Montecarlo (Carlo Biondi, il suo avvocato assicura che appena tornerà dal viaggio all’estero programmato si consegnerà alle forze di polizia).
Poco importa se tra quest’ultima e la segretaria del marito venisse mantenuta una certa forma, quel “lei” che quasi stona davanti al delicato contenuto delle conversazioni, mentre con “Roby” tutto sembra molto più semplice, e la confidenza è quella di due amiche di vecchia data.
Maria Grazia Fiordelisi, 51 anni, originaria di Lauria, in provincia di Potenza, vive a Sanremo, in via Ansaldi, una strada tranquilla accanto all’Aurelia.
Da lì gestiva gran parte dei traffici dell’ex parlamentare del Pdl e della moglie, e da lì poteva raggiungere in poco più di mezz’ora Montecarlo, dove entrambi vivono.
Ieri mattina, quando gli uomini della Dia hanno bussato alla sua porta, sembrava quasi che se lo attendesse da un momento all’altro. Forse consapevole di avere infranto molte regole per sistemare le “cose” del suo capo.
Per il gip del Tribunale di Reggio Calabria Olga Tarzia, la segretaria di Matacena «è detentrice di ogni informazione, impegnata nelle movimentazioni economiche e persona a cui si rivolge sistematicamente, senza necessità di spiegazioni, Chiara Risso, evidentemente delegata dal marito».
Non è strano, allora, che la Fiordelisi, a Sanremo, fosse praticamente una sconosciuta: la maggior parte del suo tempo era dedicata al lavoro che le è costato gli arresti domiciliari.
Ben diversa, invece, la figura di Roberta Sacco.
La sua giornata, ieri, è stata lunghissima, e ha lasciato il segno. Viso tirato e stanco, capelli all’indietro con gli occhiali da sole a fare da cerchietto, gilet blu e borsa a tracolla turchese.
Così “Robertina”, come la chiamava Scajola, o “Roby”, per Chiara Rizzo, nel pomeriggio di ieri ha lasciato gli uffici dell’ex ministro in viale Matteotti insieme agli uomini della Dia, che l’hanno poi accompagnata a Diano San Pietro dove risiede col marito e dove ha iniziato a scontare gli arresti domiciliari.
In attesa dell’interrogatorio di garanzia e di un eventuale ricorso al Riesame. Roberta Sacco, 43 anni, per l’intera mattinata, e dall’alba, ha assistito assieme al suo avvocato, Piera Poillucci, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, alla perquisizione nell’appartamento adibito ad ufficio dell’ex ministro, nel quale ha iniziato a lavorare venti anni fa. Sempre e solo al fianco di Scajola.
A dirla tutta, le stanze di viale Matteotti sono diventate il sancta sanctorum di Scajola solo dopo l’ascesa dell’ex sindaco del capoluogo ai vertici politici nazionali, con la Democrazia Cristiana fino a Tangentopoli, poi con la lista civica “Amministrare Imperia”, e, infine, dal 1996, con Forza Italia.
Roberta Sacco ha iniziato a lavorare a tempo pieno per Scajola proprio a partire dalle elezioni amministrative del 1995, quando l’ex ministro – sindaco uscente – aveva deciso di candidarsi con la lista civica.
Poi, per la Sacco, gli impegni tra lavoro e passione politica sono diventati sempre più pressanti e coinvolgenti. Troppo. Seppure lei non abbia mai tenuto al potere, almeno esteriore.
Il suo ruolo, come si conviene ad ogni “assistente del capo”, è diventato via via sempre più discreto, dietro le quinte: gestione dell’agenda, organizzazione degli incontri, coordinamento delle scorte di Scajola.
Già nelle foto celebrative dello staff politico di Scajola delle elezioni del 2001 che lo incoronarono ministro dell’Interno del primo governo Berlusconi, “Robertina” non compare più.
Chi la conosce molto bene, oggi dice che Roberta è rimasta “vittima” del suo attaccamento al lavoro e di una sorta di sudditanza nei confronti di Claudio Scajola. Ma non per questo, per la Dda, adesso è meno responsabile.
E poi c’è Chiara. La moglie di Matacena cui Scajola, secondo il gip, «era asservito». Quarantatrè anni come Roberta Sacco, della quale è nata solo otto giorni prima, messinese di nascita e monegasca di adozione, per l’accusa era il tramite principale tra Matacena e Scajola.
Con il quale non esitava nemmeno a fare riferimenti alla latitanza del marito. Anche se spesso parlavano pure di politica.
Chiara Rizzo emerge dall’ordinanza come una donna “scafata”, al corrente di tutto e che sa come muoversi.
Ad esempio, quando per ricevere via mail documenti dalla segretaria di Matacena utilizza l’indirizzo di una sua amica.
O quando non chiede nemmeno perchè debba mettere una firma su un documento o correre in banca. Eccola, un’altra donna nella rete, che non si preoccupa di mettere a disposizione il suo account di posta elettronica per aiutare Matacena e l’amica.
Il gip è chiaro: ci sono tante persone che hanno a cuore le sorti dell’ex parlamentare. E molte sono appunto donne.
Tra loro c’è ancora una sanremese, Elisabetta Hoffman, abita alla Foce. E anche lei si è messa “a disposizione”.
E anche a casa sua è arrivata la Dia, per perquisirla, anche se la donna non risulta indagata.
(da “il Secolo XIX“)
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