LEGGE ELETTORALE, BERLUSCONI PRENDE TEMPO: “RENZI VUOLE VOTARE MA NOI NON SIAMO PRONTI”
“I SONDAGGI VANNO MALE E NON ABBIAMO UN CANDIDATO”…IL TIMORE PER LA SECONDA INCHIESTA SULLA COMPRAVENDITA DEI PARLAMENTARI
È nel silenzio di queste settimane festive che si è materializzata la grande paura: “Renzi – ha ripetuto Silvio Berlusconi ai suoi — vuole andare a votare, ma noi non siamo pronti per il voto. I sondaggi vanno male e non abbiamo un candidato”.
E allora si capisce perchè la manovra sulla legge elettorale più che ad una “grande offerta” al segretario del Pd assomigli a una “grande ammuina”.
E perchè al termine della riunione alla Camera con i capigruppo, i vice e gli sherpa Verdini, Paolo Sisto e Bruno venga diramato un comunicato che suona come un modo per prendere tempo: “Nel corso della riunione — è scritto nella nota – c’è stato un approfondimento delle diverse proposte di Renzi in modo da consentire al presidente Berlusconi di formulare una rapida risposta al segretario del Pd”.
La verità è che il Cavaliere teme Renzi. E ai suoi ha dato mandato di fiutare l’aria ma senza scoprirsi più di tanto: “Renzi vuole giocare su due forni — dice un big di Forza Italia — con noi e con Alfano. Ma noi non abbiamo alcun interesse oggettivo ad andare al voto per farlo vincere”.
Altro che election day: a dispetto delle esibizioni muscolari di chi si mostra pronto alle urne con le europee, l’ex premier è consapevole che rischia solo di “tirare la volata” al sindaco segretario, come dicono nell’inner circle: elezioni, Renzi a palazzo Chigi e il Cavaliere nel museo delle cere della Seconda Repubblica.
E allora un conto è dialogare sulla legge elettorale, altro è cercare le urne. Perchè stavolta è diverso. È nel calendario giudiziario che si annidano le indecisioni, i dubbi e le paure del Cavaliere.
È nel calvario delle prossime settimane che prederà forma il tentativo di impaludare la guerra lampo di Matteo. La Befana ha portato notizie di nuove, possibili inchieste a Napoli. Sulla cosiddetta “operazione libertà ” i pm Woodcock e Piscitelli hanno continuato a lavorare su un nuovo filone e non solo in merito all’inchiesta sulla famosa compravendita dei senatori ai tempi del governo Prodi attraverso De Gregorio.
È la “compravendita” sul voto di sfiducia ottenuto da Fini nel dicembre del 2010 sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti: i cambi di casacca, l’operazione “Responsabili” di Razzi e Scilipoti, le conversioni sospette.
Oltre alla deposizione di De Gregorio che alla procura ha raccontato alcune confidenze di Verdini sui mezzi da usare per convincere i parlamentari al cambio di schieramento, c’è la testimonianza di Gianfranco Fini, ascoltato poco prima di Natale. Una testimonianza su cui è filtrato davvero poco.
Ecco perchè Berlusconi non ha nascosto una certa inquietudine sul filone della “compravendita bis”.
Anche perchè, diversamente dalla “compravendita 1”, è un filone lontano dal rischio di prescrizione.
E non ha nascosto inquietudini sul ruolo di Valter Lavitola, al cui nome sono stati associati dei video vietati ai minori che il faccendiere di Finmeccanica avrebbe girato in Sudamerica nel tempo libero del Cavaliere.
Nè è da considerarsi un dettaglio l’appello su Ruby, anche se, sull’esito, nessuno ad Arcore nutre qualcosa di più di una speranza.
Ma è legato alla condanna più dura il carbone più amaro per Berlusconi.
Secondo i suoi avvocati si svolgerà a febbraio l’udienza per stabilire in che modo l’ex premier sconterà la pena dei dieci mesi prevista per il processo Mediaset.
Domiciliari, servizi sociali, sia quel che sia è la decisione più densa di implicazioni politiche.
Perchè impatta su quella che il Cavaliere chiama “agibilità politica” per dieci mesi. Ecco perchè l’election day è un bluff.
Il rischio che Berlusconi ha ben presente in questa delicata partita con Renzi è di arrivare al 25 maggio limitato nella libertà di movimento e di parola, o magari nel silenzio più assoluto, e con l’eventualità di nuove inchieste e di nuovi capi di imputazione.
E, per di più, senza un candidato per palazzo Chigi.
Meglio fare ammuina. E dialogare, certo, sul sistema elettorale.
Ma svincolandolo dalle urne. Per ora la preferenza del Cavaliere è sul modello spagnolo.
Però la parola “fretta” è scomparsa dal tavolo della trattativa.
(da “Huffingtonpost“)
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