LETTA RISCHIA-TUTTO: FIDUCIA SENZA BERLUSCONI E SFIDA A RENZI
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DOMANI VA ALLE CAMERE: NON VUOLE I VOTI DEL CAVALIERE: SE NON SPACCA IL PDL SI DIMETTE…. NEI SONDAGGI HA GIà€ RAGGIUNTO IL SINDACO
“L’ho tirata troppo in lungo. Forse, nella connessione tra la vicenda della sentenza e del governo, potevo un chiarimento farlo prima”. Così Enrico Letta rispondeva domenica sera a Fabio Fazio che gli chiedeva quali errori si imputasse.
E a partire da questa linea e da questa consapevolezza, il dado è tratto: domani va in Senato (alle 9 e 30) e poi alla Camera (alle 16) e si gioca il tutto per tutto.
O dentro, e dentro davvero. O fuori, e fuori del tutto.
Con un corollario, però, non secondario: il voto di Berlusconi e dei berlusconiani non lo vuole. Continuare ad essere vittima di un ricatto quotidiano rischia di bruciarlo adesso e in futuro. Anche perchè non c’è solo la partita del governo, ma anche quella del partito, che potrebbe decidere di giocare in prima persona contro Matteo Renzi.
E dunque — ripetono gli uomini a lui più vicini — domani alle Camere farà un discorso che Berlusconi non potrà votare.
A cominciare dall’inserimento nel testo della necessità della separazione tra le vicende personali del Caimano e il governo, con la sottolineatura che la sentenza che lo riguarda si deve applicare. Punto e basta.
Ieri è stata una giornata vissuta sul filo a Palazzo Chigi.
In mattinata, sembrava davvero che il Pdl potesse spaccarsi e che il premier potesse portare a casa i voti dei moderati, e governare almeno fino al 2015.
Uno scenario non privo di incognite, con una parte del Pd (a cominciare dai renziani) non proprio entusiasta.
A un certo punto, è cominciato a serpeggiare l’incubo, quello vero: che Berlusconi per l’ennesima volta, ricomponesse i suoi, votasse la fiducia al governo in carica (tecnicamente Letta non ha accettato le dimissioni dei ministri) e un momento dopo (venerdì, col voto in giunta) ricominciasse col solito gioco dei ricatti.
In serata, gli umori erano sollevati.
Berlusconi scopriva il gioco, chiedendo di votare Iva e Imu e poi andare alle urne. Rispondeva netto Franceschini a nome dell’esecutivo: “Proposta irricevibile”.
Anche se l’operazione “spaccare il Pdl” sembrava molto più difficile. “I voti non ce li abbiamo”, ammettevano ieri molti Democratici.
Insomma, il premier domani si gioca tutto. Franceschini ha ribadito che il governo vuole una fiducia. Ma in realtà non è deciso se la fiducia verrà posta o meno, dicono da Palazzo Chigi. Dipende da come andrà la giornata di oggi, dipende da come andrà il dibattito domani. L’esecutivo potrebbe chiederla o chiedere un voto su una mozione. O se si dovesse rendere conto di non avere i voti, Letta salirebbe direttamente al Colle a dimettersi.
Fedele alla linea “non sarò un re Travicello” farà un discorso programmatico: la legge di stabilità , il semestre europeo, la garanzia per la legge elettorale. Attento a inserire contenuti propri dell’agenda democratica.
Ieri, Massimo D’Alema è entrato in campo: “Se si va al voto tra fine febbraio e primi di marzo temo che a dicembre si dovrebbero fare le primarie per il premier”. E dunque, niente congresso. D’Alema (e con lui molti ) non vuole perdere il partito.
Renzi, dal canto suo, non vuole perdere la possibilità del governo e dunque l’idea che il premier resti in carica troppo a lungo non gli piace (“Ascolteremo cosa dice in Aula e valuteremo”, ha detto ieri). Un governo di scopo con voto dopo Natale potrebbe tenere insieme varie esigenze. E Letta deve tenere conto del suo futuro politico.
Sempre ieri al Tg3 Antonio Noto di Ipr Marketing ha detto che ormai nei sondaggi il premier e il sindaco di Firenze sono praticamente pari.
Nelle scorse settimane Renzi era sempre avanti. Le posizioni dure e pure di Letta sulla evidentemente pagano.
Se il capo del governo vuole sfidare l’altro alle primarie, e al limite anche candidarsi alla segreteria del Pd (l’altra sera a Che tempo che fa a domanda specifica non ha risposto nè sì, nè no) deve continuare su questa linea.
Che non contempla governicchi di minoranza, guida di governi di scopo e ulteriori sudditanze a Berlusconi. Una posizione che ha spiegato bene anche a Giorgio Napolitano: i due si sentono più volte al giorno e concordano tutte le mosse.
Ma la necessità del Colle di salvare le larghe intese a tutti i costi si scontra con l’esigenza di Letta di restare in gioco come leader non solo del presente, ma anche del futuro.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano“)
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