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LIBIA, IL PRIMO MINISTRO SCARICA AL.MASRI:”E’ UN CRIMINALE, MAI CHIESTO L’ESTRADIZIONE ALL’ITALIA”

E COSI’ SMENTISCE LA VERSIONE DEL GOVERNO MELONI ALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE…. ORA CI MANCA CHE PARLI IL TORTURATORE E SIAMO A POSTO, LA FIGURA DEGLI INUTILE SERVI SAREBBE CERTIFICATA

Sono giorni di fuoco a Tripoli da quando sono iniziati gli scontri armati tra le milizie contrapposte che stanno creando nuovi equilibri nel paese. Tutto è iniziato con l’esecuzione, in stile mafioso, di Abdel Ghani al-Kikli, meglio noto
come Gheniwa, capo di uno dei gruppi armati più potenti di Tripoli, la Stability Support Authority (Ssa). Ieri il primo ministro Abdul Hamid Mohammed Dabaiba ha annunciato di voler consegnare alla Corte Penale Internazionale Najeem Almasri, il capo della polizia giudiziaria libica, gestore delle prigioni lager dove, come confermano i rapporti degli organi di giustizia internazionale, vengono rinchiusi i migranti che arrivano da tutti paesi dell’Africa per partire per l’Europa, e vengono sottoposti a torture ed estorsioni. Almasri è ricercato dalla CPI per crimini contro l’umanità, e dopo il suo arresto in Italia nel gennaio scorso, fu rispedito in Libia con un volo di Stato dal nostro governo, che non lo consegnò alla Corte dell’Aja. Dabaiba con un video pubblico ieri, ha scaricato Almasri, definendolo un pericoloso criminale ed ha detto di voler rendere pubblico il rapporto sui suoi crimini. Proprio due giorni fa, nel bel mezzo degli scontri armati che stanno attraversando Tripoli, il governo libico aveva annunciato il riconoscimento della Corte Penale Internazionale, che fino ad oggi aveva ignorato.
“Ho ricevuto pressioni per il suo rilascio, mai chiesto estradizione all’Italia”
Nel video, reso pubblico in Europa dal collettivo Refugees in Libya, che denuncia da sempre i crimini dei miliziani libici, che negli anni hanno assunto ruoli di potere enormi in Libia, il primo ministro Dabaiba ha parlato dei crimini di Almasri. “Najeem Almasri è ricercato dalla Corte Penale Internazionale, non ho chiesto la sua estradizione dall’Italia – ha detto Dabaiba – siamo rimasti
sorpresi dal rapporto della CPI sui suoi crimini, avrebbe stuprato una ragazza di 14 anni, come possiamo fidarci di una persona del genere? Pubblicherò il rapporto che ho ricevuto su di lui e sui crimini che ha commesso”.
Oltre a scaricare di fatto quello che è stato fino a pochi giorni fa il capo della polizia giudiziaria libica, il premier ha anche smentito quella che è stata la memoria presentata dal governo italiano alla CPI rispetto alla mancata consegna di Almasri, quando era stato fermato in Italia nel gennaio scorso.
Lo scorso 6 maggio infatti, nel documento inviato da Roma a l’Aja, c’era scritto che l’Italia aveva dato precedenza alla richiesta di estradizione avanzata dalla Libia, per questo lo aveva rispedito a Tripoli. Gli eventi degli ultimi giorni si susseguono ad un ritmo incessante a testimonianza di una operazione articolata, probabilmente pianificata da qualche tempo. Mentre le milizie armate della Brigata 444, provenienti da Misurata, armati con equipaggiamento turco ed addestrati da contractor italiani, sono entrati in città per fare “pulizia”, il governo di Dabaiba si è impegnato a riconoscere la giurisdizione della CPI fino al 2027 per i crimini commessi in Libia dal 2011. L’impegno è avvenuto il 12 maggio, lo stesso giorno dell’assassinio di Al Khikli. Dopo la morte del potente boss, è scattata la caccia ad Almasri. La brigata 444 di Misurata ha iniziato a scontrarsi nelle strade di Tripoli con la Rada, la milizia di Almasri. Due giorni fa il procuratore della CPI, Kharim Khan ha chiesto alla Libia di consegnare Almasri dando seguito al mandato di cattura internazionale che pende nei suoi
confronti. Il video messaggio di Dabaiba arriva dunque in risposta alla CPI. Alcune delle cose dette dal primo ministro libico faranno sicuramente discutere. Innanzitutto perché Dabaiba ha detto di non conoscere quello che fino a pochi giorni fa era il capo della polizia giudiziaria del paese che governa. “Non lo conosco, non l’ho mai incontrato prima” ha detto il primo ministro libico. Eppure qualcuno deve avercelo messo a capo delle prigioni lager dove vengono torturati i migranti. Ed ha aggiunto: “Siamo sorpresi da chi lo difende. Ho avuto pressioni da più parti ed anche dall’ambasciata italiana per il suo rilascio”.
“La grande pulizia”: eliminare alcuni boss e unificare il paese
L’impressione è che nell’ultima settimana in Libia sia andato in scena un piano ben congegnato e che gode del supporto internazionale. La brigata 444 di Misurata, è fedele a Dabaiba ed ha lanciato la sfida alla Rada di Almasri, che, come un vero e proprio clan mafioso, gestiva a piacimento gli affari interni. Il premier ha annunciato di aver preso il controllo delle prigioni ed aver sciolto la Rada, di fatto ha quindi dichiarato guerra ad Almasri, che nel frattempo viene braccato dalle milizie di Misurata. Prima ancora, l’esecuzione di Al Khikli ha rappresentato l’eliminazione di un altro boss della milizia di grande potere. L’estate scorsa c’era stato l’assassinio di Abd al-Rahman Salem Ibrahim al-Milad, meglio noto come “Bija”, il capo della cosiddetta Guardia costiera libica, addestrata a finanziata dal nostro paese. Ma è stato il caso Almasri e la sua gestione da parte del governo Meloni che ha acceso i riflettori internazionali
sulla situazione libica. Di sicuro la vicenda Almasri ha imbarazzato il nostro paese ma anche la diplomazia europea, già alle prese con l’ottemperanza dei mandati di cattura contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Lo stesso premier libico dalla vicenda Almasri ne è uscito con le ossa rotte politicamente, in quanto considerato una figura molto debole nelle mani dei miliziani accusati di crimini contro l’umanità. Ma subito il governo Meloni ha dovuto fare i conti con la presenza di Al Khikli a Roma, dove si è fatto curare in un ospedale della capitale. A questi eventi, sono poi seguiti due appuntamenti internazionali in cui è possibile che l’Italia abbia affrontato l’argomento con diversi partner. Il vertice Med 5 di Napoli dello scorso 11 aprile, con i ministri degli esteri dei paesi del Mediterraneo, in cui capo del Viminale, Matteo Piantedosi, ha incontrato l’omologo libico Mustafà Trabelsi. E soprattutto il vertice Italia – Turchia, tra Giorgia Meloni e Recyyp Erdogan di due settimane fa. Il piano sembra aver preso di mira i principali boss delle milizie, con lo scopo però di unificare le due parti in cui è divisa la Libia, quella della Tripolitania e quella della Cirenaica nelle mani del maresciallo Haftar. Proprio il figlio di Haftar, insieme ad alcuni rappresentanti di Dabaiba sono stati ricevuti a Washington nelle settimane scorse. Un piano quindi che avrebbe messo insieme interessi internazionali diversi, finalizzati ad un nuovo equilibrio di potere in Libia. E così quelli che fino a due settimane fa erano considerati, dal governo di Tripoli, rispettabili funzionari pubblici, come Almasri e A
Khikli, ora sono diventati pericolosi criminali. Il primo, contro cui la Procura di Tripoli ha emesso anche un mandato di cattura, potrebbe essere consegnato alla CPI in caso di cattura, il secondo invece è stato fisicamente eliminato.
Cambiare tutto per non cambiare nulla: Hamza il nuovo uomo forte
Come ha denunciato in questi giorni Refugees in Libya, gli scontri armati tra la Brigata 444 di Misurata e la Rada hanno lasciato per le strade di Tripoli una lunga scia di sangue. Molti i migranti che ne hanno fatto le spese, trovandosi in mezzo agli scontri, venendo colpiti come vittime collaterali. Quello che sta accadendo a Tripoli però, non dà proprio l’idea di una svolta democratica nel paese che si trova di fronte alle coste italiane del Mediterraneo. Eliminati i boss di una milizia, ora sono i capi della Brigate 444 di Misurata a dettare legge nelle strade della capitale. Il nuovo boss sembra essere Mahmoud Hamza, direttore dell’intelligence militare e comandante della Brigata 444. Anche lui ha combattuto contro Gheddafi quando è stato deposto l’ex dittatore, ma la sua milizia è considerata una elite dal punto di vista della formazione militare. Hamza è stato spesso negli Usa ed in Europa, e tutto fa pensare che il rafforzato governo di Dabaiba possa affidare a lui il ruolo di “uomo forte” per garantire la sicurezza a Tripoli. L’eliminazione dei boss delle milizie dunque sarebbe finalizzato ad una sostituzione di fatto, e non alla fine di un modello di governance del tutto oscuro che vige nel paese dalla caduta di Gheddafi. La prima uscita internazionale del governo libico, dopo quello che sta accadendo in
questi giorni, sarà nuovamente in Italia, al vertice NATO per la sicurezza del Mediterraneo che si terrà a Napoli il prossimo 26 maggio.

(da Fanpage)

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