SPIAZZATA DALLA CLAMOROSA ESCLUSIONE AL VERTICE DI TIRANA, MELONI PROVA A TORNARE IN PARTITA PROSTRANDOSI A VANCE E TRUMP
PUNTA SU UN INCONTRO CON VANCE E VON DER LEYEN OGGI PER UNA FOTO DA SPENDERSI SUI MEDIA
Visto che con il blocco di testa dell’Ue i rapporti restano complicati — il gelo con Macron è plateale, gli scambi con Merz sono cordiali, ma il cancelliere, si è visto ieri, non si sfilerà dall’abbraccio franco-tedesco — la premier si affida allora al canale con l’altro lato dell’Atlantico.
I contatti con l’amministrazione repubblicana sono febbrili, in queste ore. Il primo obiettivo a cui lavora Palazzo Chigi è considerato già alla portata, dall’entourage di Meloni: il vice- presidente Usa, JD Vance, oggi è a Roma per l’intronizzazione di papa Leone XIV. La presidente del consiglio lo incontrerà. Fonti governative di primo piano considerano estremamente avanzate le trattative per coinvolgere nel summit la presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen.
La proposta a cui lavora l’Italia è un incontro vero, non un rendezvous estemporaneo, magari in piedi, nella basilica di San Pietro. L’idea è ospitarlo a Chigi, dove potrebbe essere ricevuto anche Volodymyr Zelensky. O a villa Taverna, nell’ambasciata statunitense.
Comunque in una sede istituzionale, anche per dare l’idea di un vertice con tutti i crismi, non un rapido scambio a margine della cerimonia papale.
La foto del terzetto sarebbe un primo tentativo di rammendare i danni politici e
d’immagine causati dallo scatto in Albania, quel tavolone con Macron, Starmer, Tusk e Merz al telefono con Trump, mentre la premier era in una stanza affianco.
Il secondo step per Meloni riguarda direttamente The Donald. Il tycoon ieri ha annunciato che domani chiamerà Putin, Zelensky e «alcuni paesi della Nato». Ecco, il governo punta ad essere nella lista. Non sono ancora arrivate conferme da Washington, ma l’operazione, con tutte le cautele, è in corso sottotraccia.
Per la premier, molto più della foto col vice-Donald oggi, sarebbe una chance per mostrarsi in pista, nel novero dei leader con cui il capo della Casa Bianca si consulta sui dossier più spinosi, come l’Ucraina.
I margini di manovra in Ue restano invece angusti. Lo strappo con Macron, certificato ieri mattina con parole nettissime dal braccio destro della premier, Giovanbattista Fazzolari, sembra quasi impossibile da ricomporre. Con Friedrich Merz, ricevuto ieri con tutti gli onori a Chigi, e poi a cena, Meloni ha una consuetudine di rapporti, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, può giocare di sponda con la Cdu, gemellata a FI nei popolari.
Ma il tedesco non ha intenzione di stravolgere gli equilibri consolidati. Resta saldamente al fianco di Parigi. Pure nella sede del nostro governo ha speso sì elogi per la premier, molti complimenti per la visita a Washington, l’Italia deve restare «protagonista» e va coinvolta, etc. Ma anche in ambienti di governo, quasi nessuno ormai scommette su uno sganciamento del tedesco da Macron
Merz gli ha anche dato ragione sul fatto che non si stia discutendo di truppe in Ucraina, cioè l’opposto di quanto sosteneva a Tirana Meloni. Poi ha preso le distanze dalla lettera che prepara l’Italia sulla corte di giustizia europea, ha lodato Draghi e Letta, ha parlato delle distanze con Roma sul Mercosur.
(da Repubblica)
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