LO “SFAVILLANTE” CURRICULUM DI ALESSANDRO GIULI, NEO-MINISTRO DELLA CULTURA: DOPO AVER MARCIATO AL PASSO DELL’OCA NELLE FILE DI “MERIDIANO ZERO”, FACINOROSO GRUPPUSCOLO DI ESTREMA DESTRA, HA STUDIATO FILOSOFIA ALL’UNIVERSITÀ “LA SAPIENZA”, SENZA PERÒ CONSEGUIRE LA LAUREA
LE SUE COMPETENZE NELLE LINGUE? SCARSE: HA SIA IN INGLESE CHE IN FRANCESE UN LIVELLO MINIMO… QUANDO, NEL 2018 GIULI LODAVA PUTIN DEFINENDOLO “UN PATRIOTA”
Quasi due anni fa aveva sfiorato la nomina, sorpassato in corsa dall’ex direttore del Tg2 che dava alla neo-premier maggiori garanzie di allargare oltre i recinti della destra dura e pura. Lui, Alessandro Giuli, classe ‘75, non se n’era troppo adontato: uso obbedir tacendo, consapevole di essere uno dei pochi intellettuali d’area su cui Giorgia Meloni ha sempre potuto contare – fedele alla causa anche negli anni della marginalizzazione di Fratelli d’Italia in Rai, dove ne professava il verbo alla guida di programmi non proprio memorabili – venne subito ricompensato con la presidenza di una delle massime istituzioni culturali del Paese, il Museo nazionale d’arte contemporanea.
E ora che Gennaro Sangiuliano è caduto in disgrazia, seppellito dalle rivelazioni dell’ex consulente fantasma, è venuto il suo momento: ministro della Cultura.
Prima condirettore del Foglio e poi editorialista di Libero, autore e conduttore televisivo, prezzemolino dei talk show pubblici e privati, Giuli è un volto noto – barbetta ben curata su occhi cerulei – e polemista garbato. Apprezzato per le sue citazioni colte e la pacatezza con cui difende a spada tratta il governo e la sua capa, nella sua breve esperienza al Maxxi non è stato indenne da polemiche: l’idea di inaugurare l’arena estiva del museo con il duetto fra Morgan e Vittorio Sgarbi si tradusse, esattamente un anno fa, in un florilegio di parolacce e insulti, monologhi sulla prostata, dissertazioni sessiste sul numero delle donne conquistate e volgarità assortite, che gli costò più di una critica.
Unico rammarico, aver studiato Filosofia all’università senza però conseguire la laurea, cosa che non gli ha impedito di scrivere numerosi libri tutti tesi a costruire il nuovo immaginario sovranista: ultima fatica, uscita a maggio, “Gramsci è vivo. Sillabario per un’egemonia contemporanea”.
Fra le sue doti, una compostezza e una sobrietà sconosciuta al pirotecnico Sangiuliano. Esattamente quelle che devono aver convinto Meloni a promuoverlo, dopo il love affaire che ha travolto il ministero della Cultura.
(da La Repubblica)
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