MACRON E STARMER METTONO SPALLE AL MURO NETANYAHU (E ANCHE MELONI) : CHE FARÀ “BIBI” ORA CHE FRANCIA E GRAN BRETAGNA SONO PRONTE A RICONOSCERE LO STATO PALESTINESE?
L’AMBASCIATORE STEFANINI: “L’ANNUNCIO RIMETTE SUL TAVOLO INTERNAZIONALE LA SOLUZIONE DUE STATI. O ISRAELE RIAPRE LA “LUNGA PROSPETTIVA” DEI DUE STATI (E SI RIENTRA NELLA DINAMICA DEGLI ACCORDI DI OSLO DEL 1993), OPPURE GERUSALEMME SI VEDRA IMPOSTO IL RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALMENTE, SIMBOLICO MA OSTICO, FORIERO DI TENSIONI E IRRITAZIONI CON EUROPA E MONDO ARABO”
Anche Londra, come Parigi, riconoscerà lo Stato della Palestina all’Assemblea Generale dell’Onu. A meno che Israele non cambi rotta a Gaza e riavvii, pur a lungo termine, il processo di pace verso la soluzione due Stati.
L’annuncio di Keir Starmer non è un fulmine a ciel sereno. Era nell’aria. Solo i ciechi non lo vedevano arrivare. Il riconoscimento annunciato risponde, in ferrea logica di politica
estera franco-britannica, all’abbandono, da parte del governo Netanyahu, dell’impegno preso nel 1993 con gli accordi di Oslo di creazione di uno Stato palestinese
Netanyahu non l’ha mai detto esplicitamente – alcuni suoi ministri sì – ma mostra di voler tenere Gaza sotto occupazione mentre gira la testa dall’altra parte di fronte alle violenze dei coloni in Cisgiordania. In gergo giuridico si qualificherebbe come “comportamento concludente”: niente più due Stati.
Che hanno due grandi nemici: in Israele, i partiti pro-coloni dai quali dipende la coalizione di governo; in Palestina, Hamas e compagni terroristi.
Il corollario di Oslo era che il riconoscimento internazionale della Palestina avvenisse dopo quello israeliano. Finora rispettato dalla grande maggioranza dei Paesi occidentali ed europei, malgrado il lungo stallo – con grossissime responsabilità palestinesi, specie di Yasser Arafat – del processo di pace.
Netanyahu aveva messo in naftalina il negoziato con i palestinesi mantenendo però l’obiettivo dei “due Stati”. Almeno a parole. Visto che adesso lo ignora, con l’alibi della strage del 7 ottobre ma sullo sfondo dello scempio umanitario di Gaza – che gli vale anche una rara censura di Donald Trump – Francia e Regno Unito, i due membri permanenti europei del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, annunciano il riconoscimento della Palestina. Non subito. Fra un mese e mezzo.
Israele (Netanyahu) se l’è andato a cercare. Può ancora far
marcia indietro. Il riconoscimento non ci sarà se Israele riapre la prospettiva – “di lungo periodo”, Londra e Parigi sanno benissimo che il trauma dell’eccidio del 7 ottobre è un macigno che non si rimuove in fretta – dei due Stati. L’annuncio rimette così sul tavolo internazionale la soluzione due Stati.
O lo fa Israele, ed evita il riconoscimento – e si rientra nella dinamica di Oslo, nonché degli accordi di Abramo, Riad chiede solo un “orizzonte” di Stato palestinese – o Gerusalemme se lo vede imposto internazionalmente, simbolico ma ostico, sgradito e foriero di tensioni e irritazioni con Europa e mondo arabo che è pronto a Israele come partner regionale.
A Israele la scelta. A Netanyahu o a chi per lui – in caso di crisi di governo ed elezioni i riconoscimenti sarebbero facilmente sospesi. Agli altri Paesi europei, in particolare a Germania e Italia, la scelta se allinearsi alla linea franco-britannica o temporeggiare. Su Berlino pesa la storia.
Su Roma la cronica sindrome d’indecisione. Se riconosceremo in ritardo, magari dopo la Germania, ci guadagneremo poca gratitudine palestinese e, naturalmente, zero israeliana.
(da agenzie)
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