MACRON: “PREPARIAMOCI ALLA GUERRA”
VERTICE CON SCHOLTZ, RISCHIO ESCALATION: “VOLERE LA PACE NON E’ SCEGLIERE LA SCONFITTA”
«La Russia non può e non deve vincere questa guerra». Emmanuel Macron in televisione conferma la svolta di fermezza assoluta nei confronti di Mosca e cerca di spronare gli europei a un «sussulto» rispetto a una «escalation di cui solo il presidente russo è responsabile. Dobbiamo essere pronti».
Il capo dello Stato torna a «non escludere» l’invio di truppe in Ucraina, un’ipotesi che ha diviso l’Europa ma che il leader francese ribadisce, nella veste di capo delle Forze armate nell’unico Paese dell’Ue dotato dell’arma nucleare.
«Volere la pace non è scegliere la sconfitta» prosegue Macron con tono grave, ripetendo che «tutte le opzioni» militari sono sul tavolo. «Se la Russia dovesse vincere, la vita dei francesi cambierebbe. Non avremmo più sicurezza in Europa».
La trasformazione di Macron nel ruolo di “falco”, dopo un tempo in cui invitava a «non umiliare la Russia», parte da una constatazione: la «grande fragilità» della resistenza ucraina dopo due anni di guerra. «Il contesto è cambiato» osserva il leader francese che oggi sarà a Berlino.
Convocare in tutta fretta una riunione formato Weimar – Germania, Francia, Polonia – è stata un’urgenza del premier polacco Donald Tusk. Durante il suo recente incontro a Washington con il presidente americano Joe Biden, racconta un’autorevole fonte polacca, Tusk sarebbe stato informato dell’enorme allarme che agita l’intelligence americana sulla situazione in Ucraina «e in tutta l’area dell’Est Europa» a proposito di azioni che il presidente russo Vladimir Putin potrebbe intraprendere nei prossimi mesi.
«Putin cerca sempre un momemtum per testare la capacità di reazione degli occidentali» osserva una fonte europea che conferma l’allerta. Il momento di debolezza individuato a Mosca sarebbe proprio adesso, nel combinato disposto della doppia campagna elettorale per il voto di giugno in 27 paesi dell’Ue e per la corsa di Donald Trump verso la Casa Bianca.
I timori che circolano nelle cancellerie del continente sono molteplici, dal possibile uso di armi tattiche da parte dei russi per far cadere Odessa, a eventuali “incidenti” militari di sconfinamento in Transnistria o nei paesi Baltici. «Non è escluso che Putin voglia addirittura testare la nostra volontà di applicare l’articolo 5» confida la fonte europea, riferendosi a un eventuale attacco su territorio Nato che farebbe scattare la solidarietà militare dei paesi dell’Alleanza.
Sulla pericolosità di Putin, l’uomo da convincere oggi sarà ancora una volta Olaf Scholz. Da settimane il cancelliere è finito sotto pressione – anche nella sua stessa maggioranza – perché ceda i missili Taurus a Kiev. E con Macron i rapporti sono ridotti ormai ai minimi storici anche per le bordate che sono volate tra Berlino e Parigi.
Durante una visita a Praga le stilettate di Macron nei confronti di Scholz hanno raggiunto l’apice: «Ci avviciniamo a un momento in cui in Europa sarà necessario non essere dei vigliacchi». Un pesantissimo attacco al cancelliere cui ha replicato il ministro della Difesa Boris Pistorius. Dichiarazioni come quelle di Macron «non aiutano» ha puntualizzato Pistorius che non ha partecipato a una riunione a distanza di ministri di Esteri e Difesa dell’Ue convocata dalla Francia la settimana scorsa.
A ciò si aggiunge l’irritazione all’Eliseo per una dichiarazione di due settimane fa in cui il cancelliere tedesco aveva fatto capire che i missili francesi e inglesi forniti all’Ucraina sarebbero pilotati da militari di Parigi e Londra, svelando un diretto coinvolgimento di Paesi Nato nel conflitto. «Ciò che fanno i britannici e i francesi in merito al controllo degli obiettivi» presi di mira dai loro missili, aveva detto Scholz, «la Germania non lo può fare». «È una clamorosa gaffe del cancelliere tedesco» confida una fonte dell’entourage di Macron. A Parigi finora non c’è stata mai una conferma dell’invio di addestratori o personale tecnico francese su territorio ucraino.
L’ipotesi di invio di truppe in Ucraina ha scavato un nuovo solco tra la Francia e la riluttante Germania. Tusk è sembrato frenare finché il suo ministro degli Esteri, Radoslaw Sikorski, ha aperto alla proposta di Macron: «Il punto è che è Putin a dover avere paura, e non noi di Putin». Ma da Varsavia insistono che la Polonia resta «molto cauta» sull’ipotesi di «boots on the ground». Macron ieri ha sostenuto che la Lituania e la Repubblica Ceca seguono la Francia e che la riflessione è aperta in altri Paesi. Dall’Italia è arrivata una nuova presa di distanza. «Escludo l’invio di truppe italiane» ha ripetuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Nell’urgenza di mandare un segnale a Mosca, i tre leader a Berlino lavorano a un accordo per scongelare i trecento miliardi di dollari di fondi sovrani russi depositati nelle banche occidentali. Gli Usa premono per un’intesa al livello del G7, come segnalato anche da Biden nel suo incontro con Giorgia Meloni. Di fronte agli ostacoli giuridici e all’opposizione delle banche centrali nell’Ue, Scholz e Macron pensano a un’intesa sugli interessi prodotti dai fondi: tra i 3 e i 4 miliardi all’anno da destinare a Kiev. «Sarebbe anche un messaggio importante alle nostre opinioni pubbliche – spiega una fonte vicina ai negoziati tra Parigi e Berlino – per mostrare che gli aiuti all’Ucraina vengono da soldi russi e non solo dai contribuenti europei» .
(da repubblica.it)
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