MARONI: “SALVINI FACCIA MENO PROCLAMI E SI DIMETTA DA SEGRETARIO DELLA LEGA”
“FARE IL MINISTRO DEGLI INTERNI RICHIEDE ESTREMA RISERVATEZZA, RAPPRESENTA LA SICUREZZA NAZIONALE, VUOL DIRE STARE IN UFFICIO DALLE 9 ALLE 21, ALTRO CHE CHIACCHIERE”
Nel giorno in cui il neoministro dell’Interno, Matteo Salvini, è a Pozzallo, in Sicilia, luogo simbolo degli sbarchi, l’ex titolare del Viminale, Marco Minniti, avverte sui rischi legati a uno stravolgimento del lavoro messo in campo negli ultimi anni, e il governatore leghista della Lombardia, Roberto Maroni, avverte il leader del Carroccio: “Prudenza prima di dire che si rimandano a casa 100mila migranti”.
Fa sentire la sua voce anche la Chiesa con il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, che in un’intervista a Qn dichiara: “L’Italia non esca dall’Unione europea e i flussi migratori non siano ridotti a “una mera questione di polizia”.
“Non si può pensare di risolvere i flussi migratori riducendoli ad una mera questione di polizia o addirittura di spesa pubblica. C’è molto di più”, ha aggiunto Bassetti.
C’è in gioco, prima di tutto, la salvaguardia della dignità umana che è sempre incalpestabile e inalienabili”
“L’Italia ha sempre coltivato il dialogo tra Est e Ovest, ma non è mai stata un Paese dell’Est al confine con l’Ovest. Non possiamo diventare un’Ungheria al centro del Mediterraneo”, afferma Minniti in una lunga intervista al Corriere della Sera in cui chiede a Salvini, di non distruggere l’attuale modello anti-terrorismo e anti-sbarchi.Quanto ai rimpatri di massa, l’ex ministro dell’Interno è perentorio: “Furono un punto dirimente della campagna elettorale del centrodestra nel 2001. Finì con la più grande sanatoria della storia: circa 600 mila clandestini divennero regolari”.
Maroni, dal canto suo, in un’intervista a Repubblica, sottolinea:
“L’immigrazione è un tema complicato. Rimandare a casa i migranti non è così semplice. Devono essere rimandati nei Paesi di origine, non di provenienza. Con la Tunisia è facile, non con la Libia. Consiglierei prudenza, prima di dire ‘ne rimandiamo a casa 100mila”.
Chi siede al Viminale, osserva Maroni, “non deve fare grandi annunci e fare troppo il politico”, motivo per cui, spiega, al neo ministro “ho posto il problema dell’opportunità di fare il ministro e, insieme, il segretario federale della Lega”, visto che stare alla guida dell’Interno “vuol dire stare in ufficio dalle 9 del mattino alle 21 di sera”.
E soprattutto visto che “quel rango richiede una riservatezza che altri ruoli non richiedono”, poichè il ministro dell’Interno “è il responsabile unico della sicurezza nazionale, non pu mettersi a fare proclami tutti i giorni, cosa che invece farà Di Maio”.
(da “Huffingtonpost”)
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