MARZABOTTO, IL FUTA AL SACRARIO: “NON ABBIAMO COLPE, CI MINACCIANO”
LA SQUADRA A MONTE SOLE SENZA IL CALCIATORE CHE HA FATTO IL SALUTO ROMANO: “LUI E’ FUORI”
Una giornata per capire, o per ricordare. La squadra del 65 Futa, con il presidente Fabrizio Santi in testa, la sua domenica anzichè sui campi da gioco l’ha trascorsa prima al sacrario di Marzabotto, poi alla Scuola di pace di Monte Sole.
Mancava Eugenio Maria Luppi, che domenica scorsa aveva festeggiato il gol vittoria a Marzabotto col saluto romano (poi ritrattato) e mostrando una maglietta con i simboli della Rsi. Ma si sapeva che, contrariamemte a quanto era inizialmete trapelato, il 25 enne di Sasso Marconi non sarebbe salito quassù.
La società , che lo ha sospeso immediatamente, considera chiusa la sua esperienza con il club che unisce i comuni di Loiano e Monghidoro ma che è composta prevalentemente da ragazzi di Casalecchio, Sasso e della vallata che fu teatro, nel ’44, dei famigerati eccidi compiuti dalle Ss e costati la vita a 770 civili, di cui 216 bambini.
“Se ci arriverà una forte penalizzazione saremo costretti a ritirarci”, hanno spiegato i dirigenti del 65 Futa, che partecipa al campionato di Seconda categoria, mentre uno dei giocatori ha rivelato: “Stiamo ricevendo minacce, ci sono tifosi che vogliono venire alle nostre partite per insultarci, ma noi non abbiamo alcuna colpa”
Anche il sindaco di Marzabotto, Romano Franchi li ha difesi: “E’ importante che la squadra sia venuta qui, è il frutto della dissociazione da quel gesto. Questa recrudescenza va fermata, ma so che i ragazzi del Futa queste cose le conoscono, hanno famiglie alle spalle che hanno subito quelle violenze”.
Simone Fabbri, presidente della Fondazione Scuola di pace di Monte Sole, ha aggiunto, rivolgendosi ai ragazzi del Futa: “Le colpe sono individuali, voi non ne avete alcuna, ma da questo episodio così grave che va ben oltre la politica può nascere qualcosa di positivo, ci piacerebbe infatti invitare le squadre di calcio almeno una volta all’anno qui da noi, perchè la conoscenza aiuta e sapere cosa davvero successe qui 73 anni fa, dalla viva voce dei superstiti, può fare solo bene”.
(da “La Repubblica”)
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