MERCOLEDI’ LA SFIDA IN AULA TRA CONTE E LA LEGA SUI RUBLI ALLA LEGA
IL PREMIER REPLICA A ZAIA E FONTANA: “I MINISTRI DELLA LEGA ERANO AL VERTICE SULL’AUTONOMIA, SI RIVOLGANO A LORO”… DI MAIO: “LA LEGA VUOL FARE CADERE IL GOVERNO PER TAGLIARE I PARLAMENTARI”
Mercoledì potrebbe andare in scena l’ultimo atto di questo governo. O almeno questo è l’auspicio dei leghisti che tifano per la crisi e il divorzio dal Movimento.
Giuseppe Conte prenderà la parola in Senato per l’attesa informativa sul caso dei presunti finanziamenti russi alla Lega.
Lo hanno chiesto le opposizioni, lo attende buona parte dell’opinione pubblica. Subito dopo parlerà Matteo Salvini. A quel punto il governo potrebbe avere le ore contate.
La scena inquadrerà il conflitto nella sua massima tensione.
Da una parte il presidente del Consiglio che ha annunciato di andare in Aula perchè il suo vice, direttamente coinvolto nell’affaire Metropol si rifiutava di farlo, dall’altra il vice che si alzerà per rispondere.
E fa nulla se lo farà seduto al suo fianco, tra i banchi del governo, o dall’emiciclo dei senatori della Lega, in modo da rendere ancora più plateale la distanza.
«Non so cosa dirà Conte – confidava ieri Salvini ai collaboratori – Immagino che dirà che non c’è nulla, come ha già detto Di Maio. Ed è quello che dirò io: che è tutta una montatura».
Nè più nè meno della tesi che sostiene da giorni. Dirà anche che conosce Gianluca Savoini dal 1991, che a differenza di quanto dichiarato a caldo, lo ha frequentato e lo stima, ma che non sapeva del suo incontro nell’hotel di Mosca.
Certo è che la scena si preannuncia drammatica. «La possibilità che Salvini intervenga al Senato sul Russiagate dopo aver ascoltato il suo Presidente del Consiglio dà l’idea del caos nel quale è precipitato il governo», ragionava ieri il leader del Pd Nicola Zingaretti. L’attesa in effetti si trascina dietro diversi interrogativi.
Conte si confronterà prima con Salvini per avere chiarimenti sul caso Russia? «Parlo io in Aula perchè lui si era rifiutato di farlo. Lo dobbiamo ai cittadini per trasparenza», è la risposta che dà il premier a chi gli chiede se non si rischia un pasticcio in Parlamento. Sempre che non accada qualcosa di irrimediabile prima.
E potrebbe accadere, visto il livello raggiunto dallo scontro sul dossier autonomie. Salvini da due giorni tace, ma dopo l’annuncio del compromesso che ha neutralizzato la gestione differenziata sulla scuola sono i governatori leghisti di Veneto e Lombardia a essersi scatenati: «Mi stupiscono i 5 Stelle e Conte, che ancora stimo, ad aver partecipato a questa cialtronata» attacca Attilio Fontana; «Non fare l’autonomia vuol dire che questo governo non ha più senso» si sfoga Luca Zaia.
Salvini non prende le distanze e questa per Conte è la prova che fa parlare i governatori al suo posto.
Il premier attende la fine della giornata prima di rispondere. Lo fa con una nota: «Considero inqualificabili gli attacchi di Fontana e Zaia. Ingiustificabili alla luce di tutto il lavoro fatto».
Conte è furioso, fa sapere di essere «nero» per i toni, per gli «insulti». Ma anche per i modi, perchè, fa filtrare, «a quel tavolo c’erano seduti i ministri leghisti Stefani e Bussetti e non c’è stata alcuna protesta da parte loro».
E oltretutto, aggiunge, «al vertice non c’era proprio il loro leader. Perchè Salvini non è venuto se ci tiene tanto all’autonomia?». La stessa domanda di Luigi Di Maio, che allo staff consegna questo sospetto: «Salvini sta cercando un pretesto per rompere per non arrivare a votare la legge che taglia i parlamentari».
(da “La Stampa“)
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