MINISTRO BOSCHI, MENO PERSONALE E PIU’ POLITICO, GRAZIE
NON CI INTERESSA LA SUA VITA PRIVATA, CI PREOCCUPANO LE SUE RISPOSTE A PAPPAGALLO
Cinque anni fa, nel salotto di Bruno Vespa l’allora premier si rivolgeva a Rosy Bindi — ex ministro della Sanità , ex vicepresidente della Camera e presidente del Pd — con modi eleganti: “È sempre più bella che intelligente”.
Manco lui fosse stato un aitante Adone.
Lo stesso premier (nel frattempo condannato per frode fiscale e decaduto) qualche anno dopo avrebbe salutato una futura ministra con questo benvenuto: “Lei è troppo bella per essere comunista”, ignorando che la signorina non lo è stata mai (a differenza del suo caro amico Vladimir).
Per fortuna Silvio Berlusconi non è il termometro della civiltà , non solo politica, del nostro fu Belpaese.
Il guaio è che nella sostanza non abbiamo fatto grandi passi avanti, nonostante il nuovo, scattante governo 8+8 (otto ministri maschi, otto femmine).
Rosy Bindi, nel mentre rottamata dal nuovo Cesare di Pontassieve, in un’intervista al Corriere della Sera, dice del nuovo esecutivo paritario: è una “conquista importante”, ma in Italia “siamo ancora alle gentili concessioni”.
E poi aggiunge: “Penso che le donne ministro siano state scelte anche perchè erano giovani, non solo perchè erano brave, ma anche perchè erano belle…”.
Tanto che l’intervistatrice, Monica Guerzoni, così chiosa: “Nel dibattito che anima le varie anime del Pd piomba la questione femminile”.
Che, parlando francamente, ha abbondantemente rotto le scatole.
Abbiamo problemi capitali, problemi di sopravvivenza. Troppi per occuparci ancora di queste sciocchezze: le ministre sono lì, dimostrino con i fatti se sono capaci. Sennò andranno a casa, si spera, come i loro colleghi maschi.
Non è tempo dei “problemi miei di donna”. E nemmeno delle analisi estetiche.
Rosy Bindi ha però ragione quando suggerisce alle signore della nuova classe dirigente di “rifiutare qualche intervista sul personale e farne una in più sul merito del loro lavoro”.
Qui casca l’asino (e pure il somaro).
In questi mesi in cui il Parlamento è stato impegnato nell’epocale riforma costituzionale, non si ricordano interventi sostanziali del ministro che dà il nome alla suddetta riforma (tra l’altro la più in vista fra le colleghe di governo).
Oltre alle foto balneari (di cui la Boschi non è naturalmente responsabile) si ricordano sue interviste in cui parla di weekend a Londra con le amiche e memorabili richieste alla pubblica opinione (“non giudicatemi per le forme ma per le riforme”: battuta infelice, soprattutto nel caso qualcuno avesse voluto prenderla sul serio).
Sul merito, alle obiezioni — numerose, puntuali, motivate — dei costituzionalisti, il ministro ha ripetuto a pappagallo i dileggi del premier ai professoroni.
“Dire che la riforma è autoritaria è una bugia”. Non basta.
Vogliamo di più: e non certo perchè lei è donna.
Per esempio: vogliamo sapere perchè l’immunità è rimasta nel Senato dei nominati, perchè nessuno ha tenuto conto dei contrappesi, come saranno garantiti pluralismo e minoranze. Deviare la discussione sulla “questione femminile” è sempre un buon modo per buttare la palla fuori dal campo.
Studiare è più faticoso che improvvisare sketch? Pazienza.
Che abbiano i baffi, la cellulite o un bel dècolletè non importa. Se sono carine, l’occhio ci guadagna: ma siccome di occhi non ne abbiamo più nemmeno per piangere, per favore smettetela di baloccarvi.
Ps: Il ministro Boschi ha detto: “Saremo giudicati per quanto siamo bravi non belli. Alle polemiche abbiamo già risposto con i fatti”.
Ecco, sono esattamente quelli (tipo l’Italicum) che non ci piacciono.
Silvia Truzzi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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