MONTI-CASINI, BATTAGLIA SULLA LISTA AL SENATO, VERTICE A VUOTO
CASINI VUOLE 15 SEGGI SU 40 AL SENATO, MONTI NE VUOLE 30… FINI E CASINI VOGLIONO 4 DEROGHE, MONTI INSISTE PER SOLO DUE
Il braccio di ferro, nonostante la massima segretezza imposta dal premier sui contenuti del vertice, c’è stato e continua ancora.
Non è stato infatti sufficiente il conclave, che ieri ha impegnato a Montecitorio Monti fino a notte fonda con tutti i leader del centro, per venire a capo delle candidature.
Impossibile per ora far combaciare le pretese di rinnovamento del premier con le ambizioni personali e gli appetiti dei partiti.
Se ne riparlerà ancora oggi e la “discovery” delle liste è rimandata a giovedì.
Intanto il grande censore, Enrico Bondi, a cui Monti ha affidato il compito di vagliare i curricula dei pretendenti al seggio, ieri ha dato le sue dimissioni da commissario straordinario sulla spesa pubblica e da commissario per il rientro della spesa sanitaria del Lazio.
Due incarichi di governo che avevano fatto gridare allo scandalo sia il Pd che il Pdl per il contemporaneo impegno del super-tecnico a favore della Lista Monti.
Ieri si è dunque riunito il Consiglio dei ministri (ma senza Monti, già alle prese a quell’ora con Casini e Fini) per prendere atto delle dimissioni del risanatore Parmalat a cui succede il Ragioniere generale Mario Canzio.
La battaglia fra Monti e i suoi nuovi soci ieri si è concentrata sulla lista unica da presentare a palazzo Madama.
L’Udc ha chiesto infatti quindici posti, su un totale di circa 40 senatori che potranno essere eletti.
Troppi per Monti, che per i suoi “civici” pretende uno spazio almeno doppio a quello di Casini. Senza contare la ressa dell’ultima ora di molti politici del Pd che sono stati fatti fuori da Bersani. Oltre a Pietro Ichino e Mario Adinolfi, montiani della prima ora, ieri la lista del Professore si allungava a Umberto Ranieri, Andrea Sarubbi, Alessandro Maran e i costituzionalisti Vassallo e Ceccanti.
Sempre nella lista del Senato si doveva trovare posto per gli ex Pdl Pisanu, Mantovano e Cazzola. Altri nomi che filtrano dal tavolo delle candidature montiane sono quelli di due giornalisti.
Non solo Ernesto Auci, ex direttore del Sole24ore, ma anche Giulio Borrelli, ex direttore del Tg1.
Se la lista “Scelta Civica” alla Camera non presenta grandi problemi, visto che le candidature sono di esclusiva pertinenza del Professore (che ieri ha avuto un lungo colloquio telefonico con Luca di Montezemolo, tornato da una vacanza all’estero), altro aceto sulle ferite lo sta aspergendo Enrico Bondi.
Enrico “mani-di-forbice” ha infatti presentato a Monti il suo manuale del candidato pulito e sembra che i criteri, soprattutto per quanto riguarda i conflitti di interesse, siano rigidissimi. Inoltre Monti non si accontenta di avere fedine penali immacolate e zero conflitti di interesse. Pretende che siano rispettati anche dei «criteri politici», come ad esempio un radicale rinnovamento delle liste di Udc e Fli.
Ulteriore motivo di attrito.
Così, ad esempio, Casini e Fini stanno spingendo per ammorbidire il principio di due deroghe al massimo per ogni partito sui parlamentari di lungo corso.
Udc e Fli vorrebbe due deroghe a testa sia per la Camera che per il Senato. Un raddoppio insomma.
Ad alleviare le fatiche del manuale Cencelli per Monti è arrivata comunque una gradita sorpresa. Una telefonata, tra Natale e Capodanno (mentre il premier era ancora Venezia), di Barack Obama.
Nel colloquio – che palazzo Chigi minimizza come un semplice scambio d’auguri – il presidente americano non avrebbe mancato di felicitarsi per la decisione di Monti di candidarsi. Un incoraggiamento insomma, anche se fatto in forma privata e non destinato ad essere reso pubblico.
L’ultima volta si erano sentiti a metà novembre, dopo la rielezione alla Casa Bianca, e Obama si era detto «lieto della prospettiva di continuare la nostra stretta collaborazione ».
Ma ancora non c’era la novità della “salita” in campo di Monti. Il terreno di un possibile impegno in politica del premier italiano era già stato discretamente sondato da Obama in occasione di un colloquio con Monti a New York lo scorso settembre.
Forse non a caso, poche ore dopo quel colloquio, proprio negli Usa, Monti accennò per la prima volta a una sua «disponibilità » a restare a palazzo Chigi per un secondo mandato.
Francesco Bei
(da “la Repubblica“)
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