NATI IN FRANCIA CON IL SOGNO DI COMBATTERE IN SIRIA
UNO DEI DUE KILLER ERA STATO ARRESTATO PER TERRORISMO
Al momento non sono molti gli elementi disponibili per tracciare il profilo dei due terroristi che questa mattina sono entrati in azione nella chiesa di Saint-Etienne-de-Rouvray, nei pressi di Rouen.
Ma ancor prima di conoscere l’identità dei due uomini, uccisi dalle forze speciali francesi dopo aver sgozzato un anziano sacerdote e ridotto in fin di vita un parrocchiano, quei pochi elementi concorrono a un primo pesante giudizio.
Non su di loro, ma sulle autorità francesi. Per la superficialità con cui hanno affrontato la minaccia jihadista che covava sotto la cenere anche in Normandia.
La stessa superficialità esibita a Nizza la sera del 14 luglio.
I due “soldati” dello Stato Islamico, come vengono definiti nella rivendicazione di Daesh, erano francesi e originari di Saint-Etienne-de-Rouvray, secondo quanto riferiscono fonti “bene informate” citate da BFM-TV.
Sarebbero stati addirittura riconosciuti dalle vittime dell’attacco.
L’attenzione è concentrata soprattutto su uno dei due, di cui è trapelato il nome, Adel, l’iniziale del cognome, K., l’età , 19 anni.
Viveva a Saint-Etienne-du-Rouvray, a casa dei genitori. Ed era ben noto alle forze dell’ordine. Perchè Adel K. era costretto a portare il braccialetto elettronico, come conferma una fonte vicina all’indagine all’Afp, a seguito di una vicenda per la quale avrebbe dovuto trovarsi in modo naturale sotto ben più stretta sorveglianza in un Paese come la Francia, da quasi due anni oppresso dalla cappa del terrorismo di matrice islamista.
Adel K. era un aspirante jihadista che nel 2015 aveva cercato per due volte di raggiungere la Siria per unirsi allo Stato Islamico.
In maggio era stato intercettato e respinto dalla Turchia, quindi arrestato all’aeroporto di Ginevra. Secondo il quotidiano svizzero La Tribune de Genève, Adel K. aveva trascorso qualche giorno in cella nel carcere ginevrino di Champ-Dollon, poi era stato estradato in Francia.
Condannato per associazione a delinquere con finalità di terrorismo, Adel K. aveva scontato quasi un anno di detenzione per poi essere scarcerato il 22 marzo scorso e posto in libertà vigilata con l’applicazione del braccialetto elettronico.
Contro il provvedimento la Procura antiterrorismo di Parigi aveva fatto ricorso senza successo.
Con il segnalatore alla caviglia, il 19enne poteva disporre di libertà di movimento per quattro ore, dalle 8.30 alle 12.30.
Così Adel K. ha sfruttato quella “finestra” temporale per portare a compimento l’attacco costato la vita a un parroco e il ferimento grave di un’altra persona, scattato con l’irruzione nella chiesa intorno alle 9.30.
Ad aggravare il quadro, le dichiarazioni rese ai media da due giovani musulmani di Saint-Etienne du Rouvray in forma anonima.
Parole da prendere con la dovuta cautela, in attesa che le indagini evidenzino in esse un fondo di verità .
“E’ un coglione – afferma uno degli intervistati riferendosi ad Adel K. -. Ha tolto la vita a gente che non c’entrava niente con le sue storie. Era arrabbiato perchè voleva andare in Siria e lo hanno fermato. Voleva vendicarsi per essere stato in prigione. Poteva vendicarsi in prigione invece di fare una cosa cosi nel quartiere”.
Il ragazzo prosegue, aggiungendo al racconto un altro inquietante elemento. L’esistenza di un fratello di Adel K. attualmente in Siria con il Daesh.
“Hanno provato ad andare in Siria, lui e il fratello. Hanno truccato i documenti, li hanno scambiati, una cosa del genere. Ma lui è stato fermato e rimandato indietro, era furioso. Il fratello però è passato, sta là adesso”.
“Sì, è lì e si addestra – gli fa eco il secondo giovane musulmano – dicono che manda anche foto dal campo in Siria”.
Anche l’emittente francese Rtl riporta la testimonianza di “due amici” di Adel K., forse gli stessi, incastrando un’altra tessera nel puzzle dell’orrore che, mai come in questo caso, poteva essere evitato.
Uno dichiara: “Mi disse: sul Corano e sulla Mecca, attaccherò una chiesa. Me lo disse due mesi fa uscendo dalla moschea. Sulla vita di mia madre, non gli ho creduto. Ma non mi sono stupito, me ne parlava tutto il tempo. Parlava dell’islam, che avrebbe fatto cose del genere”.
Passano le ore ed ecco saltare fuori un’intervista rilasciata dalla madre di Adel K. un anno fa a La Tribune de Geneve all’epoca dell’arresto.
La donna individuava nella strage della redazione di Charlie Hebdo il “detonatore” della radicalizzazione di suo figlio.
“A partire da gennaio 2015 (mese dell’attacco al giornale satirico), da che era un ragazzo allegro, gentile, amante della musica e delle uscite con gli amici, ha iniziato a frequentare assiduamente la moschea”.
In meno di tre mesi e, secondo la donna, Adel K. era un’altra persona: “Diceva che in Francia non si poteva osservare tranquillamente la sua religione, parlava con espressioni che non gli appartenevano, era come stregato”.
Adel K. aveva iniziato a chattare su Facebook con altri soggetti radicalizzati e il 23 marzo aveva messo in atto il cosiddetto “Piano A”: prendere un treno per la Bulgaria, proseguire per la Turchia e passare in Siria per unirsi l’Is. Fallito. Del “Piano B” oggi parla il mondo.
Raccontando l’orrore di Saint-Etienne-de-Rouvray, c’è chi si è chiesto come sarebbe stato possibile immaginare e prevenire che il terrorismo colpisse in una piccola chiesa alla periferia di Rouen. Probabilmente sarebbe stato possibile.
Questa volta è Le Parisien a ricordare come a fine novembre 2015, sulla scia degli attentati di Parigi, fosse stata tracciata una filiera jihadista nel Dipartimento della Seine-Maritime in Normandia.
Giovani adepti dell’Islam radicale, aspiranti jihadisti desiderosi di raggiungere la Siria, erano soliti ritrovarsi in due moschee: una proprio a Saint-Etienne-du-Rouvray, l’altra a Saint-Pierre-lès-Elbeuf.
I sospetti erano stati interrogati dalla Direction gènèrale de la sècuritè intèrieure (DGSI) ed era emerso come tutti orbitassero attorno alla moschea di tendenza salafita di Saint-Etienne-du-Rouvray.
All’epoca, il procuratore di Rouen, Jean-Franà§ois Bohnert, dichiarò: “Abbiamo a che fare con gente giovane, che all’inizio si frequentava via internet. Poi (in moschea) l’occasione di entrare in contatto, vedersi, arruolare nuovi membri e soprattutto distinguere gli uni dagli altri”.
Tre dei giovani interrogati, un ragazzo e due ragazze, erano stati tratti in arresto a Saint-Pierre-lès-Elbeuf. Un quarto ricercato, un 22enne originario di Vernon (Eure, altro Dipartimento della Normandia), fu considerato già in Siria con lo Stato Islamico. Anche lui frequentava la moschea salafita di Saint-Etienne-du-Rouvray.
Non era la prima volta che una filiera jihadista veniva alla luce in Normandia. Originario del villaggio di Bosc-Roger-en-Roumois, sempre nell’Eure, è anche Maxime Hauchard, 22 anni, riconosciuto in un video come uno dei macellai dell’Is che sgozzarono 18 ostaggi siriani.
Hauchard è ritenuto essersi unito al Daesh dal 17 agosto del 2013 e figura sulla lista dei terroristi più ricercati dagli Stati Uniti.
Nel suo “percorso formativo” al Jihad, Hauchard ha svolto anche il ruolo di reclutatore. In particolare, si era tirato dietro un amico del suo villaggio di cui è noto solo il nome, Jean, iglio di agricoltori e brillante studente.
I due avevano lavorato nella stessa pizzeria “halal” di Bourg-Achard, a due passi da Bosc-Roger-en-Roumois, dove facevano consegne a domicilio.
Dal 2012 Jean è in Arabia Saudita, ufficialmente per “studiare teologia”.
(da “La Repubblica”)
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